Nel tempo di Avvento incontriamo figure che ci aiutano veramente e responsabilmente a fare verità nella nostra vita tra il “già” della prima venuta di Gesù, il Figlio di Dio, e la parusia, l’ultima e definitiva venuta.
Il Vangelo della Liturgia di oggi ci presenta la figura di Giovanni Battista, che “portava un vestito di peli di cammello”, che “il suo cibo erano cavallette e miele selvatico” e che invitava tutti alla conversione: “convertitevi perché il Regno dei Cieli è vicino!”.
Un uomo austero e radicale, il Battista, che predicava la vicinanza del Regno. Chiediamoci: perché la Chiesa ogni anno propone Giovanni Battista come compagno principale di viaggio durante questo Tempo di Avvento? Cosa si nasconde dietro la sua severità e la sua durezza? Qual è il segreto di Giovanni? E la Chiesa attraverso il messaggio di Giovanni il Battista cosa vuole dirci? Diciamolo con chiarezza: il Battista è un uomo “allergico alla doppiezza”. Infatti quando si avvicinavano a lui farisei e sadducei, noti per la loro doppiezza, per la loro ipocrisia, la reazione del Battista era molto forte ed energica. Opportunamente affermava Papa Francesco: “Alcuni di loro, infatti, probabilmente andavano da lui per curiosità o per opportunismo, perché Giovanni era diventato molto popolare. Quei farisei e sadducei si sentivano a posto e, di fronte all’appello sferzante del Battista, si giustificavano dicendo: «Abbiamo Abramo per padre» (v. 9). Così, tra doppiezze e presunzione, non coglievano l’occasione di grazia, l’opportunità di cominciare una vita nuova; erano chiusi nella presunzione di essere giusti. Perciò Giovanni dice loro: «Fate frutti degni di conversione!» (v. 8). È un grido di amore, come quello di un padre che vede il figlio rovinarsi e gli dice: “Non buttare via la tua vita!”. In effetti, cari fratelli e sorelle, l’ipocrisia è il pericolo più grave, perché può rovinare anche le realtà più sacre. L’ipocrisia è un pericolo grave! Per questo il Battista – come poi anche Gesù – è duro con gli ipocriti. Possiamo leggere per esempio il capitolo 23 di Matteo, dove Gesù parla agli ipocriti del tempo, così forte! E perché fa così il Battista e anche Gesù? Per scuoterli. Invece quelli che si sentivano peccatori «accorrevano a lui e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare» (v. 5). È così: per accogliere Dio non importa la bravura, ma l’umiltà. Questa è la strada per accogliere Dio, non la bravura: “siamo forti, siamo un popolo grande…”, no, l’umiltà: “sono un peccatore”; ma non in astratto, no, “per questo, questo, questo”, ognuno di noi deve confessare, prima di tutto a sé stesso, i propri peccati, le proprie mancanze, le proprie ipocrisie; bisogna scendere dal piedistallo e immergersi nell’acqua del pentimento”.
Forse anche noi in tante occasioni siamo “uno, nessuno, centomila”! Forse anche noi siamo “sei personaggi in cerca d’autore”! Forse anche noi viviamo una doppiezza: pubbliche virtù e vizi privati. L’Avvento è veramente un tempo di grazia per liberarci dalle maschere, per svuotarci di ogni arroganza e presunzione, ed essere umili. Quante volte siamo dei presuntuosi autosufficienti, malati di “egoite”, di narcisismo veramente patologico. In questo tempo in cui siamo chiamati a fare verità dentro di noi, ad essere più trasparenti e veri, riconosciamo le nostre fragilità, i nostri peccati e apriamoci alla misericordia di Dio riconoscendoci umili. Dobbiamo essere consapevoli che nell’incontro con Gesù ci viene sempre donata la possibilità di ricominciare! La conversione, il cambiamento del cuore e della mente passa inesorabilmente sempre dall’incrociare lo sguardo di Gesù, la misericordia fatta carne del Padre, di Dio.
Non siamo mai abbandonati irrimediabilmente alle forze del male, del peccato, ma, con l’umiltà, possiamo sempre dichiarare l’“incipit della nostra vita nova”.
“Il Battista dimostra l’importanza di un “sguardo umile”, riconoscendo di aver bisogno di qualcuno più grande di sé, e ci insegna che la fede non è pretendere garanzie da Dio, ma fidarsi che Lui sia già all’opera, anche quando non ne vediamo subito i frutti. “ (cfr. L. M. Epicoco)
Lasciamoci convincere dalle parole del Battista a tornare a Dio e non lasciamo passare questo Avvento come passano inesorabilmente i giorni del calendario perché questo tempo liturgico è veramente un tempo di verità, di perdono, di riconciliazione e di grazia, di bellezza.
Mettiamola veramente in cammino la nostra vita, non sprechiamola, non per una imposizione al di fuori di sé stessi, ma per una attrazione, per una seduzione che ha un nome preciso, l’incontro con Gesù, che a Natale contempleremo “Bambino”, uomo tra uomini, persona tra persone, solo con il desiderio di rendere la nostra vita più bella, più autentica, meno falsa.
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino
