31 Dicembre 2015

Te Deum in Cattedrale di Cassano allo Ionio

San Silvestro 2015

Te Deum in Cattedrale di Cassano allo Ionio [SCARICA]

Carissimi, vi saluto tutti, in Cristo, Signore della storia e del tempo, al termine dell’anno del Signore 2015 ci ritroviamo qui radunati per cantare insieme il Te Deum al Signore prima di recitare il vespro della solennità di Maria, Madre di Dio.

Vorrei riflettere con voi sulla realtà dei nostri tempi senza evasione alcuna  e senza la presunzione di avere soluzioni magiche.

Il 2016 ci troverà tutti in tensione e in attesa.

Registriamo segnali preoccupanti  dovuti alla crisi economica, a catastrofi naturali, ai focolai di guerra, al dilagare del terrorismo, all’avanzare della povertà. Il declino della rilevanza etica sembra segnare una decadenza generalizzata. Da ogni dove si levano voci che invocano liberazione e  rinnovamento. E’ in gioco il destino dell’uomo!

Questa amara constatazione riguarda anche ambienti che si dicono cristiani: essi paiono segnati da una forma asfittica di confusione e smarrimento che porta, non di rado, i fedeli cristiani a non comprendere e a non assumere appieno la forza e la valenza salvifica del tempo come mistero teologico.

Il contesto della Calabria, così come della nostra diocesi, ameno e ridente sotto l’aspetto paesaggistico, si è fatto complesso, come altrove, sotto il profilo etico-valoriale, incerto sul piano economico, oserei dire addirittura compromesso per la dilagante corruzione e per la infiltrazione occulta di alcune forme di  micro e macro-criminalità. C’è un’amplificazione della disonestà, delle anormalità che contaminano il clima del vivere sociale. La giustizia è declamata, enfatizzata nelle circostanze straordinarie, come le  cosiddette retate o la denudazione degli scandali,  ma non si esperimenta nel vissuto ordinario. Assieme alle difficoltà della politica ad interpretare il trapasso culturale dell’oggi, alla degenerazione dei partiti e all’emersione di una linea di affari, l’uomo sociale è smarrito e  anela alla liberazione ed al recupero della sua naturale dignità. Mi preme qui rimarcare che la Chiesa non è deputata a fare politica e neppure di influenzarla; ha invece  il compito di evangelizzarla, nel senso di annunziare in nome del Vangelo, la verità dell’uomo. La conclamata fantasia di alcuni  politici italiani inclini alla spettacolarizzazione, non di rado, è tirata fuori come  colomba  da un cilindro,  per indicare  orizzonti rosei  di ripresa economica ed occupazionale. Mi è dato, invece, di  ascoltare  che si tratta di un artificio, come di un gioco di prestigio.

Su questo scenario ottenebrato da tensione si leva per l’anno che viene una forte domanda di speranza. L’occhio ed il cuore sono protesi oltre i guasti del nostro egoismo,  oltre i limiti del potere e del possesso. Avvertiamo che ci manca qualcosa, sentiamo che ci manca Qualcuno. E l’aspettiamo! La speranza scuote l’attesa dell’umanità. Sentiamo tutti una fame che non può essere soddi­sfatta dalla acculturazione:  la fame  è dentro ognu­no  e rende  il cuore inquieto. Dinanzi a tali ombre del tempo esistenziale e del cuore, più che ringraziare verrebbe  la voglia di imprecare! Lamentazione e  collera sono  naturali risposte alle difficoltà.

La liturgia di queste ultime ore  dell’anno, offre  le parole dell’evangelista Giovanni che spingono verso un nuovo inizio.  L’affermazione “In principio era il Verbo” (Gv 1,1) spalanca gli orizzonti verso l’eternità dalla quale proveniamo e verso la quale tendiamo come piena realizzazione.  Il tempo, dunque, diventa momento pregnante e occasione propizia per essere raggiunti dal Dio che salva. Nella storia biblica  salvezza e tempo sono concepiti  per incontrarsi. Il prologo giovanneo  dice, senza mezze misure, che il tempo  non è da considerare in maniera astratta, ma unicamente in relazione alla storia della salvezza.

Il principio è  Dio. Egli stesso, che è  senza inizio,  è “alfa e omega”, “principio e fine” di tutto.

Con l’Incarnazione, l’eternità entra nel tempo e vi mette radici. E, perciò, anche l’anno di grazia che sta per tramontare, che è metro del tempo umano nella dimensione universale del passare terreno, appartiene al Signore del tempo.

