Omelie

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 21 agosto 2016


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 21 agosto 2016

 

La Parola di Dio di questa Domenica ci invita a riflettere sulla salvezza. Ognuno, secondo modalità differenti,  si  pone la domanda: “come salvarsi, come essere salvati?”

E’ la domanda che pone un tale a Gesù mentre, con determinazione (cfr. Lc 9,51), è in cammino verso Gerusalemme, luogo nel quale sarà condannato a morte.  “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”, chiede quel tale. Ma Gesù non risponde sul numero di coloro che si salvano (pochi), chiarisce invece il come  ci si salva (il cammino da fare).

“Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”.  E’ necessario fare un grande sforzo per attraversare la “porta stretta”: la vita cristiana, per dirla con l’apostolo Paolo, esige “la bella battaglia della fede” (1 Tm 6,12), cioè lotta, fatica ed impegno.

Si tratta di una battaglia che si combatte non contro gli altri ma dentro di sé, nel proprio cuore, contro “il peccato che ci assedia” (cfr. Eb 12,1), contro quelle stesse tentazioni cui è stato sottoposto Gesù nel deserto (cfr. Lc 4, 1-13), nella notte del Getzemani (cfr. Lc 22, 39-46),perfino sulla croce (cfr. Lc 23, 35-39). Sono le tentazioni di cedere alle varie  forme di idolatria, di mondanizzazione, cui dobbiamo opporre resistenza testimoniando la fedeltà alla Parola di Dio.

Cosa vuole dirci Gesù indicandoci la “porta stretta”? Qual è la porta per la quale dobbiamo passare?

Questa porta è Gesù stesso (cfr. Gv 10,9). Lui è la porta per accedere alla  salvezza: una porta che non è mai chiusa, anzi è sempre spalancata per tutti coloro che vogliono passare, peccatori e giusti. Nessuno   è escluso dal passaggio di questa porta, anche chi sente il peso di peccati terribili.

La bellezza dell’incontro con Cristo consiste  nella possibilità di rinascere sempre, di ricominciare una nuova vita. Una vita altra e alta! Gesù Cristo è la porta della Misericordia. E’ Gesù, che conduce al Padre, il  vero nome della Misericordia.

Molte sono le porte che si propongono a noi oggi e che ci allettano con facili passaggi di felicità  presunte,  illusioni che generano delusioni amare.

Dopo averci detto che dobbiamo sforzarci per entrare per la porta stretta, Gesù ci mette in guardia da una terribile sorpresa che può attenderci il giorno in cui “il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta”: è l’incontro conclusivo con il Risorto al momento della morte. Rimasti fuori, potremo chiedere, supplicando, l’apertura della porta, ma ci verrà detto: “Non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.

Afferma Enzo Bianchi: “Il giudizio su ciascuno di noi spetta solo a Lui. Ed è un giudizio che svelerà la verità profonda della nostra vita, la realtà della nostra comunione vissuta o meno con Cristo, ossia il nostro aver amato o no gli altri come Lui li ha amati (cfr. Gv 13,34; 15,12)”.

Se non viviamo  di amore nel tempo della vita, non servirà a nulla bussare alla porta e implorare: “Signore aprici”. Coloro che non hanno amato saranno fuori dal Regno di Dio, il Regno di Abramo, Isacco e Giacobbe e di tutti i profeti.

Il Vangelo di questa Domenica si conclude con una grande parola di speranza: “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi e vi sono primi che saranno ultimi”. E’ il banchetto escatologico già annunciato dai profeti, aperto a tutti gli uomini e le donne della terra. E’ il banchetto che Gesù ha inaugurato mettendosi a tavola con i pubblicani e i peccatori.

Con  le parole di padre Ermes Ronchi mi piace dire che “viene sfatata l’idea della porta stretta come porta per pochi, per i più bravi. Tutti possono passare per le porte sante di Dio. Il sogno di Dio è far sorgere figli da ogni dove, per un’offerta di felicità, per una vita in pienezza. E’ possibile per tutti vivere meglio, e Gesù ne possiede la chiave. Lui li raccoglie da tutti gli angoli del mondo, variopinti clandestini del regno, arrivati ultimi e per Lui considerati primi”.

Non dimentichiamo ciò che scriveva Sant’Agostino: “nell’ultimo giorno, molti che si ritenevano dentro, si scopriranno fuori, mentre molti che pensavano di essere fuori saranno trovati dentro”.

L’augurio che rivolgo a tutti è  di una Domenica nella quale impariamo a non considerarci “i più bravi”, i più degni, ma a “farci ultimi”, condividendo, per amore e soltanto per amore, quello che siamo e che possediamo con gli altri, in particolare  con gli avanzi-esclusi della società.

✠   Francesco Savino