Omelie

II Domenica di Pasqua ” professione Perpetua di suor Fabrizia Molinaro


II  DOMENICA  DI  PASQUA

“della Divina Misericordia”

Professione Perpetua di suor Fabrizia Molinaro

At 4,32-35; Sal 117; 1 Gv 5,1-6; Gv 20,19-31

 

Domenica  7  Aprile  2024

 

Il Vangelo di questa seconda Domenica di Pasqua ci racconta due manifestazioni del Risorto ai discepoli radunati nel Cenacolo, la prima in assenza di Tommaso, la seconda in sua presenza. “Otto giorni dopo” il Signore Risorto torna ad incontrare i suoi. Il tempo che scandisce queste manifestazioni del Risorto è quello liturgico di una comunità che si raduna all’ottavo giorno, vale a dire nel giorno del Signore, la nostra “Domenica” per celebrare la memoria della sua Pasqua e riconoscere il suo stare “nel mezzo”, non solo della comunità, ma della storia e del cosmo. Le manifestazioni di Gesù sono il compimento delle promesse fatte durante l’ultima cena: “Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete” (Gv 14, 18-19).

Gesù, ora, si mostra ai suoi vivo, vivente, per donare loro la vita nuova nello Spirito. Aveva promesso la pace in un mondo ostile e ora, manifestandosi, dona la sua pace. Aveva promesso la gioia dopo la tristezza e ora, rivelandosi, cambia la loro tristezza in gioia. Aveva anche con insistenza promesso il dono dello Spirito e ora Egli stesso lo dona: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20, 22). L’adempimento delle promesse consente ai suoi discepoli, ancora impauriti e terrorizzati, tanto è vero che le porte del Cenacolo sono chiuse, di riconoscere il Signore e di fare esperienza della sua Resurrezione. Gesù viene, si manifesta, il cuore dei discepoli è ancora molto chiuso, blindato, e “sta in mezzo”, perché Lui è il centro del tempo, del cosmo e della comunità. È ritto in piedi, mostra le sue mani e il suo costato e per due volte dona il suo saluto di pace. Questo saluto ripetuto due volte suddivide la scena in due parti: nella prima Gesù sta in mezzo ai suoi, che lo riconoscono alla vista delle mani e del costato e il frutto di questo incontro è la gioia. Nella seconda parte il contenuto è costituito dalla missione nel dono dello Spirito Santo per il perdono dei peccati. L’evangelista Giovanni in questo modo mostra il duplice frutto della pace donato dal Risorto: la gioia del discepolo e il perdono dei peccati. Gesù dona lo Spirito alitando sui discepoli, un gesto evocativo del gesto stesso con il quale Dio, dopo aver creato l’uomo, soffiò su di lui uno spirito di vita.

Come l’uomo, nel racconto della Genesi diviene un essere vivente ricevendo il soffio di Dio, così ora, nel dono dello Spirito, l’uomo, la comunità dei discepoli, ricevono la vita stessa di Dio divenendo l’uomo un essere vivente e i discepoli una comunità di esseri viventi come il Risorto. Significativa è l’esperienza che fa Tommaso che nel giorno della prima venuta del Risorto era assente. Giovanni, l’evangelista, annota che Tommaso è chiamato “Didimo”, traduzione dell’aramaico “Toma”; entrambi i nomi significano “Gemello” che evoca una somiglianza nella differenza, cioè un altro simile a me stesso senza essere però me stesso. È un nome che allude alla duplicità che questo discepolo vive in se stesso: è figura emblematica del dubbio di fede, “io non credo”, e al tempo stesso sarà proprio lui a fare una grande confessione di fede: “mio Signore e mio Dio”. Tommaso è il discepolo che potremmo dire, con il linguaggio di oggi, fa un cammino dall’incredulità alla fede. Tommaso diventa così per tutti noi il nostro “gemello” perché ci assomiglia tanto in questa duplicità della sua esperienza: dubbio e fede, fede e dubbio convivono, quante volte noi sperimentiamo tutta la difficoltà a riconoscere il Risorto negli accadimenti più problematici e paradossali della nostra vita. Tommaso ci fa capire che possiamo incontrare il Risorto quando siamo in comunità e con la comunità, in mezzo ai fratelli e alle sorelle. L’esperienza di fede, anche se si tratta di un incontro personale, non è mai individuale o solitaria. Tommaso, che chiede di vedere il segno dei chiodi e di porre la sua mano nel costato trafitto, ci fa cogliere un altro aspetto del suo “percorso di fede”. Credere significa accettare l’identità del Risorto con il Crocifisso. La nostra fede non è in un Gesù generico e astratto ma proprio nel suo essere stato Crocifisso e Risorto.

