Omelie

XXX Domenica del Tempo Ordinario 29 Ottobre 2017


XXX  DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO [SCARICA]

29 Ottobre 2017

 

Continuano le controversie fra Gesù e i suoi oppositori. I sadducei, cioè i sacerdoti (cfr. Mt 22, 23), i farisei (cfr. Mt 22, 15) estremamente legati alla Torah, alla Legge, gli erodiani, partigiani di Erode: tutti vanno da Gesù, mentre si trova nel tempio, per porgli delle domande e coglierlo in contraddizione con la fede di Israele. Vogliono a tutti i costi “bloccare” Gesù, le sue parole, i suoi gesti e cercano il modo per condannarlo procurandogli la morte. Gesù è consapevole di vivere i suoi “ultimi giorni” nella città santa di Gerusalemme.

Nella pagina del Vangelo di questa XXX Domenica del Tempo Liturgico Ordinario entrano ancora in scena i farisei e, tra di loro, un esperto della legge, oggi diremmo un teologo, “lo interroga per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».

La domanda è pertinente perché la Torah aveva ormai assunto un posto centrale nella rivelazione scritta: il Pentateuco, i primi cinque libri della bibbia, erano i più studiati e meditati. I rabbini, oltre alle dieci parole date da Dio a Mosè (cfr. Es 20, 2-17; Dt 5, 6-22), avevano individuato 613 precetti, che rendevano la vita del pio ebreo “blindata”, qualcuno dice “oppressa”.

Rabbi Simlaj disse: “Sul monte Sinai a Mosè sono stati enunciati 613 comandamenti: 365 negativi, corrispondenti al numero dei giorni dell’anno solare, e 248 positivi, corrispondenti al numero degli organi del corpo umano … Poi venne David, che ridusse questi comandamenti a 11, come sta scritto [nel Sal 15] … Poi venne Isaia che li ridusse a 6, come sta scritto [in Is 33,15-16] … Poi venne Michea che li ridusse a 3, come sta scritto: ‘Che cosa ti chiede il Signore, se di non praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio?’ (Mi 6,8) … Poi venne ancora Isaia e li ridusse a 2, come sta scritto: ‘Così dice il Signore: Osservate il diritto e praticate la giustizia’ (Is 56,1) … Infine venne Abacuc e ridusse i comandamenti a uno solo, come sta scritto: ‘Il giusto vivrà per la sua fede’ (Ab 2,4; cf. Rm 1,17; Gal 3,11)” (Talmud babilonese, Makkot 24a).

E’ chiara l’esigenza di semplificare i precetti della legge al comandamento che meritasse il primato. Con la risposta che dà al dottore della legge, Gesù non si pone all’interno di questa casistica ma va al fondamento della vita del credente. Infatti dice: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo, poi, è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti.

Gesù afferma che l’amore di Dio e l’amore del prossimo sono in una relazione indissolubile: la legge e i profeti sono ricapitolati nell’amore di Dio e del prossimo. Mai l’uno senza l’altro. Egli assume una posizione chiara e coraggiosa e lo fa con l’autorità di chi vive costantemente quanto dice. L’evangelista Giovanni, il discepolo amato, riprendendo l’insegnamento del Maestro scrive: “Se uno dice: «io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da Lui: «chi ama Dio ami anche suo fratello»” (cfr. 1 Gv 4, 20-21).

Dio va amato amando come Lui ama.

L’amore per gli altri è ciò che rende vero il nostro amore per Dio. E gli altri da amare non vanno selezionati, gli altri sono tutti.

Gli altri, come leggiamo nel libro dell’Esodo, sono i forestieri, oggi gli immigrati , i rifugiati, i profughi, le vedove e gli orfani.

Dobbiamo ammettere che “La cultura occidentale nel suo definire l’uomo un animale razionale, sociale e mortale soggetto al rischio della volontà di potenza, della libidine della merce e della dittatura dell’istante che induce, in nome del potere e del dovere, a consumare tutto e subito, a dimenticare passato e futuro, ha tralasciato un termine importante: amore. È un dato di fatto che il vocabolario dell’amore raramente figura tra gli elementi costitutivi e identificativi della persona umana e della convivenza umana” (Giancarlo Bruni). “Questo vuol dire allora che il centro della realtà per noi, il centro dell’essere umano, il centro della convivenza con gli altri, normalmente nell’occidente non è stato pensato nel segno dell’amore” (R.Mancini).

Siamo chiamati a fare dell’amore verso Dio e verso il prossimo il filo d’oro da cui dipende la vita.

Un apoftegma dei padri del deserto narra che abba Serapione, incontrato un giorno un povero intirizzito dal freddo, si sia denudato per coprirlo con il proprio abito e che, incontrato un uomo che veniva condotto in prigione per debiti, abbia venduto il suo vangelo per pagare il suo debito e sottrarlo alla prigione. Tornato nella sua cella nudo e senza vangelo, a chi gli chiese: “Dov’è il tuo vangelo?”, rispose: “Ho venduto colui che mi diceva: ‘Vendi quello che possiedi a dallo ai poveri’”. Il comando diviene grazia, la pagina diviene vita, lo “sta-scritto” diviene relazione umana (cfr. Luciano Manicardi).

Chiediamo allo Spirito Santo di donarci l’amore verso Dio e verso gli altri. E così ciascuno potrà davvero amare se stesso.

Buona Domenica.

    Francesco Savino