Omelie

Mercoledì Santo 2016, Messa Crismale: «Gli occhi di tutti erano fissi su di Lui»


Mercoledì Santo 2016

Messa Crismale

« Gli occhi di tutti erano fissi su di Lui » [SCARICA]


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[LETTERA AI SACERDOTI – SCARICA]

 

 

 

Vivo con gioia e commozione e, al tempo stesso, con timore e tremore, questa Messa Crismale, portale d’ingresso del Triduo Pasquale. E’  la prima come vostro Vescovo.

Il giorno della Messa Crismale è stato sempre per me un giorno di profonda meditazione e di preghiera nel quale ho rinnovato, davanti al mio Vescovo, gli impegni assunti con l’ordinazione sacerdotale. Comprenderete, allora, come è tutta speciale l’emozione di questa “ora” in cui voi, sacerdoti della nostra Chiesa di Cassano all’Jonio, rinnoverete davanti a me il ʺʺ, l’ʺeccomiʺ all’ amore di  Cristo ed al servizio incondizionato al ministero dell’unità.

La Messa Crismale  per un Vescovo è un’ora singolare di Grazia e di Comunione con il suo popolo e il suo presbiterio: nel giorno del dono supremo di Gesù, introdotto da Giovanni con le parole “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (13,1).  Circondato dai sacerdoti e da tutte le altre componenti della Chiesa diocesana, il Vescovo fa parlare soprattutto il cuore  con parole di confidenza, di impegno e di condivisa speranza, confortato dallo Spirito, in ascolto del cuore di Cristo. Ho scritto, qualche notte fa, una lettera che a conclusione della celebrazione vi sarà consegnata: è una comunicazione scritta  al cuore di ciascuno di voi.

Vorrei condividere con voi quanto avvenne nella Sinagoga di Nazareth: “gli occhi di tutti erano fissi su di Lui”.

Don Tonino Bello annota: “sono occhi che indagano, occhi che chiedono. Occhi che giudicano, occhi perplessi. Occhi pensosi. Occhi di scettici, occhi di amici. Come scintillano quegli occhi e quanto pesano!

“Oggi questi occhi me li sento inchiodati addosso io. Ma io non ho”, come dice don Tonino,  “la forza  di sostenerli. Dio solo sa come mi sarebbe piaciuto,  avere io, oggi, gli occhi fissi sul mio Vescovo. Star seduto dalla parte vostra, abbandonarmi come negli anni passati al flusso della Grazia, all’onda dei richiami, all’urto della parola; lasciarmi scavare il cuore dalla tenerezza della Liturgia e sentirmi scuotere dalla prepotenza del rito”.

Stavolta tocca a me  invitarvi ad avere sempre uno sguardo rivolto su di Lui, su Gesù, il Messia, un orecchio più attento ed aperto alle Sue  parole, un cuore disposto ad accogliere la Sua presenza, una docilità a far agire la Sua azione di liberazione su tutte le nostre resistenze.

Questo è il mio compito, fratelli nel sacerdozio ministeriale, fratelli tutti, “aiutarvi a puntare gli occhi su di Lui”, in ogni mio gesto, in ogni mia scelta pastorale, con chiunque mi avvicini. Perché “il prete è un ostensorio”, diceva C. de Foucauld, “suo compito è di mostrare Gesù. Egli deve sparire e lasciare che si veda solo Gesù”. Se riuscissimo a farlo davvero troveremmo la ragione più profonda della comunione. La comunione non è il risultato di strategie o tattiche organizzative, non è il frutto di un pelagianesimo del nostro “io”, ma la conseguenza del nostro tenere gli occhi fissi su di lui.

Tenere gli “occhi fissi su di Lui” è garanzia di un’autentica pastorale di comunione. Con le parole della beata Madre Teresa di Calcutta non mi stancherò mai di ricordare a me stesso per primo e poi a voi, amatissimi, che è prioritario per noi “lasciare che Dio prenda pieno ed assoluto possesso” del nostro cuore. “Così l’amore diventa come una seconda natura; il cuore non lasci entrare dentro di se nulla di contrario; si applichi continuamente ad accrescere questo amore di Dio cercando di essergli gradito in tutto e non rifiutandogli nulla; accolga  tutto ciò che succede come se venisse dalla mano di Dio”.

Solo se riscopriremo il valore del silenzio, il gusto della preghiera lunga, fatta di abbandono e di stupore davanti all’Eucarestia, solo se manterremo una fedeltà rigorosa alla recita del breviario,  se vivremo i tempi provvidenziali che sono gli esercizi spirituali, saremo in grado di non ridurci a  burocrati o funzionari del rito. Le promesse sacerdotali che oggi rinnoviamo, la povertà come sobrietà, l’obbedienza a Dio e alla Chiesa nel ministero del Vescovo, la castità come amore verso tutti, col cuore in uscita e le mani vuote, non saranno catene che rendono oppressa la vita ma bellezza liberata e liberante che avvolge e coinvolge.

