Caritas Diocesana

I giovani del servizio civile della nostra Diocesi presenti all’incontro in ricordo di don Peppe Diana e diSan Massimiliano Di Tebessa


11 E 12 MARZO 2024: I GIOVANI IN SERVIZIO CIVILE DA TUTTA ITALIA SI INCONTRANO IN RICORDO DI DON PEPPE DIANA E DI SAN MASSIMILIANO DI TEBESSA.

 

Alla vigilia del XVII Incontro nazionale dei giovani in Servizio Civile, organizzato dal TESC (tavolo ecclesiale sul servizio civile), in ricordo di San Massimiliano di Tebesca, i tantissimi volontari e volontarie del servizio civile universale, provenienti dalle Caritas diocesane di tutta l’Italia, sono stati ospitati dalla parrocchia di San Nicola di Bari, a Casal di Principe (CE), nella Diocesi di Aversa. È il luogo in cui Don Peppe Diana, per amore del suo popolo, fu assassinato esattamente 30 anni fa dalla camorra.

 

 

Una Chiesa gremita di giovani che, proprio come fece Don Peppe, hanno scelto di mettere la loro vita a servizio della comunità. Sua Eccellenza mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa, afferma che: “i giovani di servizio civile sono la rinascita del popolo. Essere a servizio in forma attenta e porsi con sapienza al dialogo porta ad essere fermento tra i cittadini stessi e le istituzioni, combattendo per il bene comune”. Continuando, Don Francesco Della Monica, delegato Servizio Civile Caritas Campania, usa il termine bellezza riferendosi alla scelta di ogni singolo giovane.

Ad accompagnare la testimonianza di Don Franco Picone, Parroco della Chiesa San Nicola di Bari, le note della canzone del maestro Roberto Vecchione, “sogna ragazzo sogna”. Il 19 marzo 1984, alla domanda “Chi è Don Peppe Diana?”, posta dal Killer, Don Peppe rispose “Io”. Don Franco prosegue illustrando gli aspetti salienti della vita di Don Peppe.

“Don Peppe amministrava il primo sacramento che era quello dell’incontro, proprio come un vero amico si caricava dell’altro. Per lui questo incontro significava responsabilità e con lui non si doveva fingere. Aveva la passione dello scontro, ma amava la riconciliazione. Non censurava mai le contraddizioni che ogni singola persona si porta dentro. Lui riusciva a far mostrare la realtà di questa contraddizione, la quale non viene censurata da Dio”. Con il suo carattere focoso poteva dare l’impressione di essere superficiale, continua Don Franco, infatti, nel suo profilo vocazionale scrisse che molto spesso le persone pensano che lui non sia un prete serio perché amava fare “cose strane”.

“L’impatto sul cuore dei giovani è il suo secondo aspetto. Lui viene collegato alla camorra e alla cattiveria che ha ricevuto ma aveva il sacramento forte della sua vocazione. È importante unirlo alla sua vocazione, ha imparato a congiungere la sua storia con il suo territorio. Sapeva che non poteva fare il prete come in un altro paese. La pastorale doveva avere uno sguardo attento al territorio, cercare di essere vigile a quello che succedeva e, soprattutto, ad ogni singola persona.

Il terzo aspetto: essere sentinella. Don Peppe ha saputo guardare ogni pericolo, lo intercettava e avvisava gli altri. A Casal di Principe, in quei tempi, non si poteva camminare liberamente, i clan seminavano solo morti e avevano il controllo sopra ogni cosa. Don Peppe, pertanto, inizia a fare le prime mosse con i suoi primi incontri in parrocchia e anche le prime marce per il Paese e, per lui, piano piano, inizia a crearsi un ambiente non favorevole. Ma era certo che il suo colletto fosse il suo giubbotto antiproiettile; perciò, inizia a manifestare quello che è realmente la camorra e, da qui, diventa sentinella del territorio. Inizia a diventare profeta cioè colui che dice cos’è bene e cos’è male”.

In conclusione, Don Franco, alla domanda “In che cosa si riassume la figura di Don Peppe?”, risponde: “Non si può amare senza essere eccessivi. Il suo carattere è stato strumento per poter dire sogna ragazzo. Perché nella fabbrica della rassegnazione dove viviamo c’è speranza”.

