Omelie

XV Domenica del tempo ordinario – anno A


Is 55,10-11; Sal 64; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23

 

16  Luglio  2023

 

“La fede è l’incontro tra due libertà: la libertà di Dio che chiama e la libertà dell’uomo che risponde. Nel dinamismo della chiamata e della risposta vissuto nella libertà c’è il segreto della vita cristiana autentica” (Sandro Ramirez).

Come comunità di credenti ascolteremo per tre domeniche alcune parabole raccolte in Matteo al capitolo 13, il terzo lungo discorso di Gesù in questo Vangelo, detto “discorso parabolico”.

Per comprendere in profondità il significato delle parabole bisogna partire dalla constatazione che il tempo dell’ascolto entusiasta di Gesù da parte delle folle sembra ormai esaurito e si è manifestata l’ostilità dei capi religiosi giudaici che sono giunti alla decisione di “farlo fuori” (Mt 12, 14).

È accaduto per Gesù e accade anche oggi nei confronti di chi predica, annuncia e testimonia coerentemente e con credibilità il Vangelo.

La domanda che spesso ci abita e che condividiamo è: perché succede che la Parola di Dio è inefficace? Chi la predica, predica in realtà parole sue? E chi ascolta, ascolta veramente e accoglie la Parola di Dio? E chi la accoglie è poi conseguente fino a realizzarla nella propria vita?

“Quando Matteo scrive questa pagina che presenta Gesù sulla barca intento ad annunciare le parabole, interrogativi simili risuonano anche nella sua comunità cristiana. I cristiani, infatti, sanno che la parola di Dio è dabar, è evento che si realizza; sanno che, uscita da Dio, produce sempre il suo effetto (cfr. Is 55,10-11): e allora perché tanta Parola predicata, a fronte di un risultato così scarso? Ma le parabole di Gesù, racconti che vogliono rivelare un senso nascosto, ci possono illuminare. Gesù fa ricorso alla realtà, al mondo contadino di Galilea, a ciò che ha visto, contemplato e pensato, perché si dava del tempo per osservare e trovare ispirazione per le sue parole, che raggiungevano non gli intellettuali, ma gente semplice, disposta ad ascoltare. Avendo visto più volte il lavoro dei contadini, così Gesù inizia a raccontare, con parole molto note, che per questo vanno ascoltate con ancor più attenzione” (cfr. Enzo Bianchi).

Entriamo in dialogo con la parabola per coglierne il significato, consapevoli che ci troviamo davanti a un racconto che presenta non poche difficoltà di interpretazione.

Qualche sottolineatura!

La parabola innanzitutto puntualizza la forza generativa del seme, che è la Parola di Dio, dopo aver detto che il seminatore uscì a seminare, identificato con Gesù stesso.

La Prima Lettura, un testo molto bello, del profeta Isaia ci aiuta a interpretare il senso generativo della Parola di Dio: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornato senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare .. così sarà della mia Parola ..”.

La Parola di Dio intrinsecamente ha una sua forza, garantita dal seminatore, che è Gesù, che esprime la volontà di salvezza di Dio.

L’efficacia della Parola è il frutto dell’amore libero di Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvi. Il salmo responsoriale canta poeticamente questa fedeltà di Dio.

Nella spiegazione della parabola di Gesù l’attenzione verte più sulla disponibilità e la bontà del terreno su cui cade il seme.

Opportunamente Sandro Ramirez annota: “Se è vero che la Parola di Dio è figlia della volontà salvifica di Dio, è altrettanto vero che deve incontrare la libertà dell’uomo, il suo desiderio di essere salvato e di far si che la Parola porti frutto nella sua vita. Non avverrà in tutti alla stessa maniera (il cento, il sessanta, il trenta per uno), ma tutti con la responsabilità di vivere l’accoglienza di quella Parola”. Come già detto, è l’incontro di due libertà, la libertà di Dio e la libertà dell’uomo, la “Grazia” di Dio presuppone sempre la libera disponibilità della persona. È il dinamismo della fede!

Dalla parabola possiamo dedurre alcune scelte per noi chiesa.

Essere chiesa “sotto la Parola”, al servizio della Parola, in obbedienza radicale alla Parola, senza mai ritenersi possessori o padroni della stessa.

La chiesa è chiamata ad incontrare gli uomini e le donne educandoli alla libertà perché siano disponibili ad una adesione bella e positiva alla Parola.

La chiesa, ancora, deve essere  sempre disponibile a impegnarsi affinchè l’annuncio di salvezza e profetico della Parola possa incontrare persone capaci di accoglienza senza pretendere l’omologazione dei risultati accettando la diversità degli stessi.

La “semina di Dio” non esclude nessuno, anzi, coinvolge tutti, e il seminatore è colui che con il suo seme, la sua Parola, attiva processi di bellezza e di giustizia.

Buona Domenica.

 

   Francesco Savino