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Festa di San Michele Arcangelo, Albidona 8 maggio 2016


SAN MICHELE ARCANGELO [SCARICA]

Albidona, 8 Maggio 2016

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,
con gioia ho accolto l’invito di essere con voi per celebrare l’Eucaristia, nella festa del Patrono di Albidona. Saluto il parroco don Massimo che ringrazio per la sua premura pastorale,  le autorità civili e militari e l’intera comunità.
Nella nostra terra è forte la rilevanza delle cosiddette feste patronali che, con la loro dimensione sacra, contribuiscono a rafforzare l’identità collettiva mettendo insieme la fede cristiana e la tradizione culturale. La festa del santo Patrono nasce come occasione privilegiata  di riconoscenza per i favori ricevuti dalla Comunità  e si replica per richiedere la protezione dei singoli  da ogni  male.
Vogliamo pensare  San Michele Arcangelo sia per  Albidona, che lo ha scelto come Patrono e lo invoca con fiducia, un incaricato speciale del cielo per offrire grazie spirituali e materiali.
L’Arcangelo Michele, il cui nome corrisponde ad una parola ebraica che significa <<chi è come Dio?>>, è il capo degli angeli e principe delle schiere celesti. Egli veglia sul popolo di Dio nei momenti più difficili, specialmente durante le lotte (Dn 1,12) e sconfigge il drago di cui parla l’Apocalisse (12,7).
In una società come la nostra, caratterizzata da relazioni fragili, conflittuali e di tipo consumistico, i cristiani che guardano con attenzione alla santità sono chiamati a vivere la differenza proprio nella qualità delle relazioni e a costruire una comunità alternativa fondata su relazioni gratuite, forti e durature, cementate dalla mutua accoglienza e dal perdono reciproco. Sperimentiamo, invece, una forma subdola di insurrezione quasi implicita verso Dio, Cristo, la Chiesa e soprattutto verso l’uomo. Sembra che dilaghi una forma di antiumanesimo per cui possiamo dire che il drago dell’Apocalisse oggi manifesta più volti. Esso si rivela nell’ aggressività, nella discriminazione, nell’estremismo, nella negazione delle libertà civili e religiose. Sembra quasi prevalere una latente cultura di morte che  cerca di eliminare la vita sul nascere, estromette il debole, trascura l’anziano.
L’Arcangelo Michele   richiama la prossimità di Dio che, Padre amoroso e solidale con ogni uomo e donna, si schiera dalla parte della vita e privilegia i deboli, i poveri, l’orfano e la vedova, l’ammalato, il prigioniero, lo straniero e ci invita   a liberarci dai nostri egoismi e ad operare  per   annientare in noi e attorno a noi  la malvagità del drago.
Celebriamo la festa del  Santo Patrono per  riaffermare nella nostra vita il primato di Cristo, che oggi contempliamo mentre  ascende al cielo.
L’Ascensione del Signore è l’evento pasquale che Luca racconta, nel  Vangelo, come accadimento conclusivo della vita di Gesù di Nazareth e, negli Atti degli Apostoli, come evento che dà inizio alla vita della Chiesa. Le due narrazioni appena ascoltate interpretano l’Ascensione di Gesù secondo due prospettive diverse. Infatti, negli Atti degli Apostoli, il Signore ascende al cielo quaranta giorni dopo la sua Resurrezione (cfr. At 1,3);  nel Vangelo, l’Ascensione accade nella tarda sera di quel “giorno senza fine”, il “primo della settimana” (cfr. Lc 24,1), giorno della scoperta della tomba vuota e della manifestazione del Risorto alle donne (cfr. Lc 24,1-12), ai due discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24,13-35), ed infine a tutti i discepoli riuniti a Gerusalemme (cfr. Lc 24,36-49).
L’unico straordinario evento che è la Resurrezione di Gesù  viene raccontato con particolari diversi:  inizia con il passaggio di Gesù alla vita eterna,  alla destra di Dio Padre (Ascensione) e si conclude con la discesa dello Spirito Santo, il grande dono fatto alla Chiesa, il popolo di Dio (Pentecoste: cfr. At 2,1-11).

Lasciamoci interpellare dal Vangelo appena proclamato.
Nella parte conclusiva del suo Vangelo, Luca racconta che Gesù si separa dai suoi non per abbandonarli ma per essere con loro sempre, non più fisicamente ma in maniera diversa. Con la morte, l’esistenza terrena del Maestro si conclude per dar luogo ad un’ esistenza  totalmente altra. Gesù  torna “alla destra del Padre”. A Gerusalemme, in cui è ambientato il brano del Vangelo di questa Domenica, il Risorto appare ai discepoli e spiega loro il compimento delle Scritture e delle Sue parole, ripercorrendo gli eventi che lo avevano visto protagonista: “il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni”. Egli spiega le Scritture perché i discepoli comprendano quanto esse contengono e quanto essi hanno vissuto: la compatibilità tra “sta scritto” e gli eventi di cui sono stati partecipi. I discepoli sono messi nella condizione oggettiva di capire ciò che prima non comprendevano.
Molte volte Gesù aveva parlato loro della “necessitas”, come scrive Enzo Bianchi, della Sua passione e della Sua morte, ma quelle parole erano sembrate, al cuore pensante dei discepoli, enigmatiche e addirittura scandalose. Ora  tutto è acclarato! E c’è di più: ora i discepoli sono chiamati a divenire testimoni credibili degli eventi accaduti che postulano la conversione e garantiscono la remissione dei peccati. Dunque essi, testimoni di questa esperienza di Misericordia, insegnata e vissuta da Gesù, devono annunciarla a tutti i popoli, a tutte le genti.
La Chiesa esisterà per questo compito evangelico: annunciare ed essere Misericordia, ai poveri, ai malati, ai sofferenti, ed essere prossimità ai peccatori, cominciando da Gerusalemme fino ai confini del mondo. Il Vangelo, la bella notizia, consisterà nell’annunciare e nel testimoniare la bellezza del perdono e della Misericordia.
La missione della Chiesa nascente, lo si capisce, è ardua, impegnativa e difficile, ma Gesù non la lascia sola, abbandonata alle forze e ai condizionamenti umani. Egli dice “Io mando su di voi colui che il Padre mio  ha promesso”, “la potenza venuta dall’alto”. Lo Spirito Santo renderà la Chiesa nascente idonea a vivere la missione. Grazie a questo dono nessuna paura sconvolge la Chiesa.
Secondo il racconto di Luca, Gesù, dopo aver condotto i discepoli a Betania, “mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su in cielo”. Questa benedizione produce tanta gioia, nonostante il distacco, nella Sua comunità. La gioia dei discepoli è il segno più bello e più significativo di quanto essi comprendano circa l’”allontanamento–distacco” di Gesù.
Ed è questa gioia che non deve mai abbandonare la Chiesa, comunità dei credenti, perché il Risorto, l’Asceso al cielo, col dono del Suo Spirito, sarà presente sempre, fino alla fine del tempo.
L’Ascensione ci richiama alle due dimensioni del mistero: tutta la vita di Gesù è cammino verso il Padre, compimento della storia, è’ l’inizio della missione dei discepoli ed è anche l’inizio del tempo della Chiesa, che è il “prolungamento” di Gesù nel mondo.
Carissimi, l’ Ascensione del Signore  al cielo  ci  invita ad alzare lo sguardo   per essere testimoni credibili in  missione dovunque lo Spirito ci chiama.
Invochiamo   Maria Santissima che oggi veneriamo come Madre della Catena perché con l’Arcangelo Michele sia guida e conforto al nostro andare.

  Francesco Savino