Omelie

XII Domenica del tempo ordinario anno A


Ger 20, 10-13; Sal 68; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33 

25  Giugno  2023

 

Riprendiamo con questa XII Domenica del Tempo Ordinario la lettura corsiva del Vangelo secondo Matteo. Siamo nel X capitolo che contiene il discorso di Gesù sulla missione dei discepoli nel mondo. È un discorso che, al di là del tempo in cui è stato proclamato e messo per iscritto, è indirizzato a tutti coloro che sono chiamati al servizio di Gesù Cristo e del Suo Regno.

Chiaramente è un discorso che risente dell’esperienza dei dodici apostoli in missione tra i figli di Israele.

Il brano del Vangelo inizia con un invito pressante a non avere paura, un invito che risuona per ben tre volte con insistenza.

Ricordiamoci che l’invio dei dodici viene motivato dalla compassione di Gesù per le folle, pecore senza pastore. Ora Gesù vuole custodire i discepoli stessi. La vittoria sulla paura, infatti, non si basa sul coraggio personale o sulla fiducia nei mezzi potenti, ma nella consapevolezza di essere custoditi da Dio perché preziosi ai suoi occhi.

“Nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro” (Mt 10, 29).

Ai discepoli Gesù ricorda la loro fragilità e debolezza, sono come passeri che si vendono appena per un soldo, la loro presenza agli occhi del mondo appare marginale e irrilevante. Sono come il profeta Geremia, la cui persona deve confessare di essere un povero, liberato, però, dal Signore dalle mani dei malfattori (cfr. Ger 20, 13).

Gesù ci libera anche dalla paura della morte, che senz’altro subiremo, ma anch’essa viene custodita da Dio, da Lui ricondotta nell’orizzonte della sua volontà, che è sempre una benedizione per ogni creatura.

È significativo ricordare quanto scriveva il card. Martini nella lettera pastorale “Ritorno al Padre di tutti” (1998-1999): “Quando la prospettiva della morte o di una perdita grave ci spaventa e ci getta nella depressione, ecco che dal profondo del cuore riemerge il presentimento e la nostalgia di un Altro che possa accoglierci e farci sentire amati al di là di tutto e nonostante tutto”.

Annota Luca Fallica che diversi anni dopo, mentre l’età e la malattia stavano avvicinando il cardinale al termine della vita, egli non aveva timore di confidare il suo turbamento di fronte alla morte, insieme al lancinante interrogativo sul perché Dio con la risurrezione di Gesù non avesse cancellato per sempre dalla lavagna dell’esistenza la necessità “che passassimo per questo duro calle che è la morte ed entrassimo nell’oscurità che fa sempre un pó paura”. E rispondeva: “Mi sono rappacificato con il pensiero di dover morire quando ho compreso che, senza la morte, non arriveremo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio. In ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle «uscite di sicurezza». Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio”.

Oggi Gesù ci chiede questo! Ci esorta a porre ogni fiducia in Dio, che conosce persino un solo capello del nostro capo!

Anche nell’oscurità più totale, com’è l’esperienza della morte, risplende la promessa di Gesù: “Nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto”.

Ed è veramente significativo non soltanto l’invito ad un annuncio libero, franco, ma la grande promessa che Gesù ci dona: la certezza che quanto del nostro impegno sembra essere segreto, infruttuoso, incompiuto, rifiutato, o addirittura conculcato dalla violenza produrrà realmente i suoi frutti. Troverà compimento!

Dev’essere così grande la nostra fiducia in Dio che non si limita a strappare la nostra vita dalla morte, ma dona senso e compimento a quanto sembra naufragare nell’insuccesso, purchè sia stato vissuto coerentemente con il Vangelo.

Tutto ciò ci viene confermato dalla parola dell’apostolo Paolo ai Romani, come annota Luca Fallica: “È vero, noi sperimentiamo nel primo Adamo, una solidarietà nel male, ma ci viene offerta una solidarietà più radicale nel nuovo Adamo, Gesù Cristo, la cui grazia si riversa in abbondanza su tutti noi. La morte, il fallimento, il rifiuto, l’incompiutezza … non sono loro ad avere l’ultima parola sulla nostra vita. Essa appartiene a Gesù Cristo e alla sua vittoria pasquale. Anche ciò che ora viviamo nelle tenebre, a motivo del primo Adamo, da Gesù Cristo, nuovo Adamo, verrò condotto nella pienezza della luce”.

Abbandoniamoci con fiducia radicale in Dio.

Mio Dio, non solamente confido in te, ma non ho fiducia che in te. Donami dunque lo spirito di abbandono per accettare le cose che non posso cambiare. Donami anche lo spirito di forza per cambiare le cose che posso cambiare. Donami infine lo spirito di saggezza per discernere ciò che dipende effettivamente da me, e allora fa che io faccia la tua sola e santa volontà. Amen.

Buona Domenica.

   Francesco Savino

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