
Sintesi Omelia Venerdì 27 Marzo 2020 [LEGGI]
«Persistere nella coerenza; essere forti nella preghiera pregando per chi ci perseguita; mettere in essere l’eloquenza del silenzio sono i tre atteggiamenti indicati dal vescovo di Cassano all’Jonio, stamani, durante la messa del mattino trasmessa in diretta su internet.»
«I Giudei cercavano di ucciderlo, cercavano di arrestarlo, ma non era ancora giunta la sua ora. Gesù è stato ucciso, poniamoci la domanda: perché? Si era organizzata una vera e propria congiura di poteri contro Gesù. Il potere politico, il potere religioso, il potere culturale, insieme, sono stati messi in crisi dalla predicazione e dalla scelta di vita di questo maestro itinerante: Gesù di Nazareth.
Tutta la vita di Gesù è stata segno di contraddizione, segno di rottura perché Gesù è fedele alla verità ed è stato fedele alla verità che era il progetto che il Padre, Dio, gli aveva affidato: “mio cibo è fare la volontà del Padre mio che è nei cieli”.
E quando nella vita si è fedeli a Dio in modo radicale, quando si è fedeli alla verità di Dio, si diventa, di fatto, segno di rottura, segno di contraddizione. Ricordiamo tutti il bellissimo incontro avvenuto nel Tempio di Gerusalemme quando la Famiglia di Nazareth vi si reca per presentare Gesù. Lì incontrano Simeone, l’uomo giusto, che attendeva la salvezza. Simeone contento di aver riconosciuto in quel Bambino il Messia, annunzia a Maria la grande prova cui è chiamato il Salvatore e le svela la sua partecipazione a tale destino doloroso: “Egli è qui … segno di contraddizione … E anche a te, una spada trafiggerà il cuore.”
Ecco qui anche il fondamento dell’esperienza del dolore della Madonna, tutta la riflessione che è diventata devozione sui dolori di Maria.
Gesù è stato ucciso! E non dimentichiamolo mai, così come non dobbiamo dimenticare che chi segue Gesù, chi come noi cerca di seguire Gesù, non deve rinunciare ad essere segno di rottura, segno di contraddizione. Non dobbiamo adeguarci al mondo, sposandone i criteri e le categorie, non dobbiamo mondanizzarci.
Ma, come suggerisce la bellissima lettera della prima Cristianità, la Lettera a Diogneto, noi nel mondo, dobbiamo essere ciò che l’anima è nel corpo, vale a dire il principio vitale.»
«Domandiamoci, dunque – ha detto mons. Savino – se nel mondo, noi siamo segno di rottura, segno di contraddizione oppure, per il quieto vivere, per non avere fastidi e problemi, ci adeguiamo ci mondanizziamo. È questa una domanda seria che dobbiamo porci.
Se siamo fedeli a Gesù dobbiamo essere come lui segno di rottura e di contraddizione rispetto ai poteri costituiti.
La prima lettura di oggi (Sap 2, 1 a.12-22), nel descrivere ciò che accade ai giusti: “tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni”, è la fotografia istantanea, la chiave di lettura per capire l’esperienza di Gesù, il giusto per definizione, che si è opposto a certe azioni degli uomini e delle donne del suo tempo e, soprattutto, a chi aveva il potere in mano.
Ma l’evangelista Giovanni chiude la narrazione della pericope di oggi, in cui c’è questo tentativo di uccidere Gesù, dicendo che non era ancora giunta la sua ora. Così come alle Nozze di Cana, quando Gesù si rivolge alla Madre, che gli aveva chiesto di intervenire perché era finito il vino, dicendo che non era ancora giunta la sua ora.»
«Tutto il Vangelo di Giovanni – ha proseguito il vescovo – è attraversato da questa ora; gli ultimi momenti della vita di Gesù sono indicati con l’espressione: “è giunta l’ora”. L’ora, in Giovanni, indica la sua visione messianica della vita di Gesù; è l’ora della Croce, della Passione e della Morte di Gesù. Questa ora della morte coincide con la sua glorificazione, con la sua esaltazione. Agli occhi umani, la morte di Gesù è un fallimento, ma agli occhi di chi guarda quell’evento secondo la prospettiva di Dio, quell’ora tragica coincide con la glorificazione di Gesù. È l’Amen che il Figlio offre al Padre e ne viene così glorificato dal Padre. Per questo noi, soprattutto in queste ore, dobbiamo contemplare il crocifisso rivolgendogli intimamente il nostro sguardo ed affidandogli anche questo tempo di coronavirus che indubbiamente, ci sta un po’ squilibrando. Perché oltre alla gravissima emergenza sanitaria, alla grandissima emergenza economica, stiamo tutti avvertendo un’altra emergenza, quella emotiva, psicologica. Penso, infatti, ai bambini, agli anziani, ma anche a noi adulti che spesso non reggiamo lo stress di questo tempo sospeso; penso ai tanti fratelli e sorelle che vivono l’altra abilità, quella che noi chiamiamo disabilità.
Non dimentichiamo questa emergenza emotiva quando dialoghiamo con Gesù.»
«Pensavo – ha concluso il presule – che se noi siamo fedeli a Gesù anche noi dobbiamo essere disponibili ad essere perseguitati. E come dobbiamo rispondere a chi ci perseguita? Vi suggerisco tre atteggiamenti che insieme sono un unico atteggiamento: persistere nella coerenza; essere forti nella preghiera pregando per chi ci perseguita; mettere in essere l’eloquenza del silenzio.
Chiediamo al Signore di non venire meno al suo progetto sulla nostra vita, chiediamogli che il suo Santissimo Spirito ci sostenga nei momenti della prova, sia essa fisica come il coronavirus ma anche nelle persecuzioni.»