
XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno A)
Ez 33,7-9; Sal 94; Rm 13,8-10; Mt 18,15-20
6 Settembre 2020
L’evangelista Matteo nel capitolo 18° raccoglie diversi insegnamenti di Gesù riguardanti la comunità segnata da conflitti interpersonali e da rivalità tra autorità e credenti.
Ciò che emerge nella pagina del Vangelo di questa Domenica è la misericordia, assolutamente necessaria nei rapporti comunitari. Un fratello che ha commesso una colpa non può essere lasciato solo: la Chiesa si fa carico dell’errore e soccorre chi ha sbagliato. E lo fa seguendo la modalità di tre livelli di risoluzione: “per primo si fa prossima nella singolarità di intervento di un fratello, poi nella credibilità di due o tre testimoni e infine attraverso la pienezza dell’intera comunità” (Luca Saraceno).
L’ammonizione di un fratello che ha sbagliato contro qualcuno non può essere né banale né superficiale. È un’arte che richiede l’umiltà nell’intelligenza, la prudenza nella libertà, la pazienza nel discernimento, l’amabilità nella franchezza, la parsimonia nella parola, la discrezione nella correzione. Come dice l’apostolo Paolo, per correggere l’errore di un fratello, occorre farlo “secondo la verità nella carità” (Ef 4, 16).
Il profeta Ezechiele dice che il Signore ci ha posti “come sentinelle” (cfr.Ez 33,7) per ammonire i fratelli che commettono iniquità; a noi, cristiani, secondo san Paolo, è affidato “il ministero della riconciliazione”(2Cor 5,19). Nella lettera ai Romani abbiamo ascoltato che l’apostolo invita ad essere gli uni gli altri debitori “nell’amore vicendevole” perché, al di là di ogni prassi, c’è la carità “pienezza della Legge”.
Ogni ammonizione non è per la morte spirituale di qualcuno o per la condanna ma per la sua riconciliazione con la comunità. Riprendere un fratello in errore è in vista del suo reintegro in quanto ha, come ragione speculare, il voler “guadagnare Cristo” (Fil 3, 8). Nella comunità cristiana il dovere di correggere un fratello scaturisce dal fatto che siamo stati guadagnati dall’amore di Cristo. Colui che si perde riguarda l’intera comunità: sciogliere, attraverso la parola di riconciliazione, i legami col peccato, significa ritessere i vincoli di amicizia, e ciò è incombenza di tutti. Siamo tutti responsabili dello scioglimento delle catene inique (cfr. Is 58,1).
L’effetto della riconciliazione che avviene in una comunità cristiana è la sinfonia dello stare insieme (v.19). Chi si raduna attorno a Gesù Cristo emette una melodia, l’intesa celebra l’accordo. Ecco la differenza sostanziale tra un club e la Chiesa che viene convocata nel Nome di Gesù Cristo.
Gesù è venuto a chiamare i peccatori, a sedere alla mensa dei pubblicani, a cercare i maledetti, gli insalvabili, a farsi toccare dall’impurità delle donne marchiate come adultere.
Chiediamo al Signore di cercare sempre la riconciliazione, senza condannare nessuno, e di imparare a custodire la fraternità che è la credibilità di ogni annuncio di fede.
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino
(foto di Gianfranco Longo)