Il Vangelo di questa Domenica è veramente provocatorio, ma sappiamo che il Vangelo è sempre una provocazione.
È radicalmente provocatorio perché tocca un tema che ha sempre generato nei cristiani e tra i cristiani grandi problemi, discussioni, tentativi di accomodamenti: il possesso dei beni.
Gesù sta andando a Gerusalemme e lungo la strada gli vengono poste domande e non solo. “Maestro, dì a mio fratello che divida con me l’eredità”, è la domanda di un fratello in lite con un altro fratello. Desiderano una divisione equa dei beni che il padre aveva lasciato loro.
“La Legge stabiliva che alla morte di un soggetto proprietario di beni immobili, cioè terra e casa, l’eredità spettava al figlio maschio primogenito, così che il patrimonio non fosse diviso, spezzettato (cfr. Dt 21,17). Tuttavia agli altri figli era riservata una parte dei beni mobili. Nel nostro caso, per l’appunto, sembrerebbe che sia il figlio minore a chiedere a Gesù di intervenire perché sia onorato il suo diritto, probabilmente non riconosciuto dal fratello maggiore. Era sempre possibile, anzi era la norma ideale che i fratelli condividessero l’eredità, mostrando in tal modo di riconoscere la fraternità come un bene (cfr. Sal 133,1); ma non sempre ciò avveniva…” (Enzo Bianchi).
Gesù rifiuta nettamente di entrare nella contesa!
Lui non è un divisore, al contrario Egli è venuto a testimoniare la fraternità, a rendere fratelli i fratelli, ad insegnare la condivisione non la divisione.
Gesù coglie, comunque, l’occasione per affrontare quell’ostacolo mortale che è il possesso. Egli dichiara: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Per essere ancora più precisi Gesù dice di guardarsi dalla “pleonexìa”, che significa dall’“avere di più”, ma anche dalla cupidigia.
“Il problema è sempre lo stesso, la scelta da fare è tra un bieco realismo mondano che calcola, accumula, conserva, si assicura un ipotetico domani al riparo da rischi ed un sano realismo evangelico che ha presente l’oltre. Gesù mette in guardia dal primo atteggiamento ed il ricco di cui narra riceve dalle sue labbra un epiteto icastico: «Stolto!» (in greco àphron cioè “senza phrónis”, “senza intelligenza, senza saggezza”). Sì, il ricco della parabola è stolto perché fa dipendere la sua vita dai beni, si compiace dei suoi beni («Hai molti beni», dice il ricco parlando alla sua stessa vita!) ed affida loro tutto … crede che i beni gli custodiscano la vita. E non è così! Assolutamente non è così; il mondo lo crede ma è un inganno terribile! Il ricco dice alla sua vita quattro cose che il Signore aveva pur programmato per la sua creatura: «Riposa, mangia, bevi, godi!». Il Signore questo voleva per l’uomo, infatti i beni condivisi dovevano servire per questo ma per ogni uomo, per tutti gli uomini. Il ricco è però stolto perché crede che queste quattro cose le possa avere accumulando! L’accumulo diviene per il ricco addizione spropositata e per gli altri sottrazione senza pietà. Chi accumula crede di garantirsi il futuro e sottrae il presente a tanti altri! Nel sogno di Dio tutti devono poter riposare, mangiare, bere e godere, ma chi accumula ruba agli altri per riempire i suoi granai, anzi ne vuole di sempre più grandi perché la follia del possedere diventa una malattia invasiva dell’anima” (padre Fabrizio Cristarella Orestano).
Il ricco, per Gesù, è stolto, stupido, perché non ha compreso la verità più significativa della persona umana: siamo creature limitate e mortali.
Realisticamente dobbiamo essere consapevoli che la morte è dietro l’angolo di ciascuno di noi e quando bussa tragicamente alla porta di chi ha vissuto tutto il suo tempo per accumulare, resta una domanda senza risposta: “Quanto hai preparato, di chi sarà?”.
Opportunamente e sapientemente Qoelet nella Prima Lettura enumera tra le vanità assolute proprio l’accumulo dei beni.
La parabola si conclude con un ammonimento a chi “tesaurizza per sé e non arricchisce davanti a Dio”. Ecco la vera alternativa al possesso dei beni: arricchire davanti a Dio. Come? Il Vangelo ce lo dice ripetutamente: donando. Se vogliamo arricchirci davanti a Dio una strada c’è: Gesù che è la via, la vita e la verità.
Essere come Lui che “non ritenne una rapina il suo essere Dio ma spogliò se stesso” (Fil 2, 5).
È proprio vero, il Vangelo è duro e provocatorio, ma l’incontro con Cristo ci libera da ogni forma di possesso e ci fa guardare la vita con uno sguardo di dono che ci fa andare sempre oltre.
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino