Omelie

I Domenica di Avvento 27 novembre 2016


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27 novembre 2016

 

Iniziamo oggi, I Domenica di Avvento, un nuovo Anno Liturgico, un nuovo cammino della Chiesa, Popolo di Dio, con Gesù Cristo, il nostro Pastore bello e buono che, ogni giorno, ci guida verso il compimento del “non ancora” del Regno di Dio.

L’“Avvento” traduce un termine latino che significa “avvicinarsi”. Tutto si avvicina: Dio, noi, l’altro, il nostro cuore profondo (cfr. Ermes Ronchi). “L’Avvento è tempo di strade. L’uomo d’Avvento è quello che, dice il salmo, ha sentieri nel cuore, percorsi dai passi di Dio, e che a sua volta si mette in cammino per riscoprirTi nell’ultimo povero, ritrovarTi negli occhi di un bimbo, vederTi piangere le lacrime nostre oppure sorridere come nessuno”. (D.M. Turoldo)

L’Avvento colloca la vita dell’uomo tra un “già”, la venuta storica del Figlio di Dio, e il “non ancora”, la venuta ultima e gloriosa del Figlio di Dio, parusia, che ricapitolerà il tutto della creazione e sarà la realizzazione concreta della “beata speranza”.

Il Vangelo di Matteo, che ci accompagnerà in questo nuovo Anno Liturgico, ci dice che la venuta del figlio dell’uomo sarà “come furono i giorni di Noè” che “precedettero il diluvio” quando gli Israeliti “mangiavano e bevevano. Prendevano moglie e prendevano marito”. Non facevano nulla di male, soddisfacevano i bisogni primari. Ma Gesù annota: “Non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e avvolse tutti”. In altri termini un’intera generazione fu spazzata via senza avere il tempo di comprendere ciò che stava accadendo. Quando la vita si riduce ad una “sola dimensione”, cioè nutrirsi e riprodursi, è la stessa vita che travolge l’essere umano. “Sfamarsi e accoppiarsi” è tipico degli animali ma non basta agli esseri umani. La generazione del diluvio è emblema di ogni generazione degenerata. I giorni di Noè sono i giorni della superficialità! “Il vizio supremo della nostra epoca è di essere superficiali”. (R. Panikkar) L’Avvento è, invece, tempo di attenzione! Tempo di pensieri profondi, lunghi! Tempo di meditazione per cogliere, nel tempo che passa inesorabilmente, i segni che interpellano e interrogano il “cuore pensante” di ogni persona che non vuole vivere con superficialità. Oggi, come i contemporanei di Noè, corriamo il rischio di non renderci conto che  Gesù è con noi e che ci ripete continuamente di non vivere la vita secondo lo schema dell’abitudine, ma di vivere il mistero!

L’Avvento è il tempo della vigilanza, dell’essere sentinella attenta. Gesù infatti ci dice: “Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a che ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa”. Ecco, vigilare significa non vivere la vita ad una dimensione, soddisfacendo bisogni, pulsioni e istinti primari. Vegliare significa non cedere alla mondanizzazione appagando quegli istinti sociali il cui nome è interesse, guadagno, vantaggio.

Vegliare è l’opposto di quel “non si accorsero di nulla” e furono travolti. Vegliare è accorgersi di tutto, abitare il mondo con responsabilità, giocarsi la propria umanità e la propria fede nelle piccole e nelle grandi cose di ogni giorno, significa stare al mondo declinando scelte di rinunce che aiutano a crescere.

“Vegliare è una decisione della volontà e non un impulso dell’istinto. Sempre chi veglia nella notte deve prepararsi alla fatica, alla resistenza, finanche alla lotta con se stesso, con le sue paure, le debolezze, il torpore del sonno” (cfr. Goffredo Boselli)

“E’ ormai tempo di svegliarvi dal sonno”, dice san Paolo nella seconda Lettura. E’ il sonno della ragione, della coscienza, dell’abitudine, dell’assuefazione ad una vita “esiliata”, cioè schiava, perché ha perso l’esercizio autentico della libertà. Il sonno della disonestà, della illegalità, della caduta dell’evidenza etica, dei litigi e delle gelosie, delle invidie che bloccano ogni relazione autentica. Il sonno del pensiero unico, della omologazione e della omogenizzazione dei comportamenti, perché tutti fanno così!

Il cristiano è chiamato ieri come oggi ad essere vigilante!

La prima grande vigilante è stata Maria, la Madre di Gesù, che ha saputo accogliere la parola del Signore “con animo attento come colui che è sempre pronto alla chiamata di Dio, sempre attento a ciò che il Signore nella storia gli chiede. Maria è anche l’immagine di questa vigilanza con il suo conservare attentamente e ripensare le parole di Gesù. E’ l’immagine della Chiesa che nella notte del tempo conserva, medita, ripensa le parole del suo Signore” (C.M. Martini).

La vigilanza è l’opposto della pesantezza del cuore, che è quella forma di stordimento provocata dagli affanni della vita, le preoccupazioni e le ansietà. In altri termini una persona rischia di “smarrirsi” se si interessa soltanto del momento che ha davanti a sé e non coglie il significato del momento storico che attraversa vivendo, come suol dirsi, “con la testa nel sacco”, alla giornata, col cuore ottuso.

Francesco d’Assisi, grazie alla contemplazione del Crocifisso, alla preghiera ed alla penitenza, è stato uno “spirito vigile”, ha saputo capire l’urgenza del tempo, la necessità della Chiesa e ha insegnato ad essere vigilanti, cioè uomini e donne che, nella preghiera, nella disciplina, nella austerità, vanno al di là delle mode e delle preoccupazioni mondane e guardano invece al significato  complessivo della realtà storica che vivono.

L’arte della vigilanza, allora, è di chi non vuole sprecare la vita, di chi non vuole sciupare la vita!

La lettera a Diogneto, che invita i cristiani ad essere nel mondo ciò che l’anima è nel corpo, diventa lettura preziosa e, al tempo stesso, esortazione ad acquisire uno stile di vita da maturare nelle nostre città e nei nostri paesi.

Anch’io come Vescovo, lo dice l’etimologia della parola, sono chiamato ad essere “uno che veglia dall’alto”. Il Vescovo, per vocazione, è un uomo il cui cuore non è appesantito dagli affanni della vita, ma che, stando un po’ al di sopra delle cose, discerne i segni dei tempi per la “santità” del suo popolo.

L’Avvento, tempo per desiderare e “attendere quel Dio che viene” ma che è con noi da duemila anni e si chiama Gesù, ci aiuti ad avere “il pensiero di Cristo” (1 Cor 2,16).

Veglia per Cristo chi ha il pensiero di Cristo.

Buon cammino di Avvento.

      Francesco Savino