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La santità come obbiettivo della nostra vita


Sintesi Omelia Giovedì 01 Aprile 2020 [SCARICA]

SANTITÀ E UMILTÀ 

La santità come obbiettivo della nostra vita.

Se ieri vi ho consegnato due verbi il verbo TESTIMONIARE e il verbo RIMANERE e per poter testimoniare dobbiamo rimanere, organizzare la nostra vita su Cristo, sulla sua parola, sul suo progetto di vita, oggi, data la ricchezza immensa della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, voglio consegnarvi due sostantivi, due parole: la parola CARITÀ e la parola umiltà. Abbiamo ascoltato l’inno alla carità, che vorrei contestualizzare all’interno della prima lettera ai Corinzi dell’apostolo Paolo. Paolo sente la necessità di scrivere questa lettera perché la comunità di Corinto è una comunità divisa, prevalgono i gruppi, i conflitti, che sono le solite tentazioni che troviamo anche oggi nelle comunità. L’autoreferenzialità, l’appartenenza a qualcuno piuttosto che a Cristo: nella comunità di Corinto si diceva: io sono di Apollo, di Paolo …, dimenticando che il centro della comunità, della comunione è Cristo non sono le persone. Le persone sono al servizio di Cristo ma non sono Cristo, non possono e non devono sostituirsi a Cristo.

Tra l’altro la comunità di Corinto è una comunità molto vivace, perché Corinto avendo un porto c’era sia un traffico commerciale che uno scambio culturale. C’erano molti intellettuali e ognuno cercava di proporre la propria idea, per cui c’era una sorta di presunzione e arroganza. Corinto era diventata una città “aperta” che se si voleva offendere una donna la si apostrofava con Corinzia che significa prostituta.

Capite allora? La comunità di Corinto subisce tutte queste influenze culturali, anche nella comunità di Corinto si era insinuato il virus dell’orgoglio e della presunzione. Tanti gruppi l’uno contro l’altro. La comunità era quindi in difficoltà. Paolo sente il bisogno di richiamare la comunità alla centralità di Cristo, elaborando “la teologia dei carismi”.

C’è il versetto 7 che non fa parte della lettura di oggi, che dice che ad ogni persona Dio ha dato un dono, un carisma, da chàris che significa grazia. Però Paolo dice che i carismi sono per la comunione della comunità, e se uno utilizza il carisma per se e non per la comunità il suo carisma è diabolico, cioè divisivo. Ecco perché Paolo dice che il carismi più grande è l’Agàpe, la carità, i greci utilizzano tre vocaboli per definire l’amore. Quando parlano dell’amore di coppia utilizzano il verbo erotao da cui viene eros, quando parlano dell’amicizia usano il verbo philèô, quando parlano dell’amore senza pretese, asimmetrico usano il verbo Agapàô. Dio è agape, lo ha capito molto bene il discepolo che Gesù amava, affermando che Dio è amore e dove c’è l’amore c’è Dio. Per cui la strada per entrare in comunione con Dio è l’amore. Se io non amo dice l’inno alla carità sono fuori dalla relazione con Dio, perché Dio è amore e dove c’è amore c’è la santità.

Vi do un esercizio spirituale da fare a casa: prendete l’inno alla carità e sostituite la parola carità con Cristo e comprenderete che Cristo è la carità di Dio. Gesù è l’agape. Quando sono diventato Vescovo mi sono interrogato su quale motto scegliere, e alla luce di tante considerazioni ho scelto proprio questo un versetto di Paolo della seconda lettera ai Corinzi: “Caritas Cristi urget nos”, dove ugert traduce un verbo greco che ha nove significati. Uno di questi mi piace molto: la carità di Cristo ci abbraccia, ci avvolge, ci coinvolge. Ecco, quando ci sentiamo avvolti dallamore di Cristo la nostra vita non può che diventare agape. 

Ecco allora quale deve essere il paradigma della nostra vita: Un’esistenza agapica che ha sperimentato l’amore di Dio e che si fa amore per gli altri. Tutta l’esperienza di San Francesco da Paola è stata un’esperienza agapica. Francesco da Paola, di cui porto il nome, e ne sono molto contento, aveva capito che l’esperienza fondamentale del cristiano era la carità. L’altra parola che vi affido è Umiltà. San Francesco da Paola fu una persona umilissima! Non si può vivere la carità senza umiltà.

L’umiltà è al tempo stesso condizione e frutto della carità. Nel Vangelo di Matteo abbiamo ascoltato la preghiera di Gesù: “Ti rendo lode o Padre perché hai nascosto questa cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” è l’umiltà che purifica l’io da ogni arroganza e presunzione! 

In questa festa di San Francesco da Paola non dimentichiamo che la Calabria è una terra Santa, di Santi, e non solo una terra santa. 

Riscopriamo la santità e i grandi testimoni del Vangelo innamorati di Cristo, della Calabria. Invito tutti a chiedere al Signore il dono della Santità. Oggi diciamo al Signore: Fa che diventiamo santi come San Francesco da Paola. La santità come obbiettivo della nostra vita.

   Francesco Savino