Omelie

Natale del Signor 2016 – Veglia


NATALE  DEL  SIGNORE  2016

VEGLIA [SCARICA]

 

Nella tradizione cristiana, noi, popolo di Dio, nella notte richiamiamo i grandi misteri della fede: nella veglia della notte celebriamo il Natale di Gesù, nella veglia  della notte  celebriamo la Pasqua di Resurrezione. Perché proprio di notte, che comprende una parte della giornata dedicata al riposo e al sonno, celebriamo solennemente la nostra comunione con il Signore? Perché la notte è il tempo dell’attesa per eccellenza: nella notte sentiamo forte il desiderio dell’aurora, del giorno che spunta e la veglia notturna ci aiuta a riscoprire l’attesa di Qualcuno che, amandoci, ci salva.

In questa Notte Santa siamo in veglia ed invochiamo nell’attesa il Veniente che è il Venuto duemila anni fa, Colui che viene sempre e che ritornerà nella gloria.

La liturgia della notte ci accompagna nella lotta contro tutto ciò che è tenebra, peccato, tradimento, offesa, irresponsabilità, vuoto, nulla. Noi crediamo che “il giorno” spunta sempre mentre constatiamo che, quanto più desideriamo avanzare verso la luce, tanto più le tenebre ci avvolgono!

Siamo certi che “ci visiterà un sole che sorge dall’alto” (Lc 1,78) ed in questa espressione paradossale, antiastronomica, leggiamo che l’Oriente è più che il movimento  dal basso verso l’alto, è “oriens ex alto”, è il sorgere della luce “dall’alto”. La luce viene a visitarci, a guardarci con attenzione, ad esaminare con cura ciascuna delle nostre esistenze. E’ luce che è sempre “Oriente”, che è sempre sorta, che sorge sempre e che sempre sorgerà per noi. E che ci precede.

Abbiamo ascoltato, nella liturgia della Parola che, per quel popolo oppresso dalla schiavitù babilonese, nelle terre di Zabulon e di Neftali, una grande luce rifulse: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”( Is 9,1).

A quel popolo schiavo in Babilonia, come moltissimi oggi che sono oppressi dalla povertà e dallo sfruttamento, a quel popolo segnato dalla crudeltà, come tanti popoli che sono vittime continuamente di stragi, genocidi, stermini e guerre assurde di cui la città di Aleppo mostra i segni, Isaia annuncia un evento che cambia radicalmente la storia umana: “Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio.[…] Il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre”.(Is. 9, 5)

Un Bambino è la grande luce che vince le tenebre, che fa scoppiare una gioia indicibile, che libera da ogni oppressione. La luce di salvezza è nella fragilità di un bambino, il debole per eccellenza, un piccolo che non ha nessun potere, che non sa neanche parlare, che ha bisogno degli altri perché da solo non può vivere. Qui c’è tutto “il paradosso della fede”. C’è da rimanere stupiti: un bambino è “Consigliere mirabile, Dio Potente, Padre per sempre, Principe della pace”.

La profezia di Isaia di un Dio-bambino trova il suo compimento nel racconto dell’evangelista Luca. Abbiamo ascoltato di “un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”: è la nascita di Gesù che irrompe in un preciso momento storico.  Sotto l’Impero di Cesare Augusto, quando Quirinio è il governatore della Palestina, Giuseppe e Maria devono sottomettersi agli ordini delle autorità romane e dei capi religiosi e politici ebraici. Nel passo del Vangelo di Luca, cogliamo il contrasto tra la grandiosità del decreto imperiale che prescrive “un censimento di tutta la terra” e ciò che accade a Betlemme, in Giudea. In un contesto storico dominato da grandi e da potenti, Dio compie la sua promessa scegliendo persone umili : per Giuseppe e Maria, giunti a Betlemme a farsi registrare come discendenti della stirpe di David, non c’è posto nell’alloggio. E proprio allora si compiono per Maria i giorni di una gravidanza concepita dalla “fecondità dello Spirito” e dà alla luce il figlio primogenito che depone nella mangiatoia. Si attua così la logica di Dio: il Figlio Suo, venuto ad abitare tra gli uomini per rendere divina l’ esistenza divina, cioè più umana, nasce in un luogo dove trovavano ricovero coloro per i quali non c’era posto.

Gesù nasce come un escluso, un marginale: chi poteva mai riconoscerlo? Solo i pastori, altri esclusi, che erano considerati impuri per il loro mestiere perché toccavano il letame delle pecore. Quello stesso letame molto probabilmente era anche nella mangiatoia: quindi Gesù nasce escluso ed impuro.

Ai pastori, che vegliavano di notte facendo la guardia al gregge, è rivolto il primo annuncio di un evento che sconvolgerà la storia, “la spaccherà in due”. E’ l’annuncio di una grande gioia, perché il Bambino che i pastori troveranno “adagiato in una mangiatoia” è il Messia, l’atteso da secoli. E’ Lui la luce che dissiperà ogni tenebra. E’ il senso per ogni esistenza smarrita. Dio si è fatto vicino, è presente e riveste i panni della debolezza e della piccolezza. Scrive il Priore di Bose, Enzo Bianchi: “Sì, Dio si è fatto vedere nel legno di una mangiatoia per nascere, e si farà vedere sul legno di una croce per morire”. E si chiede: “ma per noi questa è buona notizia o scandalo?”

Celebriamo davvero il Natale quando siamo certi che Gesù è sempre tra di noi e con noi, qualunque sia la nostra condizione. E’ Lui la nostra speranza. Il mistero di Dio Incarnato , che celebriamo in questa notte, è il mistero dell’amore di Dio. Dio-Bambino è il re della storiella che, volendo sposare una ragazza poverissima, per non umiliarla in alcun modo, si fece povero come lei divenendo anch’egli un servo e coronò così il suo sogno di amore. E’ Soren Kierkegaard che riporta questo racconto aggiungendo a commento: “Questa è l’insondabilità dell’amore, il fatto di non diventare per scherzo, ma seriamente e veramente uguale all’amato […]. Ogni altro tipo di rivelazione sarebbe un’impostura per l’amore di Dio”.

Il grande mistero dell’Incarnazione è, dunque, il mistero dell’insondabile amore di Dio per l’umanità.

Ho letto in “Penultime notizie circa Gesù“ di Erri De Luca: “… se nascesse oggi, sarebbe in una barca di immigrati, gettato a mare insieme alla madre in vista delle coste di Puglia o di Calabria. Forse continua a nascere così, senza sopravvivere, e il 25 Dicembre è solo il più celebre dei suoi compleanni. Dopo di lui nessuno è residente, ma tutti ospiti in attesa di un visto. Siamo noi, pasciuti di Occidente, la colonna di stranieri in fila fuori all’ultimo sportello …”.

Il Natale ha la potenza di richiamare ogni essere umano ad interrogarsi sul senso della propria nascita, dell’esistenza e della morte.

Davanti alla mangiatoia di Betlemme, possiamo ritrovare la fiducia nell’umanità in questi nostri giorni che sono segnati da sfiducia dell’uomo verso se stesso. Siamo tutti ammalati di “sindrome gnostica” (Hans Jonas) che si manifesta come sfiducia nella bontà della natura, compresa quella umana.

Dio Bambino, Dio con noi, è la possibilità rinnovata di incontrare l’Amore che risana e che  insegna  ad amare Dio e i fratelli.

Ci fa bene tenere a mente un semplice detto attribuito a Gesù che non è entrato nei testi canonici: “Hai guardato in faccia ad un uomo? Hai visto Dio”.

Buon Natale di senso, di inclusione, di tenerezza, di gioia.

      Francesco Savino