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Messaggio di S.E. Mons. Francesco Savino sulla vita consacrata


Il suo nome è speranza 

E’ ormai constatazione generale che la vita religiosa sia in crisi. C’è chi considera tale momento un passaggio, un movimento da un equilibrio ad un altro, chi lo pensa come deterioramento di una condizione con conseguente instabilità o decadenza delle eventuali situazioni, chi turbamento di una pacifica condizione o comunque momento difficile, chi scelta o punto di svolta, chi discernimento, chi giudizio, chi tutto questo insieme!

Non mi fermerò ad individuare le cause della crisi della vita religiosa, perché non ne ho la competenza; né esprimerò il mio pensiero riguardo agli effetti che tale crisi ha generato nelle esperienze pastorali, spirituali, educative, istituzionali, ma anche economiche e sociali perché non è mia pretesa dare soluzioni. Mi porrò solo delle domande cercando delle risposte che possano continuare a mantenere salda, nonostante tutto, l’ essere della vita religiosa.

Innanzi tutto, ha un futuro la vita religiosa?

Una risposta c’è ed è già una prima grande certezza: la vita religiosa non può scomparire perchè è dono dello Spirito alla Chiesa, nasce nella Chiesa, cresce nella Chiesa ed è tutta orientata alla Chiesa, fa parte della vita della Chiesa e della sua santità. Papa Francesco, a conferma di ciò, in un TED talk tenuto sulla vita religiosa, non ha esitato ad affermare che la vita religiosa ha un futuro e questo futuro ha un nome e il suo nome è speranza!

I religiosi, per la verità, si sono sempre preoccupati del futuro e soprattutto nutrendolo di grandi speranze. A cominciare già dal fervore che seguì il Concilio Vaticano, in cui si guardava entusiasticamente ad un futuro da “suono di campane a festa” investendo, però e purtroppo, le risorse, in un avvenire basato molto su numeri, statistiche e proiezioni: “quante novizie, quanti ministeri, quante case, quante scuole, quanti ospedali” ecc., mettendo, in gioco la speranza, ma esaurendo energie creative e spirituali. Papa Francesco, sempre chiaro ed essenziale, ebbe a dire in un incontro che “fondatori e fondatrici non hanno mai pensato che sarebbero stati una moltitudine”. Stando così le cose ritengo necessario, individuare nuove prospettive, interrompendo per un istante la situazione del presente, per proiettarmi nell’ eventuale futuro attraverso flaschbeak che riportino la memoria alla rievocazione di avvenimenti, di episodi pionieristici dei primi albori della vita di un Istituto o di una singola persona, e “ricordare”… perché “la memoria è il sacramento della presenza”. Vedo utile entrare nel mistero della nostra memoria, a volte selettiva, a volte dolorosa, a volte nascosta. E’ necessario raccontarci e ancora raccontare le storie che ci hanno reso ciò che siamo: le nostre storie pionieristiche, le nostre storie di fondazione, le nostre storie di rinnovamento e conflitto: sono lì i semi di speranza di cui abbiamo bisogno, per seminarli nell’ oggi e riprendere il cammino verso il futuro.

Oggi più che mai, è necessario essere i veggenti della speranza perché le persone del nostro tempo sono alla disperata ricerca di speranza.

Il tempo per le grandi “imprese” o opere apostoliche è finito, oggi i religiosi sono chiamati a vivere con nobiltà di spirito, nella grazia e nel mistero della propria consacrazione, nutrirsi di speranza rimanendo saldi nella propria identità. Serve essere profeti, e per essere tali, le nostre vite devono testimoniare con evidente trasparenza, ciò che siamo e ciò in cui crediamo.

Anche il tempo delle parole è finito. Va cercato un nuovo modo di testimoniare, più comprensibile e accessibile per il nostro tempo che manifesti chiaramente i valori di una vita consacrata data in esclusiva a Dio. Sarebbe quasi una nuova chiamata apostolica, quella di offrire significato a un mondo sofferente, con il linguaggio non verbale di una vita che è profezia e che parli al mondo solo col semplice vissuto. La visione di questo tipo di profezia emergerà dalla narrazione della speranza radicata nell’anima dei nostri carismi. I religiosi, giovani o vecchi sono un popolo con una visione: la visione dell’amore e della compassione di Dio per tutti e per tutto il creato. Tale visione profetica risiede nei cuori, nelle mani e nei piedi, nei luoghi che si percorrono, nelle persone che si toccano, che si accompagnano, nelle preghiere che si recitano e parla di speranza nei luoghi vitali in cui i religiosi operano.

