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Vescovo e don Calvosa festeggiano il loro “Eccomi”


 IMG_7740II Anniversario Ordinazione Episcopale [SCARICA]
 di mons. Francesco Savino

  XXV Anniversario di Sacerdozio
di don Vincenzo Calvosa 

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Trebisacce, martedì 2 maggio 2017

 

 

 

 

celebrazione_trebisacce La Chiesa, ieri come  oggi, è chiesa di martiri. Nella liturgia della Parola, abbiamo ascoltato il martirio del primo cristiano, santo Stefano, del quale parlano gli Atti degli Apostoli. Come dice Papa Francesco, “Quest’uomo non aveva fame, non aveva bisogno di pane, di andare al negoziato per sopravvivere” ma “dà testimonianza di Gesù” fino al martirio. “Stefano era pieno dello Spirito Santo e parlava con la saggezza dello spirito: era forte”, e tutti quelli che discutevano con lui non riuscivano a resistere alla sua sapienza e allo spirito con cui egli parlava. Ed è per questo che “istigarono alcuni perché dicessero di averlo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio, e dare falsa testimonianza”. Con queste false accuse “sollevarono il popolo, gli anziani, gli scribi: gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio”.

La vicenda di Stefano segue puntualmente quella di Gesù: falsi testimoni sono utilizzati per sollevare il popolo e portarlo al giudizio di condanna. I suoi accusatori non vogliono ascoltare Stefano che, con la forza dello Spirito, dice: “testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, non avete il cuore e le orecchie della fede in Dio”. Con grande coraggio, egli dice loro che oppongono resistenza allo Spirito Santo e che il loro comportamento è simile a quello dei loro padri, che avevano perseguitato e ucciso tanti profeti  fedeli a Dio.

Quando Stefano “pieno di Spirito Santo […] vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e confessò quello che vedeva”, si scandalizzarono, gridarono a gran voce, si turarono le orecchie e “si scagliarono tutti insieme contro Stefano, lo trascinarono fuori dalla città e si misero a lapidarlo”. Egli intanto pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito” e aggiungeva: “Signore, non imputare loro questo peccato”.

In questi nostri giorni, ci sono tanti  fratelli e sorelle sgozzati sulle spiagge della Libia, tanti bambini sepolti vivi in fosse comuni ad Aleppo, in Siria, tanti bambini e adulti uccisi dalle armi chimiche, tanti cristiani copti uccisi in Egitto, tanti migranti sepolti nel Mediterraneo e in mari divenuti cimiteri liquidi. Tante sono le vittime del terrorismo che si fa passare per scontro di civiltà. L’elenco dei martiri si allunga fino a comprendere tanti fratelli e sorelle cui non è riconosciuta neanche la dignità della cronaca.

Chi dà la forza ai martiri di tutti i tempi di sopportare prove ed atrocità inesprimibili? Certamente è una forza “dall’alto” che diventa “pane per la vita” che è il Cristo.

Nel Vangelo di Giovanni, appena ascoltato, ai giudei che chiedono un segno ulteriore per passare dal vedere al credere dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù risponde: la manna fornita da Mosè per diversi giorni non era né dono di Mosè né “pane per al vita” . Il pane che ora il Padre dona, discende dal cielo e dà la vita al mondo. Non è un cibo, ma una Persona, “Colui che discende dal cielo” è Gesù che dà la vita al mondo. Colpiti da questa affermazione i presenti dicono: “Signore, dacci sempre questo pane”. Gesù allora esplicita la sua identificazione con il pane che discende dal cielo: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”. Egli dice di volere essere mangiato come pane, perché chi mangia Lui è orientato verso la vita eterna.

Nel difficile momento storico che viviamo, abbiamo urgente bisogno di “mangiare questo pane”. Annunciare Gesù e il Suo Vangelo è il compito di noi cristiani. E’ il compito primario sia mio, che oggi ricordo il secondo anniversario della mia ordinazione episcopale, sia tuo, caro don Vincenzo, che ritorni all’“eccomi” pronunciato venticinque anni fa con il quale dichiarasti di essere pronto a mettere la tua vita intera al servizio di Cristo e del suo Regno. Fu qualcosa di più di una risposta ad un appello scolastico, si trattò della scelta della vita di chi, dentro la strada del Signore, si mette a Sua disposizione. Quella risposta che tu hai dato venticinque anni fa è la stessa di Abramo nel momento in cui il Signore lo chiamò al sacrificio di suo figlio. “Eccomi”, dice (Gen 22, 1). La stessa parola dice Samuele che il Signore chiama di notte. (1 Sam 3, 1-21). Quando sente Dio che dice quasi implorando “chi manderò e chi andrà per noi?”, Isaia risponde: “Eccomi, manda me!” (Is 6, 8).

All’inizio del ministero sacerdotale sta sempre questa prima parola del  rito dell’Ordinazione che significa   essere sempre a disposizione di Dio e tradurre, giorno dopo giorno, questa parola.

Caro don Vincenzo, questa sera ripetiamo insieme quasi litanicamente: “eccomi Signore, sono a Tua disposizione, fa’ di me l’epifania del tuo amore per la Comunità che mi è affidata”. E aggiungiamo il “magnificat” per cantare la lode al Signore e per la Misericordia con cui perdona le fragilità che sperimentiamo nel ministero.

Al mio rendimento di grazie aggiungo che questi due anni sono stati vissuti con grande intensità interiore e sono volati. Sorpresa e stupore hanno accompagnato i miei giorni con una certezza: se il Signore mi vuole Vescovo della Diocesi di Cassano all’Jonio, la Sua grazia non viene mai meno, mi fa sentire l’abbraccio del Suo amore tutto speciale che mi porta a dire con entusiasmo, questa sera, dinanzi a voi, carissimi confratelli, e popolo di Dio: sono sempre più disponibile a donare senza riserve la mia vita per ciascuno e per tutti, senza risparmiarmi, consapevole che appartengo a Cristo, il Pastore bello, e a tutti voi.

Essere Episcopus, etimologicamente “sorvegliante”, significa per me essere nella disposizione d’animo di Cristo, custodire la proprietà di Dio, averne cura, lottare affinché altri non si impossessino delle persone che sono nella Chiesa, affinché non dominino i nostri pensieri e i nostri desideri ma resti presente la Sua luce, e sempre e di nuovo si palesi agli uomini la Sua strada (cfr. Benedetto XIV, Il servizio episcopale).

La Chiesa non è mia, non è nostra, la Chiesa è di Cristo!

Ho  soltanto un grande desiderio: essere trasparenza di Cristo per tutti voi e portare tutti voi a Cristo.

   Francesco Savino

(Nella foto in evidenza, un momento dell’ordinazione episcopale di mons. Savino, avvenuta a Bitonto il 2 maggio 2015. Nelle altre foto, di Mariella Di Giuseppe, alcuni momenti della celebrazione odierna.)