Es 12, 1-8. 11-14; Sal 115; 1Cor 11, 23-26; Gv 13, 1-15
17 Aprile 2025
È “Giovedì Santo”! Messa “In Coena Domini”!
Ci abiti lo stupore, mai l’abitudine! Due segni si impongono in questa celebrazione: la lavanda dei piedi e la spoliazione dell’altare.
Con Giuseppe Florio, Presidente del Progetto Continenti, sento di dire: “Il Giovedì Santo è il grande giorno della fraternità. Non c’è bisogno di dimostrare che diventare fratelli è il compito più difficile della nostra vita e del mondo intero. Non a caso, Gesù, nell’ultima cena (l’Eucarestia) ha chiesto che il dono che ha fatto di se stesso diventasse memoria viva e costante tra i discepoli; non a caso ha lavato i piedi senza nulla chiedere in cambio”.
Nel Giovedì Santo siamo, come amici di Gesù, interpellati da due domande radicali: È possibile diventare fratelli? È possibile amare gratuitamente?
Constato con amarezza che in questa nostra contingenza storica e culturale ci sono molti che si sono rassegnati al fatto che ogni uomo possa essere lupo per l’altro uomo e che al massimo ci conviene diventare dei lupi benevoli. Quante volte, purtroppo, anche negli ambiti educativi, ci è stato detto che la competitività dev’essere la regola, non solo della nostra vita, ma anche della società e dell’economia. La legge del più forte!
Il triduo pasquale a partire dal Giovedì Santo rivisita criticamente la nostra esperienza umana concreta, con tutte le sue contraddizioni e i suoi paradossi, aiutandola ad essere più autenticamente vera.
Entrando con emozione in quell’ultima cena di Gesù voglio fermarmi soltanto a contemplare, conversando con il primo versetto del racconto:
“Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13, 1).
Di quale amore parla l’evangelista Giovanni? Ripercorriamo sinteticamente le varie dimensioni dell’amore che caratterizzano la vita di ogni uomo e di ogni donna.
Innanzitutto la “filia”, l’amicizia. Come è bello avere degli amici! L’amicizia, come sostiene San Giovanni Crisostomo, è un balsamo. Anche Gesù ha dato importanza all’amicizia, aveva degli amici. L’amicizia implica reciprocità: come sarebbe brutta e triste la vita senza amici!
C’è l’“eros”. È quell’amore che ci procura piacere. È collegato alla sessualità e alla corporeità. È quell’amore che si nutre del desiderio dell’altro e desidera unificarsi con l’altro.
E poi c’è l’“agape”. È l’amore gratuito, asimmetrico e incondizionato, che va oltre ogni reciprocità. È l’amore che Gesù ha vissuto e che ci propone. L’agape è l’amore, l’unico, che può risanare e riconciliare i rapporti inguaribili. Questo amore dobbiamo costantemente chiederlo allo Spirito, che può farci vivere un amore in sintonia con la gratuità dell’amore di Gesù.
La lavanda dei piedi è proprio il gesto che ci fa comprendere in che cosa consista l’agape.
“Chi ama non fa calcoli, non ricerca vantaggi; agisce nel segreto e gratuitamente per i fratelli, sapendo che ogni uomo, chiunque esso sia, ha un valore infinito. In Cristo non vi sono persone inferiori o superiori; non vi sono che membra di un medesimo corpo, che vogliono la felicità gli uni degli altri e che desiderano costruire un mondo accogliente per tutti. Con gesti di attenzione ed attiva partecipazione alla vita sociale, testimoniamo al nostro prossimo che lo vogliamo aiutare a diventare se stesso e a dare il meglio di sé, per la sua promozione personale e per il bene dell’intera comunità umana. La fraternità bandisce la volontà di potenza e il servizio bandisce la tentazione del potere.” (Giovanni Paolo II, Campo di Marte,21 agosto 1997)
Sostiene Giuseppe Florio: “I piedi sporchi non piacciono a nessuno, infatti in quel tempo erano i servi o gli schiavi che lavavano i piedi agli ospiti e ai padroni. È un gesto che indica chiaramente in che cosa consiste l’agape. È un gesto che, nella sua umiltà, può risolvere situazioni umane che sembrano senza via di uscita. Nel racconto si sottolinea che proprio Pietro non sembra entusiasta per quanto Gesù sta facendo, anzi rifiuta, quella lezione. Gesù non offre alcuna mediazione e risponde con decisione: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo» (v.7). Sì, dopo la croce e la resurrezione sarà più chiaro che siamo chiamati ad orientare tutta la vita al servizio. È il grande valore di un cristiano. E Gesù aggiunge: «Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica»”.
Che bello: il servizio rende la nostra vita beata!
Dare la vita come ha fatto Gesù. Ecco la comunità che Gesù voleva e vuole. Al termine della celebrazione del Giovedì Santo si compie il secondo segno: la spoliazione dell’altare. Gesù va risoluto verso l’ignominia della croce: non ci sono addobbi che tengano. Resta la nuda mensa. Resta il silenzio contemplativo e lo sconcerto di fronte alla violenza e alla morte del giusto.
Il messaggio del Giovedì Santo è radicalmente rivoluzionario e totalmente controcorrente.
Proprio per questo ho voluto fortemente vivere il Giovedì Santo nella Comunità per disabili mentali “Villa Sant’Antonio”, lavando a dodici di loro i piedi. Sono fratelli e sorelle “spoliazione di tutto”, segnati non soltanto dalla diagnosi sanitaria ma anche dal giudizio sociale: eppure sono proprio questi fratelli e sorelle che ci convertono a vivere autenticamente la Coena Domini e ci cambiano lo sguardo sulla vita. Sulla realtà!
Due domande come conclusione: abbiamo compreso che cosa ci propone Gesù con l’agape di cui la lavanda dei piedi è il senso più profondo? La Cena del Signore per noi è un semplice atto di culto o è la comunione con Colui che “ha dato se stesso per noi”?
Un augurio di un Giovedì Santo diversamente autentico.
✠ Francesco Savino