
Intervista de “Il Diario di Castrovillari e del Pollino”, al Vescovo Francesco sul tempo che stiamo vivendo.
Don Francesco, questa pandemia ci sta aiutando a capire la nostra fragilità e la nostra condizione mortale, rendendoci consapevoli che, nonostante i progressi scientifici e medici compiuti in questi tempi, l’essere umano non è padrone della vita. Perché l’uomo, credente o non credente, resta così terrorizzato nel profondo dal mistero della morte?
La pandemia ha riportato al senso della realtà il genere umano che pareva, appunto per uno strano processo di cre- scita a dismisura del proprio Io, aver dimenticato la propria precarietà, la propria condizione di creaturalità. Gli psi- coanalisti hanno versato fiumi di inchiostro sull’ “ansia della morte”, ma non ne hanno risolto il peso. Si muore e si vive, si soccombe e si reagisce: sono condizioni necessarie della nostra presenza in questo mondo. Il punto dolente è aver dimenticato la dimensione del Mistero della morte e della sua introduzione ad una vita altra, che non mette la parola fine. Proprio in questo periodo pasquale abbiamo avuto modo di guardare alla Resurrezione, alla promessa che la morte non ha e non avrà mai la sua vittoria. I nostri padri, coloro che ci hanno preceduto hanno vissuto questo realismo di precarietà e ci hanno consegnato il coraggio di reagire al dolore, alla sofferenza. Se recuperiamo questa consapevolezza, avremo un mondo meno onnipotente, ma più umano e realisticamente consapevole del limite, quindi più creativo e responsabile.
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