Omelie

Venerdì  Santo  2023 in  Passione  Domin


Is 52, 13 – 53, 12; Sal 30; Eb 4, 14-16; 5, 7-9; Gv 18, 1 – 19, 42 

7  Aprile  2023

 

“O cor’ soave, cor’ del mio Signore,
Ferito gravemente
Non da coltel pungente,
Ma dallo stral che fabbricò l’Amore.

O cor’ soave, quand’io ti rimiro
Posto in tanta agonia,
Manca l’anima mia,
Ne voce s’ode più ne men sospiro.”

 

(Anonimo)

 

“Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19, 37): con sguardo mistico e contemplativo incrociamo il volto di Cristo crocifisso, che morendo sul Calvario, ci ha rivelato pienamente l’amore di Dio, nelle sue due forme fondamentali, l’agape e l’eros. Il termine agape indica l’amore incondizionato, asimmetrico e oblativo di chi cerca esclusivamente il bene dell’altro; la parola eros denota invece l’amore di chi desidera possedere ciò che gli manca ed anela all’unione con l’amato.

L’amore di cui Dio ci circonda è senz’altro l’agape; infatti, come sosteneva Papa Benedetto XVI, può l’uomo dare a Dio qualcosa di buono che Egli già non possegga? Sempre Benedetto XVI, però, sostiene che l’amore di Dio è anche eros. Soprattutto in alcuni profeti l’amore di Dio verso il popolo che si è scelto mostra una predilezione che trascende ogni umana motivazione. Il profeta Osea esprime questa passione divina con immagini audaci come quella dell’amore di un uomo per una donna adultera (cfr. 3, 1-3); Ezechiele, parlando del rapporto di Dio con il popolo di Israele non teme di utilizzare un linguaggio ardente e appassionato (cfr. 16, 1-22). Proprio questi testi biblici ci fanno comprendere che l’eros fa parte del cuore stesso di Dio, che attende il “sì” delle sue creature come un giovane sposo quello della sua sposa È nel mistero della croce, che in questa liturgia siamo chiamati a contemplare, si manifesta la grandezza incommensurabile della misericordia di Dio. Ed è proprio nella croce che si manifesta l’eros di Dio per noi, l’eros che, come si esprime lo Pseudo Dionigi, è quella forza che non permette all’amante di rimanere in se stesso, ma lo spinge a unirsi all’amato.

Che mistero grande! Lo stupore non si contiene! E il racconto della passione secondo l’evangelista Giovanni, che ogni anno viene proclamato nella celebrazione del “Venerdì Santo”, ci fa comprendere il progetto di Dio che si manifesta proprio su quella croce, che è al tempo stesso abbassamento e innalzamento, è la gloria di Dio, è la regalità di Cristo.

Il crocifisso è “l’uomo”, quell’“Ecce homo” (ecco l’uomo) (Gv 19, 5), l’uomo nella sua drammatica verità, l’uomo in cui in ogni epoca ognuno può ritrovare se stesso in un momento della sua vita, per poterne scoprire il senso più profondo e illuminante.

Contemplando allora sempre il crocifisso facciamo esperienza che Gesù è l’uomo che viene tradito e rinnegato da coloro che ha amato sino alla fine; è l’uomo che ama la vita e ha la sottile percezione che il Padre, Dio, lo abbia dimenticato; è l’uomo che non oppone resistenza a coloro che lo trascinano di fronte all’ipocrisia di ogni potere; è l’uomo insultato e deriso, che non perde comunque la dignità e la bellezza; è l’uomo che porta la croce, la sua e quella degli altri, che si fa carico della pesantezza dell’umanità; è l’uomo spogliato, nudo e defraudato di tutto; è l’uomo che al termine del cammino della sua vita sa discernere il senso luminoso di tutto ciò che ha vissuto e con estrema fiducia sa dire: “tutto è compiuto” (Gv 19, 30).

Se l’evangelista Giovanni ci invita a contemplare il crocifisso, l’autore della lettera agli Ebrei ci dice: “accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia” (Eb 4, 16). Come Chiesa, che contempla l’avvincente amore di Cristo, gli diciamo ancora una volta questa sera, come se fosse la prima o l’ultima volta: “ricordati di me”!

E con umiltà gli diciamo al tempo stesso, o Cristo Dio, abbi pietà di noi, incrociando il Suo sguardo e lasciandoci guardare per tornare semplicemente a Lui, come evidenzia questo canto attribuito a Mozart:

“Tu mi guardi dalla croce
Questa sera mio Signor,
Ed intanto la Tua voce
Mi sussurra: “Dammi il cuor!”

Questo cuore sempre ingrato
Oh, comprenda il Tuo dolor,
E dal sonno del peccato
Lo risvegli, alfin, l´Amor!

Madre afflitta, tristi giorni
Ho trascorso nell’error;
Madre buona, fa’ ch’io torni
Lacrimando, al Salvator”.

   Francesco Savino

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