Omelie

Mercoledì delle Ceneri


Gl 2,12-18; Sal 50; 2 Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18

 

14  Febbraio  2024

 

Mi è capitato di leggere ancora una volta ma con un rinnovato interesse, l’ultima intervista, che fece molto scalpore, rilasciata, a pochi giorni dalla morte, dal cardinale Carlo Maria Martini a padre Georg Sporshill e a Federica Radice Fossati Confalonieri.

Rispondendo a una prima domanda, Martini affermava: «Padre Karl Rahner usava volentieri l’immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vedo nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell’amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala?».

Rispondendo ad un’ultima domanda, alla fine dell’intervista, concludeva: «La fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall’aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l’amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l’amore vince la stanchezza. Dio è Amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?». E sempre in un passaggio di questa intervista il cardinale dava tre consigli molto forti: La conversione. La chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, personale e comunitario, a partire dai grandi temi che coinvolgono il corpo, per esempio la sessualità. Il secondo consiglio la Parola di Dio, che secondo Martini è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti. Niente e nessuno possono sostituirsi alla interiorità dell’uomo. Il terzo consiglio riguardava i sacramenti che sono per il cardinale un grande strumento di guarigione, non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e della debolezza della vita.

Trovo in questi passaggi dell’intervista, sia pure datata, le indicazioni necessarie per la Quaresima personale ed ecclesiale di quest’anno. L’appello forte del Vangelo di questa sera a ricercare soltanto la ricompensa del Padre non è forse un invito alla vera libertà? Fra poco le Ceneri verranno imposte sul nostro capo. Questo segno austero ci dicono che il cammino verso la libertà è fatto di poche cose, di sentimenti silenziosi e di scelte audaci. Le Ceneri ci invitano a scendere quotidianamente nella cella del nostro cuore (come dice oggi l’evangelista Matteo) prima di compiere qualsiasi scelta per il bene altrui.

Le Ceneri sono anche un segno liturgico che ci richiama al nostro personale e comunitario bisogno di conversione. “Convertitevi e credete nel Vangelo”, così sarà detto a ciascuno di noi mentre verranno deposte sul nostro capo le Ceneri. Occorre tornare, come diceva Martini, a quella fede, a quel coraggio, a quella fiducia che vengono dall’adesione radicale all’Evangelo. Opportunamente diceva Carlo Maria Martini che occorre cercare persone generose, come il Buon Samaritano, di grande fede come il Centurione romano, ostinate come il Battista, capaci di osare come Paolo l’apostolo, fedeli e coerenti come la Maddalena. E questa sera sentiamoci tutti interpellati dalla domanda che Martini pone al suo intervistatore: «Che cosa puoi fare tu per la Chiesa?».

Urge cercare dentro di noi l’amore generoso e gratuito, la solidità della fede, l’entusiasmo della ricerca, il coraggio della novità, la pazienza della fedeltà. In un tempo complesso e difficile come quello che stiamo vivendo, dove spesso si ha la certezza che l’indifferenza sia il connotato più evidente del nostro tempo, siamo chiamati ad una conversione agapica, cioè a quell’amore senza condizioni e asimmetrico, vissuto e testimoniato da Gesù. L’unico amore che può cambiare noi stessi, la chiesa e il mondo. Sia questa, allora, la Quaresima che vogliamo vivere quest’anno, personalmente come credenti e come chiesa, senza cedere alla banalità e alla superficialità.

Sapientemente Papa Francesco nel Messaggio della Quaresima di quest’anno riprende un tema forte, il deserto, per dirci che dobbiamo attraversarlo per giungere alla libertà.

Non è forse vero che il deserto esprime molto bene la nostra condizione esistenziale? Di chiesa? Di mondo?

Scrive nel suo messaggio: «Nel mio viaggio a Lampedusa, alla globalizzazione dell’indifferenza ho opposto due domande, che si fanno sempre più attuali: «Dove sei?» (Gen 3,9) e «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9). Il cammino quaresimale sarà concreto se, riascoltandole, confesseremo che ancora oggi siamo sotto il dominio del Faraone. È un dominio che ci rende esausti e insensibili. È un modello di crescita che ci divide e ci ruba il futuro. La terra, l’aria e l’acqua ne sono inquinate, ma anche le anime ne vengono contaminate. Infatti, sebbene col battesimo la nostra liberazione sia iniziata, rimane in noi una inspiegabile nostalgia della schiavitù. È come un’attrazione verso la sicurezza delle cose già viste, a discapito della libertà … Dio non si è stancato di noi. Accogliamo la Quaresima come il tempo forte in cui la sua Parola ci viene nuovamente rivolta: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile» (Es 20,2). È tempo di conversione, tempo di libertà … A differenza del Faraone, Dio non vuole sudditi, ma figli. Il deserto è lo spazio in cui la nostra libertà può maturare in una personale decisione di non ricadere schiava. Nella Quaresima troviamo nuovi criteri di giudizio e una comunità con cui inoltrarci su una strada mai percorsa».

Troverete questi temi espressi anche nella Lettera Pastorale che ho preparato quest’anno per questo tempo: “Dal deserto al giardino. Un percorso quaresimale, un itinerario di vita cristiana”.

Penso che tutti possiamo trovarci d’accordo che la Quaresima è veramente un tempo favorevole per tutti: non sprechiamola!

✠  Francesco Savino

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