O Maria Immacolata, Soglia di Grazia
Il tuo sguardo — icona dell’alba eterna —
è la bellezza che ci salva,
la trama nascosta con cui Dio ricuce
le crepe del nostro tempo stanco.
Da te scende la grazia,
non come un premio,
ma come una mediazione silenziosa
che conosce il ritmo della nostra povertà,
la nostra polvere amata.
Tu che ascolti il gemito del lavoro povero,
delle mani che tremano al mattino
e della stanchezza che non ha voce,
avvolgi nella tua luce chi non ha quasi più fiato
per credere che la vita sia buona.
La tua dolcezza disarma ciò che in noi
zampilla inimicizia;
il tuo stupore, che non consuma mai,
diventa pace che scende sulle ossa
come un unguento di cielo.
Davanti alle diagnosi che oscurano il giorno
insegnaci a dire che non siamo soli,
che la grazia attraversa anche il buio
come un filo d’oro che non si spezza.
Il tuo “sì”, pronunciato oltre ogni paura,
sia ancora un sì incondizionato alla vita,
alle sue fatiche,
alle delusioni che graffiano la notte,
alle amarezze che tentano la resa.
Nel tuo grembo custodisci
ogni bambino strappato,
ogni figlio rifiutato;
accosta al tuo cuore l’anziano che, tremando,
non trova più il coraggio di affacciarsi
al balcone della propria casa.
Disarma il venditore di morte,
colui che traffica dolore e ombra:
fa’ che il suo veleno
si consumi davanti alla tenacia del bene.
Prendi per mano i bambini
che abitano le guerre del mondo,
più di sessanta abissi di tenebra:
a loro dona un angelo che vegli,
un respiro che dica ancora speranza.
E guarda, Madre,
chi oggi porta sulle spalle un marchio
che non ti appartiene,
quello che il mondo imprime
sulle identità spezzate e ferite —
e sulle persone spesso stigmatizzate, isolate, giudicate.
Sia la tua voce a dire loro
che nessuna creatura è scarto,
che ogni volto è immagine,
che ogni vita è degna davanti a Dio
prima ancora che davanti agli uomini.
Liberaci da una Chiesa che talvolta divide,
riconduci il cuore di tutti
all’unica Parola che salva:
quella pronunciata da tuo Figlio
quando si è fatto uomo per noi.
E ricordaci, o Maria,
che senza la comunità del “noi”
ogni “io” è destinato alla tristezza:
fa’ che la fraternità non sia un’idea,
ma il respiro stesso del nostro cammino,
la forma concreta con cui la grazia
si fa carne tra gli uomini.
E a chi muore di freddo agli angoli della sera,
a ogni donna violata nel corpo e nell’anima,
ridona, Madre, la regalità ferita della sua carne,
la dignità sigillata dall’Altissimo
che nessuno ha il diritto di profanare.
Arresta la mano folle di chi uccide,
confondi il progetto del violento,
fa’ che il male non trovi più dimora
né nelle case, né nelle strade, né nei cuori.
O Immacolata,
mistero puro di compagnia nel deserto dell’uomo,
radice di misericordia innestata nel tempo,
ricorda al nostro cuore inquieto
che nessun salvatore è fatto di terra,
che nessun idolo di potere, di denaro, di successo
può strappare l’uomo al suo abisso.
Solo il nostro Dio, per mezzo del Figlio tuo,
ci libererà dal peso della colpa e della paura,
solo Lui spezzerà le catene
che il mondo non sa nemmeno più nominare.
Rimani accanto a noi
come notte gravida di aurora e non di tenebra,
come luce che non acceca ma risana,
come promessa che non mente
perché poggia sul sangue dell’Agnello.
Insegnaci a camminare nella tua grazia,
sotto il respiro dello Spirito che consola,
fino al giorno in cui il dolore cadrà come veste logora
e il Regno sarà un’unica carezza di pace,
un abbraccio senza distanza.
✠ Francesco Savino
