XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno C)

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno C)
24-09-2022

Am 6, 1.4-7; Sal 145; 1 Tm 6, 11-16; Lc 16, 19-31

Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato

“Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati”

 

25  Settembre  2022

 

Gesù ama parlare in parabole, paragonare e mettere a confronto situazioni, soprattutto al fine di costringere gli uditori a rientrare in se stessi e a cercare in se stessi il significato più profondo di quanto Egli ha inteso comunicare. Un senso che mira a cambiare modi di pensare e stili di vita, per esempio nei Farisei, nei Sadducei, nei suoi discepoli, nei destinatari di questa parabola e in noi oggi.

La parabola di questa Domenica ci pone dinanzi due ritratti, l’uno di un ricco senza nome e l’altro del povero Lazzaro. Il ricco di cui si parla è un ricco che si distingue per le belle case, per i vestiti raffinati, per i lauti banchetti. Il profeta Amos nella prima lettura li descrive così: “Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla. Canterellano al suono dell’arpa, bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati” (Am 6, 4-6).

Questa visione della vita era molto cara al movimento dei Sadducei: “Beato l’uomo a cui è dato una vita felice, una morte nella pace e una sepoltura onorevole. Altro non c’è da sperare”.

La parabola, puntualizziamo, non si scaglia contro i ricchi per motivi moralistici ma perché i ricchi mostrano indifferenza verso i poveri, non si accorgono dei bisognosi. Come dice lucidamente sempre il profeta Amos: “Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano “ (Am 6, 1.6).

La responsabilità colpevole del ricco della parabola è che, pur potendo, non vede il povero Lazzaro che giace alla sua porta e non sa ascoltare il suo grido, il suo gemito. Il suo è veramente un peccato di omissione nei confronti del povero, ha scavato un abisso incolmabile tra sé, il suo mondo dorato e tutto ciò che è fuori del suo mondo, soprattutto quella parte di mondo che ha bisogno di case, vestiti, pane e cura.

Questa distanza abissale dal povero è anche distanza dalla Parola di Dio, Mosè e i Profeti, un Dio il cui nome è scritto proprio in Lazzaro, che significa “Dio aiuta”, il Dio con e per i poveri, il Dio della compassione.

“Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo”, finalmente a casa nel banchetto messianico. Il darsi pensiero di Dio nei confronti del povero dura per sempre, in eterno!

Come sostiene opportunamente Padre Giancarlo Bruni, la parabola è “Un invito ai cristiani di ogni tempo, e a ogni coscienza umana, a stare attenti a non generare un abisso tra sé e il povero, etsi pauper non daretur, come se il povero non esistesse. Attenzione a non generarlo qui e ora con il rischio, prospettiva tipicamente lucana, di prolungarlo nell’allora ma in una sorte capovolta: in alto nel seno di Abramo il povero Lazzaro, in basso negli inferi il ricco Epulone. A voler dire che nel futuro di Dio c’è posto per un solo tipo di uomo, quello che ha amato porgendo mano agli ultimi della terra, dalla cura delle piaghe alla luce di Dio è il tragitto dell’uomo secondo Dio, sia per i figli di Mosè e dei profeti che per i discepoli del Signore e gli uomini di retta coscienza (1Gv 3,14-17; Mt 25,31-46)”.

Noi non amiamo ascoltare certi messaggi, ma, attenzione, non si tratta di giudicare il destino di nessuno che è opera di Dio in Gesù, si tratta piuttosto di verificarci chiedendoci “se la nostra ricchezza economica, di bella vita, culturale e religiosa non finisca per imprigionarci in noi stessi e in ciò che ci piace al punto di renderci ciechi verso l’indigente e verso la Parola, al punto da non potere e da non volere essere risvegliati neppure da un Risorto dai morti (Lc 16,31)”(Giancarlo Bruni).

L’evangelista Luca con questa parabola non vuole evidentemente minacciarci ma ci dice che il rischio di abortire la vita è una possibilità perché ignorare il povero è disprezzare Dio, e la ricchezza, anche se è una benedizione, è anche un grande pericolo per noi quando la rendiamo idolo, sul cui altare sacrifichiamo la nostra relazione con gli altri soprattutto con quelli che di fatto sono degli scarti.

In questa Domenica con il Salmo, proclamato dopo la prima lettura, preghiamo: “Il Signore dà il pane agli affamati. Libera i prigionieri, protegge i forestieri. Sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi”.

Il Salmista ci fa cogliere il significato più profondo della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che oggi celebriamo.

Papa Francesco nel messaggio per questa giornata tra l’altro sostiene: “Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati significa anche riconoscere e valorizzare quanto ciascuno di loro può apportare al processo di costruzione. Mi piace cogliere questo approccio al fenomeno migratorio in una visione profetica di Isaia, nella quale gli stranieri non figurano come invasori e distruttori, ma come lavoratori volenterosi che ricostruiscono le mura della nuova Gerusalemme, la Gerusalemme aperta a tutte le genti (cfr Is 60,10-11).

Nella medesima profezia l’arrivo degli stranieri è presentato come fonte di arricchimento: «Le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli» (60,5). In effetti, la storia ci insegna che il contributo dei migranti e dei rifugiati è stato fondamentale per la crescita sociale ed economica delle nostre società. E lo è anche oggi. Il loro lavoro, la loro capacità di sacrificio, la loro giovinezza e il loro entusiasmo arricchiscono le comunità che li accolgono, ma questo contributo potrebbe essere assai più grande se valorizzato e sostenuto attraverso programmi mirati. Tutto il contesto sociale e politico deve sentirsi chiamato ad impegnarsi attivamente in questa opera, poiché si tratta di un potenziale enorme, pronto ad esprimersi, se solo gliene viene offerta la possibilità.

Lasciamoci evangelizzare e convertire dai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati, che sono la “carne viva” di Cristo.

Buona Domenica.

   Francesco Savino

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