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Lettera di Mons. Savino agli operatori Pastorali della Diocesi


Lettera del Vescovo

agli Operatori Pastorali della Diocesi

nel giorno del mandato

Cassano all’Jonio, 31 Ottobre 2023

Veglia missionaria

 

 

Carissime e carissimi

collaboratori della gioia mia e del nostro popolo!

 

Vi definisco così, ricalcando le parole dell’Apostolo Paolo (cfr. 2Cor 1, 24), perché come lui il vescovo, i parroci e i sacerdoti non intendono «far da padroni sulla vostra fede»: il cammino sinodale esalta più che mai il contributo che voi date al fiorire della Chiesa e, così, al diffondersi della gioia. Seppure viviamo in un tempo tribolato e molti siano i motivi di dolore e di angoscia, il Signore risorto ci impegna a sperare: la gioia sorge nel buio, come la tremolante fiammella del cero pasquale che nella notte della Veglia di Pasqua in ogni chiesa promette un nuovo mattino.

 

Cristo è risorto! È veramente risorto! Ho posto l’accento su questa consapevolezza, alcuni giorni fa, concludendo una bella Assemblea diocesana. Ebbene, i vostri impegni parrocchiali, diocesani, associativi siano intrisi di questa luce nuova. Il mondo è cambiato, sebbene le notizie che ogni giorno prevalgono inducano a pensare che tutto vada verso il peggio. Certo, una lotta drammatica è in corso, ma voi avete scelto la parte giusta, mettendovi a servizio del Regno di Dio, cui dedicate il vostro impegno, sebbene in circostanze umili, ma comunque sempre degne d’amore. Fate sì che l’intera vostra vita sia ridisegnata da ciò che annunciate nel tempo dedicato a edificare la comunità cristiana. Siate coerenti, ma soprattutto – questo è ancora di più – siate lieti in ogni cosa. La coerenza è uno sforzo, necessario e generoso; essere lieti è invece un dono da ricevere e da condividere, che cresce solo se scambiato. La gioia è il profumo del Risorto. Desideriamola, chiediamone in abbondanza allo Spirito Santo.

 

Voi sapete che il 4 ottobre scorso, nella festa di San Francesco d’Assisi, ottavo anniversario di promulgazione dell’enciclica Laudato si’, papa Francesco ha indirizzato all’intera umanità un’accorata Esortazione Apostolica dal titolo “Laudate Deum”. Il contenuto e il tono di quel breve documento, che vi raccomando di approfondire, ci impegna a far penetrare in ogni gesto pastorale una radicale e urgente attenzione al creato. Ne siamo parte. Ne siamo custodi. Ogni volta che professiamo la nostra fede ripetiamo quasi inconsapevolmente: «Credo in un solo Dio, Padre, Onnipotente Creatore del cielo e della terra». Sono parole che aprono i nostri occhi all’invisibile. Sono parole che anche illuminano la bellezza del visibile. Eppure, molte abitudini in cui ci siamo adagiati hanno conseguenze devastanti sul clima, sulla biodiversità, sul destino di popoli interi e di specie animali e vegetali preziosissime nell’armonia del cosmo. Occorre un sussulto di responsabilità che pervada la predicazione, la catechesi, la carità, gli stili di vita e – a partire da questa ecclesiale quotidianità – che divenga pressione sulle autorità e sulle potenze di questo mondo. Quello che con autorità apostolica il Papa ci chiede è di mettere in moto una rivoluzione dal basso, nonviolenta, ma vera. Ci chiede di vedere e di giudicare lo stato delle cose, di rompere con le comodità e le complicità, di spingere il mondo in una direzione più giusta. Troveremo forse molti nostri contemporanei che avevamo smarrito: li troveremo come compagni di viaggio e di lotta. Si tratta del Regno di Dio, non di piccole questioni di quaggiù: è il Cielo ad affidarci la terra; è la contemplazione a orientare l’azione; è l’incarnazione del Figlio di Dio a rovesciare dai troni i potenti e a infondere agli umili un nuovo coraggio. Vi prego di entrare in questa missione con gioia, non fingendo di non avere ascoltato. È un accento nuovo, certo: siamo o non siamo un popolo in cammino? Riprendiamo le attività con questa priorità ben in mente.

 

L’Assemblea diocesana ha non solo approfondito, ma anche esercitato il discernimento comunitario. È un’arte che stiamo imparando. Uno dei punti di maggiore convergenza fra le nostre comunità riguarda l’emergenza educativa. Vorrei che la parola ‘emergenza’ fosse compresa in senso non allarmistico: ‘emergere’ è un bel verbo e ci aiuta a capire che quando i nostri adolescenti e giovani ci spiazzano, ci preoccupano, ci scandalizzano, viene a galla qualcosa da riconoscere. ‘Emergenza’ è allora il contrario di omertà, di ipocrisia, di indifferenza: c’è un grido, magari scomposto e maleducato, che va accolto. Solo se rimanesse sommerso dovremmo avere paura. Si può fare qualcosa, si può servire ancora, si può ristabilire un rapporto. La Chiesa deve facilitare ciò che facile non è: mettere i piccoli al centro. Spesso il prete non sa farlo da solo, come nemmeno riescono da soli i genitori. Occorre una comunità che si mobiliti e servono pionieri dell’incontro. Saper avvicinare un adolescente è un dono. Farsi accogliere in una compagnia di giovani è un talento. Certamente, quello dell’ecologia integrale è un terreno di incontro con la sensibilità di molte ragazze e ragazzi: invece di distruggere, costruire; invece di abbruttire, rendere bello; invece di abbandonare, prendersi cura di pezzi di campagna e di città. Dentro e fuori le scuole si può fare molto. Papa Francesco ci ricorda che la realtà si capisce meglio dalle periferie che dal centro: questo significa che dare ai nostri ragazzi la parola è importante. Essi hanno sulla Chiesa un pensiero, come lo hanno sulle persone, sulle comunità, sulle notizie che ogni giorno riceviamo. Lasciamoci mettere in discussione dalla loro sensibilità. Nelle conclusioni dell’Assemblea diocesana ho raccomandato che ogni comunità si verifichi, cercando di dare la parola a chi non la frequenta più, in particolare ai giovani. Usciamo dai nostri ruoli già impostati, favoriamo questi incontri, facciamoci anche aiutare da chi sa costruire ponti. In due parole: apriamoci! Usciamo!

 

Grazie, allora, per la vostra presenza, per ciò che fate, per la speranza che diffondete. Nessuno è perfetto, a parte il nostro Dio. Non ci è chiesta la perfezione, ma la conversione. E io, come vostro vescovo, sono felice e grato di camminare con voi, perché siete di aiuto alla mia conversione. Se persino un uomo anziano, come Nicodemo (cfr. Gv 3) e come me, può ancora rinascere, allora esiste davvero uno Spirito «che è Signore e dà la vita». E dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà.

Se presso la nostra Chiesa si avvertirà questa libertà, molti a proposito della fede cristiana si ricrederanno. In questo Spirito, per intercessione di Maria Santissima, di cuore vi benedico!

 

                                    Vostro

                  don Francesco, Vescovo

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