Omelie

V domenica del Tempo ordinario anno B


 

Gb 7,1-4. 6-7; Sal 146; 1 Cor 9,16-19.22-23; Mc 1, 29-39

 

4  Febbraio  2024

 

Il tema unificante di questa V Domenica del Tempo Liturgico è il rapporto con la malattia, con i nostri corpi malati, segno della fragilità che tutti ci accomuna.

La Prima Lettura tratta da Giobbe ci fa cogliere tutto il dramma dell’uomo quando sperimenta la malattia: Giobbe è vero, autentico nella sua malattia e Dio stesso gradirà le sue imprecazioni rispetto ai consigli moraleggianti e sterili dei suoi amici. Il Vangelo ci presenta un Gesù che incontra le persone malate, affronta le loro malattie e le cura.

Il Vangelo di questa Domenica ci dice che Gesù e i suoi primi quattro discepoli, usciti dalla sinagoga, vanno a casa di due di loro, Pietro e Andrea.

Constatiamo che Gesù non ha soltanto una vita pubblica, ma anche una vita privata, vissuta con i suoi discepoli, o con i suoi amici, o in casa dove si discuteva, ci si ascoltava, si mangiava insieme e ci si riposava.

Entrati in casa di Pietro e di Andrea nessuno li accoglie: era il compito della suocera di Pietro, ma ella è a letto, è febbricitante.

Gesù, appresa la notizia, “si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva”.

Questo è lo stile di Gesù, non di un guaritore professionista, non di un medico né tantomeno di un mago. Gesù si fa prossimo, tocca la suocera di Pietro, in questo caso ne prende la mano, e la rialza. La presenza di Gesù è reale e cerca di “rialzare” chi è in uno stato di prostrazione a causa della malattia.

Gesù, il Veniente con il suo regno, è in lotta contro il male, lo fa arretrare, vince la morte il cui re è il demonio, colui che dà la morte e non la vita. Gesù è colui che fa rialzare, risuscita. Pone segni che sono la testimonianza reale del regno di Dio presente ormai nella storia.

Constatiamo che appena Gesù “fa rialzare” la suocera di Pietro, ella si mette al servizio: l’incontro terapeutico con Gesù genera la diaconia, il servizio, la cura dell’altro, l’amore.

Giunge la sera, la giornata, descritta da Marco come la prima in cui Gesù opera, è quasi terminata, ma ecco che da tutta la città vengono portati malati e indemoniati davanti alla porta della casa in cui egli si trova. Con enfasi l’evangelista scrive “tutti i malati … tutta la città”, perché l’afflusso era considerevole. Cosa cercava tutta quella gente? Innanzitutto guarigione, ma certamente desiderava anche vedere miracoli: la medicina era troppo cara, spesso senza efficacia, e poi in quel tempo c’erano molti esorcisti, guaritori, maghi, da cui la gente si recava. Quelli venuti da Gesù non trovano però né un mago né un operatore di miracoli. Trovano uno che guarisce chi incontra, parlando, entrando in relazione, ma soprattutto suscitando nei malati fede-fiducia: e quando Gesù trova questa fiducia, allora può manifestarsi la vita più forte della morte (cfr. Enzo Bianchi).

Il versetto 38 del capitolo 10 del Libro degli Atti sintetizza molto bene la vita di Gesù: “Gesù di Nazareth passò facendo il bene e guarendo tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo”.

L’evangelista Marco, dopo averci narrato i gesti terapeutici di guarigione di Gesù, ci dice che “al mattino presto si alzò quando era ancora buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava .Gesù in tutta la sua esperienza umana è stato “contemplattivo”: contemplazione e azione!

“La preghiera di Gesù nella notte, in luoghi deserti, nella solitudine, è testimoniata più volte dai vangeli, fino a quella preghiera con cui prepara spiritualmente la sua passione e morte. Preghiera piena di confidenza, in cui Dio è sempre invocato come “Abba, Papà caro e amato”; preghiera nella quale Gesù discerne la volontà di questo Padre che è amore e trova vie per realizzarla; preghiera nella quale lo Spirito santo, compagno inseparabile di Gesù, è per lui forza e consolazione. La veglia, la preghiera notturna che è operazione di tutto il corpo e non solo delle facoltà mentali, è decisiva nella vita del cristiano, il quale non deve mai dimenticare questa “attività”, vera e propria azione di Gesù” (Enzo Bianchi).

Ma la piccola comunità costituitasi intorno a Gesù, i primi discepoli, si mettono a cercare Gesù su iniziativa di Simone. Quanto è bello questo “cercare Gesù” che dice molto di più di una ricerca per conoscere dove Egli si trovi. Concretamente nel Vangelo di Marco, il “cercare Dio” diventa “cercare Gesù”, e quando lo trovano, intento a pregare, gli dicono: “Tutti ti cercano!”. Ma Gesù risponde loro: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!”.

Gesù fa comprendere alla sua piccola comunità che occorre continuare la missione, raggiungendo quei villaggi dove non è ancora giunta la bella e buona notizia del Vangelo del Regno.

“Andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni”.

In questa Domenica in cui tutto ci parla di vita e della sua liberazione celebriamo la 46ª Giornata Nazionale per la Vita.

Nel messaggio del Consiglio Episcopale Permanente della CEI, dal titolo “La forza della vita ci sorprende. «Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?» (Mc 8, 36)” tra l’altro leggiamo: “Eppure, se si è capaci di superare visioni ideologiche, appare evidente che ciascuna vita, anche quella più segnata da limiti, ha un immenso valore ed è capace di donare qualcosa agli altri. Le tante storie di persone giudicate insignificanti o inferiori che hanno invece saputo diventare punti di riferimento o addirittura raggiungere un sorprendente successo stanno a dimostrare che nessuna vita va mai discriminata, violentata o eliminata in ragione di qualsivoglia considerazione”.

Buona Domenica nel segno di una vita bella, nonostante le fragilità, nell’incontro liberante con Gesù.

 

                                  ✠   Francesco Savino

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