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Il Vescovo Savino incontra i sindaci e indica loro i macigni da rimuovere


Marzo 2016
Messaggio di Pasqua di Mons. Francesco Savino
alle donne e agli uomini impegnati nelle Istituzioni politiche della Diocesi [SCARICA]
Cari uomini e donne impegnati nelle Istituzioni politiche della Diocesi,

permettetemi di rivolgermi a voi come Pastore fratello, cui sta a cuore la vostra responsabilità del bene comune.
Vorrei richiamare l’attenzione sulla domanda che riecheggia il mattino di Pasqua.

«Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro?». (Mc 16,3). Se lo chiedono Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome nell’avvicinarsi alla tomba di Gesù nell’alba della Risurrezione. Il loro intento è di cospargere il corpo del Signore di oli aromatici, ma l’accesso al sepolcro, scavato nella roccia, è impedito da un macigno circolare posto davanti, a chiusura. Come farlo rotolare? E soprattutto: con l’aiuto di chi? Sono preoccupate: sanno di non farcela da sole!

Nello sgomento che suscita la pietra del sepolcro, non è di cile scorgere le pesantezze della vita di ciascuno di noi, che ci tappano l’anima e ci tolgono il respiro; le delusioni, le amarezze, come gli impedimenti che si frappongono nelle relazioni sociali, i nodi problematici che attendono di essere rimossi per rinascere a vita nuova. Macigni da far rotolare… Liberazioni da compiere…

Questo vale anche per l’uomo politico, per l’amministratore, per chi è impegnato nella comunità civile.

Quanti problemi! Spesso sembrano più grandi delle energie e dei mezzi a disposizione per rimuoverli!

I grandi temi del lavoro, della pace, della salvaguardia del creato, della distribuzione delle risorse alimentari e idriche, postulano un impegno serio e un ripensamento radicale dell’economia, delle relazioni internazionali e dello sviluppo in chiave mondiale, secondo un’impostazione basata sulla giustizia e sulla solidarietà, ma la riconsiderazione può avvenire soltanto attraverso uomini e donne capaci di interpretare il bene comune e di limitare le proprie esigenze in vista di un bene superiore, mentre la cultura dello “scarto” crea privilegiati ed esclusi, tutelati e non garantiti, chi sta sempre meglio e chi sta sempre peggio.

Chi rimuoverà queste storture sociali? E come?
Il primo passo consiste nell’acquisire consapevolezza, nel conoscere il dato di realtà, nel non ignorare ciò che magari ritorna scomodo perché intacca gli interessi particolari o non fa il gioco della propria parte. Occorre, poi, intercettare le giuste solidarietà per rimuovere in tempi rapidi il macigno delle negatività: senza soste troppo prolungate, senza pause di comodo, senza prendere tempo, muovendo dalle urgenze!

Ne segnalo alcune come oggetto di speciale considerazione e d’impegno tenace da promuovere senza indugi, a piccoli passi, a cominciare dal proprio ambito. Corrispondono ad altrettanti macigni da rimuovere.

Il macigno della crisi lavorativa

Il lavoro, diritto fondamentale, è necessario per costituire e incrementare la famiglia, per condurre una vita dignitosa e assicurare il processo educativo dei figli, per acquisire una precisa identità, per cooperare ed esprimere solidarietà. La piena occupazione deve diventare il principale obiettivo di ogni ordinamento economico orientato alla giustizia. Facile da dirsi, di cile da farsi.

E però, senza lavoro non c’è futuro nella giustizia. Occorre dunque ripensare il lavoro nel contesto di un nuovo umanesimo. Il che significa non assecondare la legge del profitto e ricollocare al centro la persona, la dignità del lavoratore, il perseguimento del bene comune.

L’attività malavitosa non è lavoro! Il caporalato, antico e nuovo sistema di reclutamento e di organizzazione della fatica altrui, insieme allo sfruttamento e al disconoscimento dei diritti del lavoratore, è un’aberrazione da contrastare e azzerare.

Si possono invece sperimentate nuove forme di economia solidale basate sui valori della persona umana e sull’inclusione sociale. La pubblica amministrazione è chiamata a promuoverle ed incentivarle.

Il macigno dello scempio ambientale

Va recuperato con urgenza il senso della sacralità della creazione, di cui non siamo padroni. Occorre esprimere la massima attenzione alle periferie del degrado ambientale, muovendo dalla prossimità. Non possiamo lesinare la custodia delle super ci marine e terrestri ed impedire che vengano rovinate a causa delle trivellazioni per la ricerca del petrolio, oppure a causa della ricerca di aree dove smaltire ri uti tossici abusivamente, per rispondere a logiche di pro tto senza rispetto della volontà prevalente delle popolazioni locali.

