“La solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo riunisce in un’unica celebrazione Pietro –il primo discepolo chiamato da Gesù nelle narrazioni dei vangeli sinottici, la roccia della chiesa – e Paolo, che non fu discepolo di Gesù, né fece parte del gruppo dei dodici, ma che è stato chiamato “l’Apostolo”, il missionario per eccellenza. Gli scritti del Nuovo Testamento non raccontano la loro fine, ma un’antica tradizione li vuole martiri, nella medesima città, Roma, e nello stesso giorno, vittime delle persecuzioni contro i cristiani: due vite offerte in libagione a causa di Gesù e del Vangelo. I due apostoli sono così accomunati nella celebrazione liturgica, dopo che le loro vicende terrene li hanno visti anche opporsi l’uno all’altro: una comunione vissuta nella parresia evangelica e, proprio per questo, non sempre facile, anzi, sovente faticosa” (cfr. Enzo Bianchi).
Com’è importante, per noi chiesa di oggi, andare alle origini per farne non solo una semplice memoria ma una memoria che ci faccia cogliere l’inizio, la storia e l’oggi del nostro essere popolo di Dio in cammino.
Il Vangelo di Matteo, proclamato in questa Solennità, pone una domanda di senso, una domanda che non può non toccare la ragione e il fine del nostro essere cristiani.
“Gesù, giunto nella regione di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’Uomo?»”.
Sembra che Gesù avverta profondamente il desiderio di comprendere che cosa il popolo pensi di Lui, della Sua identità, della Sua missione.
I discepoli riportano alcune affermazioni che il popolo esprime su di Lui: “Alcuni dicono Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. Gesù dopo aver acquisito ciò che la gente pensa di Lui, pone la stessa domanda non più in maniera generica ma direttamente al cuore pensante dei discepoli.
“Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?»”.
È una domanda che interpella l’esistenza dei discepoli! Come sempre, in ogni situazione, Simon Pietro si assume la responsabilità di rispondere alla domanda del Maestro, di Gesù: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.
La risposta di Pietro è un condensato teologico-spirituale, preciso come confessione di fede!
Pietro ha maturato nella sua sequela l’identità di Gesù. Non è più un rapporto basato sull’umano, su una eventuale simpatia tra lui e Gesù, ma è una vera e propria testimonianza di fede in Gesù, come Figlio di Dio.
Gesù si congratula con Pietro per la sua dichiarazione di fede: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”. Gesù fa comprendere a Pietro che la sua confessione di fede non è solo il frutto di un ragionamento umano, ma è il risultato della rivelazione di Dio nei suoi confronti. Mi piace dire responsabilità e grazia!
Gesù affida a Pietro il compito di essere il responsabile/guida della comunità nascente, della Chiesa. Pietro avrà il compito che “tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.
Che grande responsabilità Gesù affida a Pietro!
Una responsabilità che continua oggi nella scelta del Vescovo di Roma che presiede nella carità tutte le chiese.
La domanda che viene posta ai discepoli viene posta oggi a ciascuno di noi: “Chi sono io per te?”.
Siamo chiamati a dare una risposta personale, frutto di un incontro con Gesù, che diventa l’accadimento più importante perché non solo cambia lo sguardo di chi lo incontra, ma diventa fondamento, ragione e fine della propria vita.
Gesù diventa il centro di gravità intorno a cui tutta la vita ruota!
Interessante e paradigmatica, a tal proposito, la riflessione del compianto Papa Francesco: “Chi sono io per voi, per te? – si capisce soltanto lungo una strada, dopo una lunga strada. Una strada di grazia e di peccato. È la strada del discepolo. Infatti Gesù a Pietro e ai suoi apostoli non ha detto: conoscimi! Ha detto: seguimi! E proprio questo seguire che ci fa conoscere Gesù. Andando con Gesù impariamo chi è Lui, impariamo quella scienza di Gesù. Conosciamo Gesù come discepoli. Lo conosciamo nell’incontro quotidiano con le nostre vittorie e le nostre debolezze. È proprio attraverso questi incontri che ci avviciniamo a lui e lo conosciamo più profondamente. Perché in questi incontri di tutti i giorni abbiamo quello che san Paolo chiama il senso di Cristo, l’ermeneutica per giudicare tutte le cose. Dunque seguire Gesù con le nostre virtù e anche con i nostri peccati. Ma seguire sempre Gesù!”
Preghiamo con Sant’Agostino:
Dimmi, ti prego,
Signore Dio mio misericordioso,
che cosa sei tu per me?
Dì alla mia anima:
“Io sono la tua salvezza”.
Dillo, che io lo senta.
Le orecchie del mio cuore, Signore,
sono davanti a te;
aprile e dì alla mia anima:
“Io sono la tua salvezza”.
Rincorrerò questa voce
e cosi ti raggiungerò;
tu non nascondermi il tuo volto.
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino