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Giornata Mondiale della consapevolezza sull’autismo.


           Oggi, 2 aprile, si celebra la giornata mondiale della Consapevolezza sull’Autismo. Quest’anno la giornata ricade in una data speciale e cioè la Domenica delle Palme, la Domenica della Passione, che precede la Pasqua. Mi piace pensare che siano proprio le palme oggi, nel loro significante e significato, a ricordarci della sofferenza di quei bambini (1 su 77 secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico) e di quegli adulti che sono affetti da autismo. Un dramma che colpisce ogni anno tantissime famiglie sia per la patologia in sé, che per l’ombra ingombrante della solitudine che le attanaglia, una volta appresa la diagnosi. Lo sanno bene quei genitori che ogni giorno devono far fronte ad esigenze nuove e diverse dei loro figli, accumulando chilometri di pellegrinaggi da un ospedale ad un altro, affidando la loro stessa vita e quella del proprio figlio, nelle mani di un luminare sempre più preparato, di uno specialista sempre più specializzato. Si cerca solo una qualche parola di conforto, uno scudo a quelle parole che, molto spesso,  patologizzano l’infanzia con troppa leggerezza. Negli ultimi anni, sempre secondo i dati, le diagnosi di disabilità sono più che raddoppiate e la maggioranza di queste non riguarda più disabilità fisiologiche ma deficit emotivi e comportamentali. Tuttavia, oggi, non esiste un dato reale sull’incidenza di questa malattia e i bambini che risultano affetti da questo disturbo, diventano quegli adulti che, domani, abiteranno la terra di nessuno. Gli autistici adulti, infatti, non lavorano, non vanno a scuola e sono dimenticati dalle istituzioni, dalla sanità, da una società che declina l’accoglienza in forme ambigue. Queste persone diventano invisibili agli occhi di tutti ma non delle loro famiglie che devono farsene carico e spesso le case diventano prigioni in cui si fa i conti con le crisi, con il dolore, con l’impotenza assoluta e, soprattutto, con il silenzio. A preoccuparmi di più sono proprio loro a cui spetta subire anche uno scompenso biologico rispetto ai loro genitori che diventano sempre più anziani e sempre più incapaci di gestire le loro esigenze, di fornire i giusti stimoli e di sorreggere le enormi difficoltà che si accumulano negli anni. E cosa accade alla morte dei genitori? Questi adulti diventano doppiamente orfani. Come Pastore di questa Diocesi ho scelto di rispondere anche a questa emergenza istituendo il “Dopo di noi”, un progetto che si prende cura di queste persone con diverse disabilità, che restano orfane e a cui la società non concede nessuna opportunità. Questo perché ho sempre creduto che la disabilità, in ogni sua forma, sia la sfida su cui si deve ricostruire, riformare, la civiltà di una società che non marginalizza ma include, non lascia indietro ma accompagna. Il centro del mio impegno pastorale saranno sempre quelle pietre angolari diventate testate d’angolo. Per questa ragione, oggi e sempre, per me, le famiglie che affrontano e vivono  una o più disabilità, sono la palma, il mirto ed il salice e cioè la mia fede, la mia preghiera al cielo ed il silenzio affidato alla volontà di Dio che mai abbandona i suoi figli. Vorrei dire loro: non lasciatevi persuadere dal silenzio della vergogna. Non arrendetevi all’arroganza della dimenticanza, non smettete di chiedere rispetto per la dignità vostra e delle persone che accompagnate.

Alle istituzioni invece vorrei chiedere solo si essere fedeli alla gente, leali alle loro sofferenze perché ci sono altri 364 giorni (e non solo oggi) in cui bisogna avere consapevolezza di queste difficoltà. Questo per non tradire l’obiettivo che si era data la Convenzione Onu nel 2006, anno in cui si è pensato all’istituzione di una giornata dedicata e, soprattutto, per non tradire quell’umanità che ci rende anime pensanti. L’inclusione non è un miraggio, né uno slogan da sdoganare per infiammare le campagne elettorali. Attraverso l’inclusione passa la vita, la carne, il dolore e la passione che, come quella di Cristo, merita di essere celebrata come salvezza e non come semplice espiazione.

Questo vi chiedo, questi pensieri vi affido, in questo giorno e per tutti i giorni affinché abbiate a cuore i “diversi da me”.

 

Filastrocca dei diversi da me

 

Tu non sei come me, tu sei diverso

Ma non sentirti perso

Anch’io sono diverso, siamo in due

Se metto le mie mani con le tue

Certe cose so fare io, e altre tu

E insieme sappiamo fare anche di più

Tu non sei come me, son fortunato

Davvero ti son grato

Perché non siamo uguali

Vuol dire che tutti e due siamo speciali

Bruno Tognolini

 

Cassano all’Ionio 2 Aprile 2023

✠   Francesco Savino

Vescovo di Cassano all’Jonio