Omelie

Festa del Crocifisso


 

Nm 21, 4b-9; Sal 77; Fil 2, 6-11; Gv 3, 13-17

 

Venerdì  1  Marzo  2024

 

Con rinnovato stupore e con una memoria grata, anche quest’anno, come ogni primo Venerdì del mese di Marzo, fedeli con creatività alla tradizione, celebriamo la Festa del Crocifisso, festa tanto cara alla nostra amata Cassano.

Lasciamoci interrogare dalla Parola di Dio, poc’anzi proclamata e ascoltata, e cerchiamo di capire che cosa lo Spirito di Dio vuole comunicarci attraverso questa Parola e nel contempo che cosa questa Festa del Crocifisso vuole suggerisci quest’anno.

Una certezza deve abitarci: “l’unica parola che il cristiano ha da consegnare al mondo è la parola della croce. Dio è entrato nella tragedia dell’uomo perché l’uomo non vada perduto, con il mezzo scandalosamente povero e debole della croce” (Ermes Ronchi).

“Per sapere chi sia Dio devo inginocchiarmi ai piedi della croce” (K. Rahner).

Se nell’immaginario collettivo quando diciamo “croce” vogliamo dire “dolore”, è oltremodo vero che quando diciamo “Crocifisso”, dobbiamo dire “amore”. Amore fino al dono totale di sé, senza limiti, per sempre!

È proprio così: nella Croce di Gesù dolore e amore sono inseparabili! Nel Crocifisso l’amore diventa disponibile anche al dolore, pur di toccare ogni angolo oscuro dell’umanità bisognosa di salvezza e riscatto.

Tra i due termini, Dio e mondo, Dio e uomo, che tutto dice lontanissimi, incomunicabili, estranei, le parole del Vangelo indicano il punto di incontro: il disceso innalzato, al tempo stesso Figlio dell’uomo e Figlio del cielo. Cristo si è abbassato, scrive Paolo, fino alla morte di croce; Cristo è stato innalzato sulla croce, dice Giovanni, attirando tutto a sé. Tra Dio e il mondo il punto di congiunzione è la croce, che solleva la terra, abbassa il cielo, raccoglie i quattro orizzonti, è crocevia dei cuori dispersi. Colui che era disceso risale per l’unica via, quella della dismisura dell’amore. Per questo Dio lo ha risuscitato, per questo amore senza misura” (Ermes Ronchi).

L’essenza del cristianesimo sta nella contemplazione del volto del crocifisso (Carlo Maria Martini), porta che apre sull’essenza di Dio e dell’uomo: essere legame e fare dono.

Quanto è bello e significativo quel passaggio del dialogo tra Gesù e Nicodemo, che abbiamo ascoltato nel Vangelo di questa sera,  li dove si dice che “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.

E la bellezza consiste proprio nel renderci conto che se è Gesù che “ci ha amati e ha dato se stesso per noi” (Ef 5, 2), e ci ha amati tutti e ciascuno tanto è vero che l’apostolo Paolo declina al singolare questo amore di Cristo “mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20), è oltremodo vero e bello che il progetto di questo amore che si celebra e si contempla sulla Croce, è il Padre: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito” (Gv 3, 16) dove la parola “Dio” significa, come abitualmente nel Nuovo Testamento, “Padre” e l’aggettivo “unigenito” è meglio renderlo “l’unico”, espressione che rinvia con una allusione finissima al sacrificio di Abramo (Gen 22, 16).

Che bello: mondo amato, terra amata, io, tu, noi amati.

“Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama” (P. Xardel).

Non possiamo separare, dunque, nella Croce il Figlio e il Padre: l’uomo non separi ciò che in Dio è unito!

Ve lo confesso: tutte le volte in cui mi trovo da solo, in preghiera, a contemplare, una contemplazione dialogica con il Crocifisso, mi sento completamente sedotto, attratto dall’amore di questo “Figlio”, Figlio del Padre, Dio.

Condivido quanto padre Ermes Ronchi sostiene pensando al Crocifisso: “Sulla croce si condensa la serietà e la dismisura, la gratuità e l’eccesso del dono d’amore; si rivela il principio della bellezza di Dio: il dono supremo della sua vita per noi. Lo splendore del fondamento della fede, che ci commuove, è qui, nella bellezza dell’atto di amore. Suprema bellezza è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina, dove il Figlio di Dio si lascia annullare in quel poco di legno e di terra che basta per morire. Veramente divino è questo abbreviarsi del Verbo in un singulto di amore e di dolore: qui ha fine l’esodo di Dio, estasi del divino. Arte di amare.
Bella è la persona che ama, bellissimo l’amore fino all’estremo. In quel corpo straziato, reso brutto dallo spasimo, in quel corpo che è il riflesso del cuore, riflesso di un amore folle e scandaloso fino a morirne, lì è la bellezza che salva il mondo, lo splendore del fondamento, che ci seduce”.

Un invito, ora a tutta la città di Cassano, a tutti i cassanesi: “Volgiamo lo sguardo a Colui che è stato trafitto” (Gv 19, 37) e prendiamo di petto la domanda: cosa vuoi dirci “O amato Crocifisso” questa sera, quest’anno, a noi che, mendicanti di verità, ci poniamo ai tuoi piedi?

Innanzitutto penso che ci chieda di guardare alla nostra terra con più compassione: il nostro territorio non è forse trafitto? Come non riconoscere in esso i tanti segni di sofferenza, degrado e corruzione che lo deturpano? Guardare a Colui che è stato trafitto, ignorando questo territorio vuol dire annacquare la nostra fede! Non possiamo voltarci dall’altra parte, come il sacerdote e il levita, se incontriamo troppi trafitti nel nostro cammino! È un dovere che come cristiani ci interpella!

Sogno con voi e per voi, fratelli e sorelle di Cassano, una piccola città dove la giustizia e la pace si baciano. Mettiamo da parte ogni chiacchiericco e pettegolezzo di cortile o di crocicchio di strada, ogni risentimento e odio, e recuperiamo la franchezza nelle relazioni tra cittadini e cittadini e tra cittadini e istituzioni pubbliche e politiche.

Come pastore sento di dirvi che è giunta l’ora del coraggio, dell’autentica libertà: “C’è un tempo adatto per tutto: un tempo per tacere e un tempo per parlare. Devi tacere quando non trovi un interlocutore disponibile; devi parlare quando il Signore ti concede una lingua sapiente, così da rendere efficace il tuo discorso nel cuore dei tuoi ascoltatori” (Ambrogio, Explanatio Psalmi XLIII, 72).

Usciamo questa sera da questa celebrazione che ci ha visti ancora una volta contemplare il Crocifisso, con la decisione di essere ognuno di noi più responsabile della “casa comune” che è la nostra Cassano, attivando processi di liberazione da ogni forma di sudditanza, da ogni forma di contiguità con chi si serve del nostro territorio più che mettersi al servizio. E cerchiamo di custodire i più piccoli, i nostri bambini, creando condizioni di una vita più bella e più sana e sosteniamo quei giovani che hanno deciso di rimanere qui nel nostro territorio incoraggiandoli a non cedere mai alle sirene della droga e dell’alcool, di non cedere all’idolatria del denaro facile, ricorrendo al gioco d’azzardo o a forme di illegalità e corruzione. Chiediamoci in silenzio: quale futuro sogno per i miei figli e i miei nipoti?

Cassano, il Crocifisso ti ama, lasciati rinnovare dalla bellezza del suo amore per trasfigurare ogni relazione, ogni famiglia e ogni trafitto in cerca di compassione.

Buona festa a tutti.

 

   Francesco Savino

pdf