Omelie

III DOMENICA DI PASQUA 10 aprile 2016


III DOMENICA DI PASQUA 10 aprile 2016 [SCARICA]

Il tempo di Pasqua scorre nella consapevolezza, mi auguro per tutti, che siamo chiamati  a fare esperienza dell’accadimento costitutivo della nostra fede: Gesù Cristo morto e risorto, è il Vivente e si lascia incontrare da ciascuno.

Nel Vangelo di Giovanni leggiamo oggi la narrazione  della terza manifestazione del Risorto ai suoi Discepoli sul lago di Tiberiade; domenica scorsa ci siamo soffermati sulle prime due manifestazioni nel Cenacolo presentate da san Giovanni nel capitolo 21 che, nella sua interezza, può essere considerata un’appendice al suo Vangelo.

Entriamo ora nel racconto della manifestazione del Risorto.

Siamo nei giorni seguenti alla Pasqua e Pietro prende l’iniziativa di andare  a pescare. L’azione della pesca è simbolica  e rimanda alla missione: Giovanni, il discepolo amato,  e gli altri  lo accompagnano dichiarando la loro disponibilità a seguire il primo degli apostoli. La barca della Chiesa prende il largo condotta da Pietro in acque profonde.

Ma in quella notte non presero nulla”: non è sufficiente l’iniziativa e la guida di Pietro per rendere fruttuosa la pesca, è necessario ed indispensabile che ci sia anche il Signore. Il primato della Grazia del Vivente contrasta ogni forma di neopelagianesimo di chi  pensa che sia sufficiente il solo impegno esercitato responsabilmente nella Chiesa. “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5) aveva già detto Gesù. Ora viene affermato il primato del Risorto, senza del quale ogni azione umana è vana.

Gesù è presente sulla riva di quel lago ma i discepoli non lo riconoscono perché sono ancora prigionieri della sua morte. Vivono nella incredulità! Registrato il fallimento della pesca, Gesù si rivolge loro con delle parole che sono l’inizio della loro vocazione: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. A questo invito non c’è alcuna esitazione: i discepoli obbediscono e si ritrovano davanti alla novità assoluta: “non possono più tirare su la rete per la gran quantità di pesci”.

A questo punto, si leva da parte del discepolo che Gesù amava il grido “E’ il Signore!”. Straordinaria confessione di fede! In Pietro suscita una profonda vergogna: egli, cingendosi la veste attorno ai fianchi perché era svestito, si getta in acqua mentre gli altri raggiungono la riva in barca.

Appena scese a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane” e Gesù chiede ai discepoli di condividere il frutto della pesca. L’evangelista Giovanni precisa che si contarono 153 grossi pesci, tanti quante erano le specie allora conosciute ad indicare l’universalità della Chiesa. Inoltre  “la rete non si squarciò”, come la tunica di Cristo che non era stata lacerata dai soldati al momento della crocifissione (cfr. Gv 19,23-24).

Dopo aver condiviso il pasto servito ai discepoli, il Signore Gesù si rivolge a Pietro chiamandolo Simone, con il nome che aveva prima della chiamata e gli pone la puntuale domanda “Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”: Lo fa per tre volte come tre volte era stato il rinnegamento di Pietro. Egli prova dolore, come  proviamo dolore quando la coscienza ci rivela la nostra debolezza, e gli risponde: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene!”. Il cuore ferito di Simone a causa del dolore per il suo tradimento diventa feritoia di grazia, di luce: Simone viene restituito alla sua dignità di Pietro grazie alla Misericordia che guarisce, sana e restaura. Insieme a Papa Francesco con gioia possiamo affermare che Gesù è davvero la Misericordia di Dio.

A questo punto Gesù rivela a Pietro il futuro che lo attende: è giunta per lui l’ora della rivelazione sul modo di seguire il Risorto. Le parole di Gesù riprendono quelle dell’ultima cena che potevano allora risultare incomprensibili: “Tu ora non capisci, capirai più tardi (Gv 13,7) e anche dove io vado, per ora tu non puoi seguirmi: mi seguirai più tardi” (Gv 13,36). Gesù, infatti, gli dice: “Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Ora è chiaro che Pietro viene chiamato a partecipare nell’immediato futuro al martirio di Gesù, quando “verserà il sangue” per testimoniare la sua fedeltà al Risorto. Sarà il momento in cui Pietro glorificherà Dio. Poi Gesù dice a Pietro: “seguimi!”.

Il Cristianesimo è l’incontro con Cristo Risorto che chiama ad orientare tutta la propria esistenza su di Lui  ed a seguire percorsi continui di conversione-cambiamento.

In questa III Domenica di Pasqua, è anche molto bello cogliere dalla pagina-appendice che conclude il Vangelo di Giovanni quanto scrive  Enzo Bianchi sulla identità “al  plurale” della Chiesa:  il Signore Gesù ha indicato sia il primato petrino sia il permanere  del discepolo amato fino al giorno della Sua gloriosa venuta (cfr. Gv 21,22-23).  Pietro ed il discepolo amato sono complementari e attestano  che, nella comunione dell’unica Chiesa di Dio, è necessario riconoscere la pluralità di tradizioni diverse, tutte orientate verso l’unico Signore: questa è la condizione perché la missione sia veramente fruttuosa. Diversi sono i carismi, diverse le chiamate, ma unico è il Signore.

Lasciamoci provocare, ciascuno in base alla sua chiamata, a vivere la fedeltà a Cristo nella bellezza dell’unità armonica della pluralità.

Una domenica bella e buona per tutti.

†  Francesco Savino