È significativa la domanda che i discepoli pongono all’inizio del racconto del Vangelo di Giovanni: “Rabbì, dove dimori?” (Gv 1,38). Alla fine del Vangelo di Giovanni comprendiamo che la vera dimora di Gesù è proprio lo spazio del suo costato aperto, rivelazione insuperabile dell’amore di Dio, questo amore, che è “Misericordia”, ricompone e ricuce ogni lacerazione, ogni conflitto. La Misericordia è sempre rigenerativa! Quella Misericordia di cui ha fatto esperienza la monaca polacca Santa Faustina Kowalska, di cui, in questa Domenica, celebriamo l’esperienza personale della Divina Misericordia.

Che felice coincidenza, dunque, in questa Domenica, in cui ci sentiamo tutti rigenerati dall’incontro con il Risorto, con la professione perpetua di Suor Fabrizia Molinaro, a cui personalmente voglio tanto bene, insieme con la sua comunità delle Piccole Operaie dei Sacri Cuori, i suoi alunni e le persone che hanno avuto la gioia di incontrarla sui sentieri della sua vita. Che stupore: Suor Fabrizia farà solennemente i voti di povertà, castità e obbedienza! Una follia per una parte di mondo che spesso ha solo occhi per la realtà materiale. Non si tratta, è giusto puntualizzarlo, di ripudiare o disprezzare quelle caratteristiche umane molto belle che costituiscono la persona umana. Si tratta evidentemente di amare tutta la realtà a partire dalle persone con il cuore pieno e le mani vuote, senza atteggiamenti o voglia di possesso. Suor Fabrizia, dopo un discernimento sapienziale, accompagnata dalle persone che hanno avuto il compito di aiutarla in questo cammino che l’ha portata alla scelta definitiva, è chiamata a vivere con radicalità il suo amore per la Parola di Dio e l’Eucaristia, il suo amore per il carisma che il fondatore, il Beato Francesco Maria Greco, ha trasmesso alle Piccole Operaie dei Sacri Cuori e l’amore soprattutto per i giovani, verso i quali Suor Fabrizia ha da sempre manifestato una particolare attenzione. Non lasciarti mai scoraggiare dagli eventi spesso paradossali che potranno accadere nella tua vita, poiché è bene non dimenticare che Gesù ha affidato la “barca” della sua comunità, che è la Chiesa, a Pietro, un uomo dalle grandi passioni ma al tempo stesso un uomo abitato da fragilità, come noi tutti. Non ti mancherà mai la Grazia di Cristo che cercherai di vivere come primato assoluto della tua vita. Un augurio tutto speciale voglio rivolgerti: se ti lascerai “spiritualmente” lavare i piedi da Gesù, sorprendendoti come fu sorpreso Pietro, la tua vita sarà sempre un servizio generoso e gratuito nei confronti delle persone che incontrerai sulla tua vita. Kenotizza sempre, cioè svuota sempre il tuo “io” da ogni pretesa idolatrica, soprattutto narcisistica e coerentemente con il carisma del tuo Fondatore, cerca sempre di imitare i Sacri Cuori di Gesù e di Maria e al tempo stesso, mai come in questo momento particolare della storia, non stancarti mai di donare tutta la tua vita per l’evangelizzazione, che ha sempre bisogno di persone passionali, generose e credibili. Non lasciarti rubare il sorriso che tutti osserviamo sul tuo volto, un sorriso che dice l’armonia che cerchi di vivere nella tua esistenza tra l’ideale, la volontà di Dio, e la tua realtà, il tuo vissuto.

Auguri cara suor Fabrizia, auguri a tutta la tua Comunità delle Piccole Operaie dei Sacri Cuori, alla Madre Generale, alla Provinciale, alla tua Superiora e le suore che con te condividono ogni giorno la vita; ma auguri anche alla Chiesa, alla nostra Chiesa diocesana che grazie alla tua professione perpetua, loda e ringrazia il Signore. Sono convinto, grandi cose farà nella tua vita e attraverso la tua vita se ti lascerai sempre abitare dallo Spirito del Risorto.

Auguri e buona strada!

   Francesco Savino