Omelie

II DOMENICA DI QUARESIMA (anno B)


II domenica di Quaresima anno B 

Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18; Sal 115; Rm 8,31b-34; Mc 9,2-10

28  Febbraio  2020

La Trasfigurazione, anticipazione della Pasqua, dà significato al nostro cammino di uomini e donne, mendicanti del cielo, quando si vive il “non-senso” e l’“abisso” dell’esistenza, ed è il fine della vita.

È il tema di questa Domenica, seconda di Quaresima.

“Gesù prese con sè Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, da soli”. Dopo aver annunciato per la prima volta che andava a Gerusalemme dove avrebbe subito la passione e la morte e sarebbe risorto, Gesù conduce tre discepoli sul monte per aiutarli a comprendere le sue parole.

“Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche”. Nel Vangelo di Matteo leggiamo che “il suo volto brillò come il sole” (Mt 17,2), in Luca che “l’aspetto del suo volto divenne altro” (Lc 9,29), in  Marco che Gesù “fu trasfigurato (metemorphóte) davanti a loro” per un’azione di Dio, espressa al passivo, e quindi “le sue vesti divennero splendenti”, di un bianco irripetibile.

Ciò che è avvenuto su quel monte è ineffabile.

“Qui Marco, affinché il lettore comprenda la straordinarietà dell’evento, si serve di un’immagine efficace, espressa in modo semplice, in vernacolo, facendo uso di uno stile che ci può anche sorprendere. L’evangelista più antico parla un greco semplice, non padroneggia questa lingua in modo tale da renderla elegante, come invece fa Luca, e per questo si serve del paragone, appena citato, con il lavoro del lavandaio. Certamente i tre evangelisti sinottici, pur con le loro differenze di stile, non sapevano narrare la trasfigurazione di Gesù con la profondità teologica dei padri della chiesa greca, quando leggeranno questo bianco splendente come “energie increate” presenti nel corpo di Gesù, il Figlio di Dio. Tuttavia il messaggio di Marco ha la stessa qualità teologica degli altri due, e la teofania da lui presentata non risulta più povera o mancante” (Enzo Bianchi).

Per Pietro, Giacomo e Giovanni fu certamente un’esperienza straordinaria: essi videro Gesù trasfigurato, il suo corpo che emanava luce e, accanto a lui, “apparve Elia con Mosè che conversavano con Gesù”. La Profezia e la Legge sono portate a compimento in Gesù.

Pietro non sapeva cosa dire perché era spaventato come gli altri due discepoli, vorrebbe bloccare quell’evento, vorrebbe rendere definitivo quanto vedono e dice: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Se fosse stato esaudito nella sua richiesta, tutto sarebbe stato compiuto senza passare dalla passione della croce, ma “venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «questi è il figlio mio, l’amato: ascoltatelo!»”.

Nella voce che uscì dalla nube c’è l’invito per la comunità itinerante di Gesù a mettersi in ascolto del loro maestro, ad accettare l’annuncio della passione e morte: questo è l’invito per noi, cristiani di oggi, a metterci in ascolto di Gesù e a seguirlo fino alla Croce che diventa “collocazione provvisoria” verso la Resurrezione, di cui la Trasfigurazione è l’anticipazione.

“E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro”: scompaiono luce, voce, altre presenze e Gesù rimane da solo con i tre discepoli. Scendendo dal monte, comandò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto “se non dopo che il figlio dell’uomo fosse risorto dai morti”.

A tale comando, Pietro, Giacomo e Giovanni, si domandavano cosa significasse risorgere dai morti.

Nel tempo di Quaresima ci prepariamo alla Pasqua, la Resurrezione di Gesù che sperimentiamo nel “qui ed ora” della nostra vita quando siamo in unione mistica con Lui.

Buona Domenica della Trasfigurazione.

 

✠   Francesco Savino