Passando la parola al Direttore della Caritas Italiana, Don Marco Pagniello, ai giovani presenti, dice di essere testimoni credibili. Di essere persone che testimoniano non solo con le parole, ma anche con la vita. Le scelte arrivano da un discernimento, arrivano da cosa Dio ci sta chiedendo. Non c’è bisogno di essere eroi, basterebbe il coraggio di denunciare e di fare delle scelte. Avere il coraggio di dirsi la verità, scendendo in campo per fare la nostra parte, per essere dalla parte dell’autenticità. C’è pace vera, se c’è legalità. Le disuguaglianze sono frutto di ingiustizia e dietro le ingiustizie c’è illegalità. Ciascuno di noi possa fare la differenza con piccole cose. Afferma: “un mondo più giusto si può realizzare. Sogniamo insieme un sogno comune nel credere in quello che Don Peppe credeva e annunciava con le parole”.

Il servizio civile deve essere una scelta per dire sto da questa parte, dalla parte dei più piccoli di chi ha bisogno di me. Vi viene chiesto di essere cittadini, di essere il primo segno di questa conversione, di essere innamorati della nostra città. E allora ditelo: “Io ci sono, voglio fare la mia parte!”.

I giovani, al termine dell’incontro, sono andati in processione a rendere omaggio, nella sacrestia dove venne ucciso, a Don Peppe, un uomo morto per amore del suo popolo.

La seconda giornata, dedicata a San Massimiliano di Tebessa, Protettore dell’obiezione di coscienza e del servizio civile, si è svolta a Scampia di Napoli, presso l’Università Federico II, sul tema dell’incontro, indicato da Papa Francesco, “Intelligenza Artificiale e Pace”. Come da rito, la giornata si è aperta con la lettura degli Atti di San Massimiliano, facendo memoria con una pagina di storia.

Partendo dalle parole del Papa, “l’Intelligenza Artificiale è uno strumento per cui impadronirsi”, il docente Guglielmo Tamburrini continua affermando che può essere usata e utilizzata in tantissimi ambiti. Sottolineando che, l’Intelligenza Artificiale, come tutti gli strumenti potenti, è “un’arma a doppio taglio”.

L’Intelligenza artificiale si basa sull’idea che l’uomo può far imparare ad un sistema una grande quantità di dati nello svolgere un qualsiasi compito, purché abbastanza definito.

Tutti parlano di Intelligenza artificiale, ma la domanda su Intelligenza artificiale e Pace ricade esattamente sull’uomo, l’uomo è un essere naturalmente tecnico.

La Docente Marta Bertolaso pone una domanda ai giovani: “perché secondo voi ci sono tensioni riguardo a questo tema? Sembra paradossale che ci troviamo a temere, nella nostra quotidianità, le implicazioni sull’uso di qualcosa che siamo noi stessi a generare”.

Continua dicendo che, per la macchina, il silenzio è mancanza di dato, un dato come tutti gli altri, mentre per l’uomo, che ha un corpo, no! è un messaggio.

Noi possiamo fare tante cose in cui le macchine ci sostituiranno, ma il modo in cui entra il tema dell’intenzionalità, non è incompatibile con il tema dell’imperfezione.

Concludendo, la professoressa Bertolaso si rivolge ai giovani dicendo: “io credo che non sopravviveremo a noi stessi, se l’obiettivo è andare in giro per il mondo, perché non sappiamo salvare questo pianeta. Perché vuol dire che non abbiamo un’idea di noi stessi adeguata, a capire e a vivere il senso che il Papa chiama, il senso del limite. Un limite inteso come il rispetto filosoficamente chiamato come la dimensione insatura dell’essere umano. Noi siamo aperti per natura perché siamo vivi e siamo vivi umanamente, in virtù di libertà, sensibilità, valori ed intelligenza che non è solo computo”.

Nel concludersi della giornata, i giovani, in marcia, si sono diretti, percorrendo le strade di Scampia, presso la Chiesa di San Giuseppe Moscati. Ad accoglierli sono state le giovani voci del Coro Interetnico Millecolori. La Messa è stata presieduta da S. E. mons. Domenico Battaglia, Arcivescovo di Napoli. Le sue parole, per i giovani, sono state: “La vita non è mai stata facile, ma non è mai stata triste. La fede si rende credibile nel momento in cui la si vive sulla strada, perché e lì che si incontra la sofferenza della gente. Incrociando gli occhi della gente, si incrocia la speranza. Dobbiamo avere il coraggio di camminare la strada, di vivere la strada!”.

 

Laura Di Federico

Giovane in Servizio Civile