4 Aprile 2016

Un esempio di sanità che coniuga competenza e umanita’

di Aldo Foscaldi*                                        

Le locandine dei giornali e gli articoli in essi contenuti, attirano spesso l’attenzione dei lettori  per i cosiddetti “casi di malasanità”, anche quando questi non lo sono. Si perché, l’esito infausto di un processo morboso che porta alla morte necessita spesso di un capro espiatorio dal momento che i valori che governano la nostra vita sono l’efficienza, l’affidabilità, l’onnipotenza e cosi via; dimenticando la limitatezza della medicina e dell’uomo.

Questo principio, se da una parte non nega le responsabilità sulla vita umana del medico, dall’altra non significa che è sempre responsabile della sua fine.

“Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”, massima finora interpretabile come “malasanità che fa notizia” e non viceversa.

Io invece vorrei dare voce a questa foresta che cresce in modo silenzioso per il bene comune, dove  ci sono operatori sanitari che vivono quotidianamente la loro professione al servizio della persona nella tutela della loro salute.

Non so se sia esatto o meno parlare di buona sanità dal momento che la sanità dovrebbe essere sempre rivolta al bene della persona e come tale racchiudere in sé l’aggettivo “buona”.

Nella cultura odierna, spesso il concetto di buona sanità viene banalizzato e fatto coincidere con un esito favorevole di un atto medico.

E’ necessaria invece, una sanità che sappia coniugare competenza tecnica ed umanità con un approccio basato sull’affettività e l’autenticità, sull’accompagnamento e sulla qualità della presenza e dell’amore, segni che danno al malato serenità e sicurezza anche negli ultimi istanti della sua vita terrena.

Questa premessa, utile per introdurre ed evidenziare l’esperienza vissuta lo scorso mese presso l’ospedale di Castrovillari, dove il sig. N.F. arrivato in Pronto soccorso in condizioni critiche ,veniva accolto e dopo i primi accertamenti, veniva affidato all’equipe chirurgica della sala operatoria (medici, anestesisti, ferristi ed infermieri) che con professionalità, competenza e dedizione affrontata l’urgenza chirurgica, affidavano  il paziente all’equipe di Anestesia e Rianimazione.

E qui, continua “il prendersi cura” del paziente, dove ogni operatore ciascuno nel suo ruolo: medici, infermieri , assistenti socio sanitari, hanno prestato la loro opera non solo per ciò che concerne la medicalizzazione (avvalendosi di consulenze di altri specialisti tra cui i nefrologici che hanno sottoposto  ad un particolare  trattamento antisettico  il paziente), ma soprattutto per la loro amorevole presenza accanto al malato nel rispetto della sua dignità; ma anche per il garbo e la disponibilità nel prestare attenzione a coloro che interessati al paziente ne chiedevano notizie quotidianamente.

Con questa  mia riflessione, da una parte , ho sentito e sento tuttora il dovere di ringraziare di cuore, come Direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute e a nome anche del nostro Vescovo, Mons. Francesco Savino, ciascuno/a (anche se non li nomino personalmente) che è stato coinvolto in questa in questa ricca esperienza umana; dall’altra vorrei ridare fiducia e speranza ai cittadini per la presenza di tanti validi operatori sanitari di cui poco si parla, nell’Ospedale di Castrovillari, che tra tante difficoltà, vivono la loro professione al sevizio della persona bisognosa e fragile nel momento della malattia.

*Direttore Ufficio per la Pastorale della Salute