Omelie

DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE


DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE [SCARICA]

20 marzo 2016

La celebrazione odierna, Domenica delle Palme e della Passione del Signore,  rappresenta il portale d’ingresso nella grande Settimana Santa, nella quale facciamo memoria  del culmine della vicenda terrena di Gesù, il Cristo Signore. Grande perché, come affermava il Crisostomo, “in essa si sono verificati per noi beni infallibili: si è conclusa la lunga guerra, è stata estinta la morte, cancellata la maledizione, rimossa ogni barriera, soppressa la schiavitù del peccato. In essa il Dio della pace ha pacificato ogni cosa, sia in cielo che in terra”.

La benedizione delle Palme e la processione che  segue evocano l’ingresso in Gerusalemme di Gesù acclamato dalla folla che gli va incontro festosa. Il cardinale Carlo Maria Martini scriveva che “forse la processione appare un po’ povera rispetto a ciò che dovrebbe rievocare. L’importante, tuttavia, non è prendere in mano le palme e gli ulivi e compiere qualche passo, ma esprimere la volontà di iniziare un cammino”.

Vale la pena, dunque, rispondere alla domanda che è anche un invito per ciascuno di noi: “vuoi  entrare con Gesù a Gerusalemme fino al calvario? Vuoi vedere dove finiscono i passi del tuo Dio, vuoi essere con Lui laddove Lui è?”.

Solo così sarà  Pasqua.

La liturgia di oggi sembra essere divisa in due momenti: benedizione delle palme-processione e liturgia della Parola nella celebrazione eucaristica. Entrambi sono significativi in quanto richiamano il fondamento della nostra fede cristiana: passione, morte, risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.  Non si tratta di due momenti separati, come il diverso carattere celebrativo potrebbe suggerire, perché entrambi sono inseriti nella storia di salvezza, che si sviluppa nel tempo e che anche per noi, oggi, si attua.

Questa è la didattica di Dio.

La Parola del Vangelo proclamata dopo la benedizione dei rami  presenta  una folla gioiosa che inneggia dicendo “Osanna al figlio di Davide!”. Subito dopo, nel racconto della Passione, la folla, in gran parte la stessa, urla a gran voce: “Crocifiggilo!”. Per definire una ragione plausibile  dell’atteggiamento della folla che possiamo chiamare di ″opposizione polare″, secondo l’espressione di Romano Guardini, è sufficiente che ognuno si guardi dentro, esamini il suo cuore. Già il profeta Geremia ammoniva: “Più fallace di ogni altra cosa è il cuore e difficilmente guaribile; chi lo può conoscere?” (Ger 17, 9). Il tradimento di Giuda,  e poi quello di Pietro, mostrano quanto sia grande l’inaffidabilità umana. Non succeda anche a noi, in questi santi giorni, quanto  accadde a Gerusalemme: gridiamo ‘″Osanna″ e, con la stessa facilità di quella folla, poco dopo, ″crucifige!″ . Siamo appena immersi nella gioia della regalità del Signore, quando, subito dopo, con puntualizzazione cronologica agghiacciante, il racconto della passione  ci fa seguire  le ultime ore di un condannato innocente. In  drammatiche sequenze, persone, oggetti, episodi, situazioni assurde si rincorrono conferendo a questa storia di duemila anni fa un’ attualità reale e misteriosa.

L’ingresso di Gesù in Gerusalemme è preceduto dalla scelta di un asino: “Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: «Perché fate questo?», rispondete: «Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito»” (Mc 11,2-3).

I santi Padri  offrono una chiave  interpretativa del significato di questi due animali. L’asina è figura del popolo giudeo sottoposto al giogo della Legge; il puledro sul quale, precisa l’evangelista Marco, nessuno è ancora montato (Mc 11,2), rappresenta la gentilità, non domata da nessuno fino allora.

Gesù entra in città non come un re, ma con l’umiltà e la pacatezza di un servo, galoppando un asino. L’asino era l’animale mite che anche i primi re d’Israele, Davide  e Salomone, cavalcavano in tempo di pace, ricorrendo invece al destriero e al cocchio nei tempi di guerra.

L’espressione “Asinus portans mysteria”,  attribuita a Erasmo da Rotterdam (1466-1536), possiamo applicarla oggi all’immagine dell’asino che porta Cristo, alla Chiesa, serva d’amore, in missione per il mondo.

Una Chiesa serva d’amore  non si regge su sicurezze umane, supera la frequente tentazione della potenza e della gloria sui regni della terra (cfr. Lc 4, 6), non si ferma perché non ha o perché non può. Tutto può in Colui che le dona forza e, come Lui,  assumendo  forma di serva (cfr. Fil 2, 7), cammina spedita andando per il mondo “senza borsa, bisaccia e calzari” (Lc 10, 4).

Una Chiesa serva d’amore  mostra al mondo la letizia dell’accoglienza e della Misericordia per tutti, nessuno escluso.

In quest’ottica, l’ingresso di Gesù in Gerusalemme sul groppo di un asino deve farsi pedagogia di vita. Ognuno di noi può e deve divenire portatore di Cristo. San Giovanni Paolo II, a proposito di questa pericope Lucana, annotava: “Gesù non ha inteso la propria esistenza terrena come ricerca del potere, come corsa al successo e alla carriera, come volontà di dominio sugli altri. Al contrario, Egli ha rinunciato ai privilegi della sua uguaglianza con Dio, ha assunto la condizione di servo divenendo simile agli uomini, ha obbedito al progetto del Padre fino alla morte sulla Croce” (Omelia 8-4-2001).

La Liturgia di oggi ci avvia   alla Pasqua del Signore. E’ un preludio della Sua Risurrezione. L’entrata in Gerusalemme, infatti, dà il via all’ora storica di Cristo,  verso la quale tende tutta la sua vita,  ma dà il via anche all’ora che è il centro della storia del mondo.

In questa Settimana Santa  desideriamo pregare per la pace a Gerusalemme,  ricordando le parole profetiche di Giorgio La Pira, il sindaco santo, che,  il 1969 di ritorno dalla Terra Santa, affermò: “Non ci sarà pace nel mondo finché non ci sarà pace in Israele”.

Lasciamoci prendere per mano da Maria, regina della Pace e donna del terzo giorno. Chiediamole di accompagnarci a vivere alla sequela di suo figlio Gesù, crocifisso e risorto, sul passo degli ultimi.

Una  Settimana Santa che ci renda santi, tutti.

†  Francesco Savino