12 Maggio 2020

Contro il capitalismo del crimine

di dott. Angelo Palmieri

Il prolungato impatto dell’emergenza sanitaria sulle attività commerciali e industriali del nostro Paese (perdite-monstre di fatturato), e in particolare in Calabria,  sollecita la tempestiva adozione di una cultura e di provvedimenti/interventi che siano, oggi più che mai, orientati a contrastare possibili meccanismi funzionali ad alterare gli equilibri di un mercato già azzoppato significativamente  (si guardi alle statistiche sui differenziali territoriali di sviluppo e benessere); mi riferisco alla disponibilità delle ndrine, impastate di massoneria e con la collusione dei colletti bianchi, a movimentare ingenti capitali (in gran parte proventi del narcotraffico)  in settori quali quello turistico-alberghiero e della filiera della piccola e media ristorazione, segmenti della nostra economia locale, che già sperimentano un’insostenibilità finanziaria a ripartire, e pertanto particolarmente esposte a usura e riciclaggio; le dinamiche e le prassi sono storicamente consolidate, ossia il rischio potenziale e plausibile di molti operatori del commercio a  ricorrere al “credito parallelo”, con la conseguente possibilità da parte del potere criminale di diventarne i proprietari illegittimi senza figurare formalmente, mediante coazioni a ripetere vessatorie.

D’altronde questo salto del crimine organizzato, da una dimensione di tipo arcaico-montano-pastorale a mercantile-capitalistico, è ben noto in letteratura.

L’allarme di una possibile infiltrazione del capitale illegale nel tessuto sano della piccola e media impresa locale è stato lanciato da numerosi investigatori e analiticamente riportato nel Report dell’Organismo Monitoraggio delle infiltrazioni criminali sull’emergenza Covid: l’emergenza sociale ed economica del Covid-19 apre a fondati motivi circa la possibilità per molte realtà di trovarsi esposte perniciosamente, per crisi di liquidità, all’usura con “il rischio di impossessamento delle attività per riciclaggio”.

Alla luce di quanto sopra esposto, risultano dannosi atavici modus operandi degli apparati amministrativi dello Stato Centrale e Regionale che, alle prese con mille pastoie burocratiche, non semplificano e accelerano le istruttorie relative ai pagamenti della cassa integrazione, consegnando così molte famiglie al giogo inevitabile del prestito a strozzo. 

Sarebbe incoraggiante se, ad integrazione delle misure previste dai Decreti del Governo a favore delle imprese e delle famiglie, rispetto alle quali non mancano limiti e deficit di carattere interpretativo, la Regione si adoperasse per assicurare in tempi snelli quanto previsto dal proprio pacchetto di misure (contributi a fondo perduto, accesso agevole al credito bancario).

Esiziali risulterebbero provvedimenti che pur ragionevoli nella loro ratio, fossero depotenziati da un’eccessiva burocratizzazione. Fatto salvo il principio di trasparenza e legalità nei processi di deliberazione ed esecuzione, occorrerà assumersi la responsabilità di dare risposte certe e chiare.

Un ulteriore salto nella mission dei clan e delle mafie in generale, sembra quello di diversificare la propria politica economica, puntando ad un nuovo core business: il mercato dei medical device e dei dispositivi di protezione, con investimenti nel campo dello smaltimento dei rifiuti speciali (dalle mascherine ai rifiuti sanitari infetti).

Pertanto non è peregrino un pericolo di ingerenza nelle gare di appalto nell’ambito del ciclo della sanità, rispetto al quale sarà opportuno innalzare il livello di vigilanza sui criteri di aggiudicazione degli appalti, scongiurando così possibili infiltrazioni. 

Altro fenomeno di rilievo, per il quale urgono fatti e risposte a tanto discettare, a volte non privo di eccessiva enfasi ideologica, è la questione dello sfruttamento perpetrato ai danni dei braccianti agricoli immigrati, ad opera di caporali ed intermediari senza scrupoli, contigui al sistema ndranghetistico, che trattano direttamente con i proprietari per fornirgli la manodopera. 

E’ quanto accade nella Piana di Sibari, in tutto lo Jonio Cosentino.

Un’ inchiesta della Guardia di Finanza del marzo 2017 tra Calabria e Basilicata aveva accertato lo sfruttamento di braccianti stranieri con paga inferiore a 3 euro l’ora. Ciascun “lavoratore” era costretto a cedere il 30% delle “retribuzioni” al caporale che quindi portava a casa oltre 7mila euro al mese.

In questo periodo emergenziale, gravido di incognite e pericoli per la tenuta sociale, non manchi il coraggio, contro ogni calcolo elettoralistico e di bandiera, di regolarizzare gli oltre 600mila cittadini immigrati attualmente sprovvisti di permesso di soggiorno (altro rispetto alla sanatoria!).

Sia un’opportunità vera per iniziare ad affrontare, non demagogicamente, il tema di un allineamento delle tutele, togliendo al potere criminale la filiera produttiva e il “mercato” dei lavoratori irregolari, riconoscendo così il diritto fondamentale alla dignità umana e al lavoro.

Si osi con determinazione e senso di responsabilità, per non ritrovarsi con fratture sociali e percorsi di marginalità ancora più estremi!

E’ il tempo di una nuova tessitura sociale in cui l’ordito (le singole storie di vita) e la trama (la comunità) concorrano a rendere il nostro Paese e i nostri territori a misura d’uomo.

 Cassano allo Ionio, 12 Maggio 2020

*Responsabile Caritas per l’area Progettazione
e Osservatorio delle Povertà e delle Risorse

 

(fotografia in evidenza tratta dal web)