Dopo la Festa di tutti i Santi, ecco oggi la commemorazione dei morti. Una memoria antica, forse la più antica memoria celebrata e vissuta dagli uomini. Celebrando la commemorazione dei defunti celebriamo il giorno della memoria della morte, della morte di ciascuno di noi.
La morte è il caso serio della vita! La grande certezza della vita. Se nasciamo, necessariamente dobbiamo morire. Ogni alba conosce il suo tramonto, ogni giorno conosce la sua notte! Una domanda di senso si impone ad ogni cuore pensante, ad ogni coscienza umana: la morte è la fine di tutto? O la morte è la fine ma il fine è la resurrezione, la vita eterna, il tempo senza fine?
“Le tre letture della liturgia della parola di oggi ci presenta Giobbe che proclama la sua fede nel liberatore, in Dio che egli vedrà al di là della morte, attraverso la sua carne straziata, quando questa carne si alzerà dalla polvere (cfr. Gb 19,23-27a). Paolo profetizza sulla resurrezione come uno stare sempre con il Signore. Nel vangelo Gesù afferma la volontà di Dio, volontà che si compirà: nessuno andrà perduto, e al di là della morte c’è la vita eterna (cfr. Gv 6,37-40). Dunque, un messaggio sulla morte che sta davanti a ciascuno di noi e a tutti i credenti” (Enzo Bianchi).
Una convinzione consapevole deve abitarci: “Gesù non ha mai promesso che i suoi amici non sarebbero morti. Per lui il bene più grande non è una vita lunga, un infinito sopravvivere; l’essenziale non sta nel non morire, ma nel vivere già una vita risorta. L’eternità è già entrata in noi molto prima che accada, entra con la vita di fede ( chiunque crede in Lui ha la vita eterna), entra con i gesti del quotidiano amore. Il Signore ci insegna ad avere più paura di una vita sbagliata che della morte. A temere di più una vita vuota e inutile che non l’ultima frontiera che passeremo aggrappandoci forte al cuore che non ci lascerà cadere” (Ermes Ronchi).
Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Niente e nessuno!
Se Dio è amore, ci libererà dalla morte. Dio non ci abbandona mai alle forze del male, della morte, perché nel figlio suo, Gesù, ha vinto la morte, per amore e soltanto per amore. Il Cantico dei Cantici ci fa cantare che forte come la morte è l’amore, e l’amore vince tutto. Questo deve bastarci. Dio ci salva, ci conserva nel suo cuore, ci custodisce.
Una preghiera per i defunti, forse la più bella, invoca: “Ammettili a godere la luce del tuo volto. I verbi della fede cedono ad un verbo umile e forte, inerme ed umanissimo: godere. La ragione cede alla gioia, la fede al godimento. L’eternità fiorisce nei verbi della gioia. Perché Dio non è risposta al nostro bisogno di spiegazioni, ma al nostro bisogno di felicità, lo è per i miei sensi, lo spirito, gli affetti e il cuore, per la totalità della mia persona” (Ermes Ronchi).
La coscienza della morte, allora, deve liberarci da una vita banale e spronarci a una vita terrena più vera, responsabile e autentica perché se è vero che la vita eterna, la resurrezione, è in discontinuità con la vita terrena, è anche vero che l’unica continuità concessa è vivere il tempo della vita mai banalmente, mai superficialmente, mai senza amore. È l’amore la condizione della vita senza fine, la vita eterna.
Con la preghiera di Santa Madre Teresa di Calcutta diciamo tutti insieme: «Prego per voi, perché possiate conservare nei vostri cuori la gioia di amare Dio, la gioia dell’amore e della bontà, e di condividere questa gioia con tutti quelli con i quali vi trovate, con le persone che lavorano al vostro fianco, davanti a tutti i membri della vostra stessa famiglia. Quello che importa non è la quantità del dono, bensì l’intensità dell’amore con cui lo diamo. C’è qualcosa in più di cui vi posso parlare: della mia esperienza con i Poveri più poveri. Devo ancora trovare la prima donna Povera disposta ad abortire. Senza dubbio darà alla luce suo figlio. È possibile che abbandoni la sua creatura sulla strada, ma non sarà lei a eliminare suo figlio. È un qualcosa che dobbiamo imparare dai Poveri: la grandezza del loro amore per il figlio. Preghiamo. Chiediamo a nostro Signore che non si allontani dal nostro fianco nel momento della tentazione. Perché allo stesso modo in cui fu tentato Gesù, il diavolo tenterà anche noi. Non dobbiamo aver paura, perché Dio è amore. Se Dio ci ama, dal momento che lui è Padre amoroso, non smetterà di aiutarci. Quando ci rendiamo conto di aver commesso un errore, andiamo da lui e diciamogli: «Dio mio, mi spiace! Sono pentito!».
Un augurio di speranza per tutti.
✠ Francesco Savino
