19 Maggio 2024

Domenica di Pentecoste

19 Maggio 2024

At 2,1-11; Sal 103; Gal 5,16-25; Gv 15, 26-27; 16, 12-15

La Festa di Pentecoste chiude il tempo della Pasqua.

Faccio mia una riflessione interpretativa del dono dello Spirito che fa il biblista Fernando Armellini: “I fenomeni naturali che più impressionano la fantasia dell’uomo – il fuoco, la folgore, l’uragano, il terremoto, i tuoni (Es 19,16-19) – sono impiegati nella Bibbia per raccontare le manifestazioni di Dio. Anche per presentare l’effusione dello Spirito del Signore gli autori sacri sono ricorsi ad immagini. Hanno detto che lo Spirito è soffio di vita (Gn 2,7), pioggia che irrora la terra e trasforma il deserto in un giardino (Is 32,15; 44,3), forza che ridona vita (Ez 37,1-14), rombo dal cielo, vento che si abbatte gagliardo, fragore, lingue come di fuoco (At 2,1-3). Tutte immagini vigorose che suggeriscono l’idea di un’incontenibile esplosione di forza. Dove giunge lo Spirito avvengono sempre sconvolgimenti e trasformazioni radicali: cadono barriere, si spalancano porte, tremano tutte le torri costruite dalle mani dell’uomo e progettate dalla “sapienza di questo mondo”, scompare la paura, la passività, il quietismo, si sviluppano iniziative e si fanno scelte coraggiose. Chi è insoddisfatto e aspira al rinnovamento del mondo e dell’uomo può contare sullo Spirito: nulla resiste alla sua forza. Un giorno il profeta Geremia si è chiesto sfiduciato: “Cambia forse un Etiope la sua pelle o un leopardo la sua picchiettatura? Allo stesso modo, potrete fare il bene voi abituati a fare il male?” (Ger 13,23). Sì – gli si può rispondere – ogni prodigio è possibile là dove irrompe lo Spirito di Dio”.

Per questo canteremo e pregheremo sempre: “Lo Spirito del Signore riempie l’universo e rinnova la faccia della terra”.

Entrando in dialogo con la liturgia della Pentecoste, scopriamo che proprio il Prefazio ci consegna la chiave interpretativa delle letture: “Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale”.

E quell’“oggi” è possibile non soltanto grazie alla potenza della liturgia, che ci rende contemporanei all’evento che essa stessa celebra, in questo caso il dono dello Spirito, ma anche perché la presenza dello Spirito, il vero grande protagonista della Chiesa e di tutta la vita sacramentale, genera nell’“oggi” ciò che viviamo nella fede.

E la Pentecoste compie la Pasqua perché lo Spirito innerva noi credenti e ci fa Chiesa; la Pentecoste è l’ora in cui lo Spirito inizia ad abitare la storia per trasfigurarla in storia d’amore; la Pentecoste compie la Pasqua perché lo Spirito è colui che è donato ai credenti affinché entrino con coraggio nella dinamica pasquale fino in fondo, senza sconti, addolcinamenti e raffreddamenti.

Dalla Pentecoste, allora, lo Spirito diventa il compagno inseparabile e indissolubile della Chiesa di Cristo, come fu compagno inseparabile di Gesù di Nazareth (così sosteneva san Basilio il Grande).

La Chiesa, nella sua lunga storia, ha acquisito la consapevolezza che rischia di diventare altra “cosa” se rompe il suo legame con lo Spirito del Risorto: organizzazione sociale, organizzazione non governativa, anche benemerita, ma solo e soltanto una compagine sociale.

“Nella realtà quando essa prende le distanze dallo Spirito e dalle sue istanze diventa neanche una benemerita associazione ma, il più delle volte, un mastodonte ingombrante che offusca l’Evangelo contraddicendolo perché si lascia muovere da istanze sempre più simili a quelle del mondo. Quando non si lascia muovere dallo Spirito la Chiesa comincia ad entrare nel mondo “da lupo” e non “da agnello” e quante volte ha creduto di poter annunziare l’Evangelo con la veste del lupo rapace e ha trasmesso un annunzio sviato e sviante. Cantare il Veni Creator significa non tanto invocare lo Spirito perché Egli venga (Egli già abita nei nostri cuori!) ma significa dargli “mano libera” nelle nostre vite e dunque nella vita della Chiesa! La Pentecoste ci racconta la freschezza di una Chiesa invasa dalla potenza imprevedibile e non ingabbiabile dello Spirito, di una Chiesa che con franchezza grida l’Evangelo senza paure o limiti, senza calcoli di convenienze o di tempi; una Chiesa abitata da quella “parresia” che rende ragione dell’Evangelo e lo proclama senza arroganze ma con il fuoco della passione di chi la vita se l’è lasciata afferrare da Cristo!” (padre Fabrizio Cristarella Orestano).

È significativo puntualizzare che se la Pentecoste inizialmente per gli Ebrei era la festa agricola nella quale si ringraziava Dio per il dono delle primizie della terra e in seguito, sempre nella comunità ebraica, la Pentecoste è diventata la festa con cui si celebrava il dono della legge di Dio a Mosè, per i cristiani, gli amici di Gesù, la Pentecoste diventa la festa del dono dello Spirito del Risorto stesso.

Ricordiamoci che la Pentecoste viene raccontata sia dagli Atti degli Apostoli che dal Vangelo di Giovanni.

Ed è interessante che proprio il Vangelo di oggi ci racconti che, dopo che Gesù ha lavato i piedi ai suoi e dopo aver pronunciato parole di addio con le quali Egli dichiara che “È venuta l’ora di passare da questo mondo al Padre” (Gv 13, 1), affermi che “Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio” (Gv 15, 26-27).

La “camera alta” in cui i discepoli sono raccolti è luogo di attesa e di preghiera, ma anche luogo che si lascia spalancare dalla imprevedibilità di Dio.

La Pentecoste è, al tempo stesso, compimento e rilancio della promessa.

“È compimento perché lo scopo della salvezza era quello di dare accesso all’amore di Dio al cuore dell’uomo, è rilancio perché dal dono nasce la lotta della libertà che di continuo deve aprirsi, in ogni credente, al dono di Dio. La Pentecoste assicura al credente la presenza di un Paraclétos, un difensore; certo è lo Spirito che ci difende dagli attacchi del mondo ma è soprattutto Paraclètos perché difende Dio da noi stessi, o meglio, difende i diritti di Dio nella nostra vita di credenti e fa salire dalla storia i suoi «gemiti inesprimibili» (cfr. Rm 8,26) per aiutarci a domandare ciò che davvero serve al Regno di Dio e a fare delle nostre vite dei capolavori di pienezza (padre Fabrizio Cristarella Orestano).

Abitati, allora, dallo Spirito, chiamato da Sant’Agostino il nostro Maestro interiore, ci sentiamo consolati e al tempo stesso incoraggiati ad entrare nella verità delle cose, della realtà, perché come Gesù stesso ci dice, lo Spirito “Vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future”.

La fedeltà di Gesù a ciò che aveva detto: “Non vi lascerò orfani” è proprio attestata dal dono del Suo Spirito che lo rende sempre presente e attivo nella realtà e nella vita di coloro che si lasciano da Lui abitare e trasfigurare.

E con le parole di Sant’Agostino diciamo:

«Cristo infatti ha sposato la sua Chiesa

e ha mandato a lei lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo è come l’anello nuziale;

e chi le ha dato l’anello

le darà anche l’immortalità e il riposo.

Lui amiamo, in lui speriamo, in lui crediamo».

(Discorso 272/B augm., 9)

   Francesco Savino