Siamo chiamati ad essere credibili con la vita, una vita che appare per quello che è. Dobbiamo ritrovare, forse per strada l’abbiamo persa, l’autenticità di una vita sacerdotale laddove viviamo il nostro servizio pastorale e, al tempo stesso, recuperare lo stile, il gusto e il desiderio folle della Comunione.

Ciascuno annunzia la Parola, celebra la Fede, vive la Carità, non come singolo, ma in quanto parte di  un presbiterio guidato dal Vescovo,

Cari confratelli, mi rivolgo a tutti voi  ed a ciascuno,  per quello che è, per la sua storia, per i suoi carismi, per il suo modo di essere. Se non viviamo la comunione nello stimarci a vicenda, facendo cadere pregiudizi o giudizi che vengono da incomprensioni del passato, non saremo credibili in quello che proponiamo nel nostro ministero e impediremo ai fratelli e alle sorelle  di fissare gli occhi su Gesù. Scandalizzeremo le nostre comunità a causa delle nostre rotture, delle nostre rivalità.

Dobbiamo, allora, convertirci! Uscire dalla nostra autoreferenzialità, dall’isolamento pastorale, dall’individualismo e attivare cammini di corresponsabilità e di partecipazione condivisa, soprattutto nella stessa città, privilegiando la  vita in comune e l’unità pastorale.

Valorizziamo di più le Vicarie che devono essere spazi per pensare insieme, per progettare insieme, per confrontarsi insieme, per correggersi insieme, per pregare insieme, per soffrire insieme, per servire insieme.

Allora fratelli miei sacerdoti, coraggio: vedo già segni belli e positivi che mi incoraggiamo e mi aprono il cuore alla fiducia e alla speranza.

Le stesse cose le dico a voi, fratelli religiosi e sorelle religiose. Con la vostra vita svegliate l’aurora e testimoniate l’armonia della vita in comune.

E a voi diaconi, che vivete l’ordine sacro anche nella condivisione sacramentale del matrimonio: non cedete alla tentazione del clericalismo ma testimoniate il servizio semplice ed umile, soprattutto alle persone più deboli, più impoverite e vulnerabili.

E a voi seminaristi, piccoli e grandi: siete nel mio cuore e vi affido a questo presbiterio perché preghi per voi e con la  vita vi attragga alla bellezza e allo stupore di essere presbiteri.

E a voi laici, che dire? Innanzitutto vi ringrazio per il servizio che prestate alla Chiesa.  Mi rivolgo in modo particolare ai laici impegnati, catechisti, fratelli e sorelle idonei ai ministeri, inseriti nei gruppi e movimenti ecclesiali: se terrete anche voi gli occhi fissi su Gesù, sarete esempio di comunione e di corresponsabilità.

Vi esorto con il cuore di Pastore a non mettere i preti gli uni contro gli altri. Non siate divisivi ma convergenti, non fate mai mancare, in una distanza educativa, l’affetto per i sacerdoti. Non sciupate la vostra partecipazione negli organismi di corresponsabilità pastorale.

Vivete con serietà e responsabilità il sacerdozio comune che deriva dal vostro essere inseriti in Cristo grazie al Battesimo.

E che dire di me? Pregate per il mio servizio episcopale iniziato da poco e che vivo, credetemi, con passione e dono totale. Quando sbaglio, correggetemi. E  facciamo sinfonia nell’obbedienza alla volontà di Dio che ci rende felici.

Un’ultima consegna faccio a tutti, ognuno nella sua scelta di vita: siate la carezza della Misericordia di Dio.

Il mondo ha bisogno di essere ricostruito a partire dalla Misericordia. Diventiamo tutti pellegrini della Misericordia ricevuta e condivisa, accolta e trasmessa.

Nel Vangelo di oggi, tra i compiti dell’Unto, del Cristo, del Messia, è incluso  quello di “predicare un anno di Grazia del Signore”.

E il Giubileo che stiamo vivendo è un anno di Grazia del Signore. Non sciupiamolo.

Miei cari amati fratelli e sorelle,  “puntando gli occhi su Gesù”, guardiamoci negli occhi, scambiamoci la sua tenerezza e solo così potremo dirci con verità: “Oggi è Pasqua anche per te, fratello mio, sorella mia. Cristo è risorto”.

Cassano all’Jonio, 23 marzo 2016

+ Francesco Savino