In questo tempo di profonda trasformazione in cui i confini, le mappe, il clima, il mondo, i movimenti migratori, il pericoloso avanzare della corrente transumanista ecc., tutto è in evoluzione, i religiosi, quali sentinelle del mattino, sono chiamati a scrutare l’orizzonte per individuare segni utili e più adatti per essere “visibili” in questo tempo, con la certezza che lo Spirito opera ovunque, in modo creativo, a volte estroso, ma sempre nuovo e originale.

Essi come i profeti, dovrebbero porsi in assiduo, attento ascolto di quello che lo Spirito dice al cuore, non importa quanto strano, doloroso o diverso sia, perché per essere le sentinelle della Chiesa in salita e in uscita, viene richiesto oltre l’impegno dell’ascolto contemplativo, anche il coraggio di lasciare il passato e andare dove lo Spirito di Dio suscita nuove intuizioni e cambiamenti per offrire al mondo la speranza per ripartire.

In tale dimensione di contemplativa riflessione si supereranno meglio le solite tentazioni che rendono miopi e offuscano la capacità di vedere il nuovo, per es. la tentazione della leadership, di continuare a occuparsi di compiti minori che sono importanti, ma non critici, della nostalgia di continuare a riavvolgere i video di quando eravamo abituati a, quando avevamo, o eravamo, o facevamo; ossessionati dai numeri in calo e dall’invecchiamento e concentrati solo su ciò che sta morendo.

La speranza a cui sono chiamati, sarà la spinta che inviterà i religiosi ad iniziare a notare con gioia soprattutto ciò che sta emergendo intorno; un esempio per tutti: l’ondata di migrazione religiosa attualmente in corso si va spostando dal sud al nord del mondo e ovviamente si differenzia dalle migrazioni missionarie dei secoli precedenti, perché va nella direzione opposta, ma che forse è quella giusta dell’oggi! Anche il centro di gravità della Chiesa si sta spostando verso sud del mondo e ciò ovviamente apre ampi scenari di evangelizzazione, osmosi di culture diverse, ricchezza originale di valori e quant’ altro ha sapore di nuovo, di coraggio per affrontarlo, di speranza da vivere.

Constatando ciò e sempre con l’aiuto dello Spirito, nasceranno le domande che guideranno la loro attenzione. Dov’è il bisogno? Dove siamo invitati a collaborare, creare reti, costruire ponti all’interno e attraverso la vita religiosa? Un passo alla volta nascerà quella spiritualità della capacità di notare e vivere piccoli atti significativi di compassione che sono i semi della speranza profetica, semi che vanno piantati, abbeverati e curati per restituire vitalità alla speranza stessa del futuro cosa fare per continuare il viaggio verso la speranza? Questo lavoro richiede un sano protagonismo. I religiosi e le religiose soprattutto, hanno ricoperto per secoli, ruoli di guida in istituzioni, ministeri e nella pastorale. Questa è la nostra eredità. La storia è la prova che si può essere protagonisti nella Chiesa e che si può cogliere tale opportunità per tessere solidarietà, seminare speranza facendo semplicemente ciò che lo Spirito ispira servendo il nostro carisma accanto a chi ci viene affidato e guidandolo verso una visione di speranza, convocando, sostenendo, invocando, invitando, raccogliendo, incoraggiando. Si tratta di avere l’audacia di testimoniare come “chiunque si assume la responsabilità di trovare il potenziale presente nelle persone e nei processi e ha il coraggio di iniziare a sviluppare quel potenziale.” Spinti sempre, incoraggiati e aiutati in questa avventura, dalla Parola di Gesù perché la vera forza non nasce dal possedere attitudini o cose, dall’ essere bravi o altro, ma nasce dall’ aver incontrato una Persona, Gesù e che con Lui non si è mai soli sulla barca della storia. Sulla sua Parola nascerà il coraggio di gettare le reti, non nella nostalgia del passato, ma per pescare il nuovo che lo Spirito suggerirà e con cui restituiremo speranza al mondo.

2 febbraio 2024 
Giornata della vita Consacrata 

 ✠   Francesco Savino