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Giovedì Santo 2020 Messa in Coena Domini


Giovedì  Santo  2020

Messa in Coena Domini [SCARICA PDF]

Es 12, 1-8. 11-14; Sal 115; 1Cor 11, 23-26; Gv 13, 1-15

9  Aprile  2020

Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo”: così l’evangelista Giovanni racconta il contesto di quella cena. Gesù siede a mensa con i suoi perché sa “che è giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre”. Giuda, come si legge nel Vangelo, prende il boccone di pane che Gesù gli offre, come gesto di amore e di dono di sé, ed esce subito dalla stanza, quando “era notte”. In quel cenacolo Gesù è turbato per il cuore ostinato del suo discepolo Giuda che si perde nella notte del male. 

Il teologo domenicano Timothy. Radcliffe scrive “Tutto stava crollando, Giuda aveva tradito Gesù, Pietro era sul punto di rinnegarlo, gli altri rimuginavano le loro strategie di uscita. Fu il momento più oscuro della storia della Chiesa. Non c’era altra prospettiva che sofferenza e morte. Sembrava che l’intera vita di Gesù fosse un enorme fallimento”.

E aggiunge che “il centro della nostra vita cristiana è una grande crisi: l’ultima cena”.

L’ultima cena, cena di crisi, ci aiuta a leggere tutte le nostre crisi, a viverle non come catastrofe ma come opportunità per capire le nostre fragilità, per andare oltre, per essere autentici. È da quel “cenacolo in crisi” che tutto viene rigenerato. 

Quella notte, Gesù dà inizio a una Nuova Pasqua nella inimmaginabile libertà di Dio. 

L’ultima cena di Gesù è una cena pasquale. Si tratta della festa della liberazione di Israele dalla schiavitù dell’Egitto. Gesù cena sdraiato a tavola con i suoi discepoli, con il discepolo amato che riposa sul suo petto. È un segno di libertà. La tradizione ebraica afferma che, durante la Pasqua, i commensali stanno reclinati per ricordare che sono passati dalla schiavitù alla libertà. Quel pasto finale di Gesù indica l’itinerario verso la libertà vera, quella libertà che Giuda e gli altri discepoli hanno frainteso.

Anche l’apostolo Paolo, nella Lettera ai Corinti, che vivevano divisioni e conflitti, ci riporta a Gesù che compie il gesto e consegna le parole dell’Eucarestia “nella notte in cui fu tradito, consegnato”, in quell’ora in cui i legami si rompono e si negano.

Proprio da quel “cenacolo in crisi”, viene un gesto che è una grande lezione: la lavanda dei piedi. É la logica dell’amore gratuito fino alla fine, fino agli estremi, anche nei confronti di chi tradisce.

Quest’anno mi porto idealmente in una sala di rianimazione, dove ci sono i malati di Coronavirus con tutti coloro che li curano, e mi inginocchio lì per lavare i piedi a tutti. 

Dio sa quanto vorrei incontrare al più presto i medici, gli infermieri e gli operatori socio-sanitari, i malati, i loro familiari per celebrare con loro l’Eucarestia, il rendimento di grazie non solo pe la guarigione in cui speriamo fiduciosi, ma anche e soprattutto per rendere lode e onore a Dio che, nel Suo Figlio Gesù, il Crocifisso, ha sintetizzato tutto il male del mondo e ci ha liberati una volta per sempre, nel Suo Amore di Padre.

   Francesco Savino