Il salmista ci invita alla gioia: “Gloria nei cieli e gioia sulla terra”. Si serve di ogni mezzo  per manifestare la gioia della venuta di Dio perché l’avvento di Dio nel cuore della sua opera, che è l’uomo, ha trasfi­gurato il presente, ha “riempito” il tempo. Gli ha dato uno spessore nuo­vo. Lo ha divinizzato.

Il Natale di nostro Signore  è, dunque, la grande finestra aperta sulla Misericordia del Signore che si china su di noi per salvarci: Dio si è abbassato per sollevarci e metterci in piedi, per rendere più umana l’umanità e per renderci partecipi della sua vita. L’incarnazione è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolenti dell’esistenza dell’uomo.

Riporto qui un testo ispirato di don Tonino Bello, che  ho avuto la grande gioia di conoscere ed incontrare ripetutamente quando ero giovane sacerdote: “Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio”.

Consentitemi di rivolgere a voi queste parole con la speranza che il nuovo anno faccia registrare dei passi concreti  di accoglienza ed ospitalità dei tanti che bussano alle nostre porte in richiesta di aiuto e producono una ferita  piagata che contrasta col progresso e col benessere.

Dell’anno che sta per concludersi ci porteremo dietro un accadimento di peculiare interesse, per desiderio di papa Francesco: il giubileo della Misericordia. La misericordia cristiana non è solo espressione filantropica, ma ha profonde radici teo­logiche: “Misericordioso” è il nome stesso di Dio che si rivelò a Mosè con le parole “Il Signore, il Signore, Dio misericor­dioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà.” (Es 34,6).

Il termine  “misericordia” deriva dalla fusione di “miseria” e “cuore”.  Con “cuore” indichiamo la capacità di amare, perciò “misericordia”  significa “amore che guarda alla miseria”. I primi seguaci di Gesù erano caratterizzati dalla “Misericordia” e, spesso, erano in contrasto con una certa cultura del loro tempo nonché  in aperta divergenza con i sentimenti di nobiltà della tradizione omerica e filosofica greca, come di Platone, Aristotele e degli stoici, che consideravano la compassione, la misericordia, la pietà come una debolezza umana.

Se vogliamo dare riscontro a questa attesa di misericordia dobbiamo chiamare in causa noi stessi. Solo una qualità evangelica della nostra vita ci consentirà di essere pronti e vivi per gli appuntamenti impor­tanti che il Signore ci dà occasione di vivere in questo anno giubilare. Un cristiano disimpegnato è in contraddizione col Vangelo: rallenta la venuta di Dio nella storia. La  missione  di ogni credente in Cristo è accogliere Cristo e farlo crescere nella sua vita e negli altri, convinto che è Lui la personificazione di tutti i valori di buona morale e la concretizzazione di ogni aspirazione umana alla vera gioia.

Per  l’anno nuovo, alla nostra martoriata terra calabra rivolgo l’augurio che negli spazi del sociale possa rifiorire la verità, la giustizia e la solidarietà nelle forme di condivisione e misericordia. Se si è attenti più agli altri che a se stessi, se si è capaci di dono, si può vincere l’indifferenza ed aprire la strada ad una civiltà più a misura d’uomo.

Ed a te, Chiesa di Dio che sei in Cassano, con le parole di Papa Francesco dico: “preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita”[E.G.2].

Alla comunità civile  porgo  un augurio che si fa preghiera. L’autenticità della società umana nasca dall’impegno di tutti, sia  frutto della conversione di tutti. I responsabili delle istituzioni civili e politiche si sentano impegnati,  pur  nella fatica, a smussare le tensioni, a servire ciascuno per  il bene comune, vivendo il tempo che ci è assegnato in una dimensione kairotica,  in contatto con Dio, per  ricevere la sua Grazia nell’oggi, con la costante tensione escatologica, propria del mistero cristiano.

Ogni spazio del sociale assuma le forme di presepe di vita.

Mentre leviamo insieme il nostro grazie a Dio, imploriamo la Sua Misericordia sull’anno 2016 e, contagiati  dalla stessa gioia del salmista, consapevoli della fragilità umana e di tutto ciò che passa, andiamo verso Colui che è la Pienezza eterna, che è Amore e Misericordia.

Buon Anno  a ciascuno!

Vostro

+ don Francesco Savino

 

 

[1] Cf. A. Trapè,  Introduzione I Teologia in Sant’Agostino, La Trinità  Città Nuova Editrice, Roma 1973,  XLIII-XLIV.

[2] Francesco,  Evangelii gaudium, 49.