Nell’enciclica Laudato si’, Papa Francesco annota che non servirà a nulla descrivere i sintomi del degrado ambientale se non riconosciamo “la radice umana della crisi ecologica” (Laudato si’, 101). E lancia il doppio appello a proteggere la casa comune e a cambiare il modello di crescita in favore di uno sviluppo sostenibile integrale. “Una politica sana –scrive il Papa – dovrebbe essere capace di assumere questa s da” (Laudato si’, 197).

L’auspicio è, allora, che la politica promuova una nuova sensibilità rispetto ai temi ambientali nel contesto dello sviluppo sostenibile. Il deterioramento dell’ambiente e la cattiva gestione da parte dell’uomo, costituiscono una fonte di sperenza in molte zone vulnerabili del pianeta e del Paese. Le istituzioni civili sono chiamate a rifiutare la cultura dello scarto, impregnata di spreco e di sovraconsumo, per incentivare una sobrietà attenta alla giustizia e alla sostenibilità.

Il macigno dell’accoglienza negata ai migranti

I migranti e i rifugiati ci interpellano, insistentemente, in questi giorni, e le nostre risposte non possono tardare È sotto gli occhi di tutti la drammatica situazione di tanti uomini e donne che abbandonano la propria terra per entrare in Europa, rimanendo vittime delle tragedie del mare.

Nell’Anno giubilare della Misericordia, il Santo Padre ha invitato il popolo cristiano a ri ettere sull’“accoglienza dei forestieri”, per non dimenticare che Cristo è presente tra i “più piccoli”, e che alla ne della vita saremmo giudicati dalla nostra risposta d’amore (Mt 25,31-45).

È peraltro evidente che il fenomeno migratorio va oltre il credo religioso, dunque non può non intercettare anche la responsabilità delle istituzioni civili e politiche cui spetta il compito di attrezzarsi con urgenza in questo impegno umano e sociale.

Il macigno dell’usura

Lo strozzinaggio e l’usura, insieme alle varie forme di pagamento del pizzo costituiscono una delle ferite più dolorose del nostro sistema economico in crisi. Il tentativo di risolvere o tamponare temporaneamente la necessità di denaro per mandare avanti la propria attività lavorativa, non su cientemente tutelata d incentivata dai sistemi di crediti bancari, si conclude miseramente in una morsa che s anca ogni resistenza e conduce in un baratro la cui sola via d’uscita si rivela ancora più mortale. Le vittime dell’usura niscono con il cessare la propria attività lavorativa con conseguenze disastrose sul piano della salute psico sica dei soggetti e sul piano socioeconomico del territorio.

Non va dimenticato che l’aumento delle ludopatie dovute al di ondersi di sale- gioco-scommesse è una delle conseguenze più evidenti di un’economia gestita illegalmente.

Il macigno della sanità

La salute sembra non essere più un diritto ma un privilegio di cittadini che godono di buone condizioni economiche. Il riordino della rete ospedaliera e la riduzione della spesa sanitaria hanno creato seri disagi per i malati: la possibilità di accesso ad una struttura pubblica si è resa più difficoltosa, sono aumentate le già lunghe file di attesa per accertamenti diagnostici. Alcuni di essi non sono più consentiti e anche farmaci indispensabili per la cura di malattie gravi non sono mutuabili.

Nell’orientamento generale che offre sempre più spazio al privato sanitario, la comunità civile è chiamata ad individuare nuove possibilità per i malati poveri e per gli anziani poveri di accedere alle cure per la tutela della sua salute.

Dalla globalizzazione dell’indi erenza alla globalizzazione della solidarietà

Non possiamo nascondere che si è purtroppo sviluppata “una globalizzazione dell’indifferenza”, a cui siamo chiamati a rispondere facendoci ar- te ci di una “globalizzazione della solidarietà e della fraternità”, tenendo presente che “la solidarietà non è un sentimento di vaga compassione o di super ciale intenerimento per tante persone vicine o lontane”, come ha scritto San Giovanni Paolo II (Sollicitudo Rei Socialis, 38), ma “la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo responsabili di tutti”. È capacità di “organizzare la speranza”.

“Aiutaci, Signore”

Le donne al sepolcro non ebbero bisogno di far rotolare il macigno. Ci aveva pensato il Risorto.
A Lui rivolgiamo, dunque, la nostra preghiera con le parole di don Tonino Bello, vescovo che ha saputo attraversare la navata del mondo nel contemporaneo, secondo lo spirito del Concilio:

“Aiutaci, Signore, a portare avanti nel mondo e dentro di noi la tua risurrezione. Donaci la forza di frantumare tutte le tombe in cui la prepotenza, l’ingiustizia, la ricchezza, il potere, l’egoismo, il peccato, la solitudine, la malattia, il tradimento, la miseria, l’indifferenza, hanno murato gli uomini vivi. E mettici una grande speranza nel cuore”.

Buona Pasqua!

+ Francesco Savino

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