Omelie

Omelia Mercoledì Santo 2018 e lettera ai presbiteri


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del Vescovo ai presbiteri
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Mercoledì  Santo 2018 [SCARICA OMELIA]

Messa  Crismale

28  Marzo  2018

E’ la festa della Chiesa e dei presbiteri in modo particolare, ed è proprio per questo che tutta la Chiesa diocesana loda e ringrazia il Signore per i suoi doni, in modo speciale per il dono del ministero presbiterale.

Lo scrittore russo Leone Tolstoi, in un breve racconto, narra di un sovrano severo che chiese ai sacerdoti e ai sapienti di mostrargli Dio affinché egli potesse vederlo. Poiché questi non furono in grado di appagare il suo desiderio, un pastore, che tornava dai campi, si offrì di assumere il compito dei sacerdoti e dei sapienti. Il re apprese da lui che i suoi occhi non erano in grado di vedere Dio. Allora egli volle almeno sapere che cosa Dio faceva. “Per poter rispondere a questa tua domanda – disse il pastore – dobbiamo scambiarci i vestiti”. Con esitazione, spinto tuttavia dalla curiosità, il sovrano acconsentì; consegnò i suoi vestiti regali al pastore e si fece rivestire del semplice abito dell’uomo povero. Ed ecco allora arrivare la risposta: “Questo è ciò che Dio fa”. Di fatto, il Figlio di Dio – Dio vero da Dio vero – ha lasciato il suo splendore divino: “…spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso… fino alla morte di croce” (cfr Fil 2,6ss). Dio – come dicono i Padri – ha compiuto il sacrum commercium, il sacro scambio: ha assunto ciò che era nostro, affinché noi potessimo ricevere ciò che era suo, divenire simili a Dio.

Papa Benedetto XVI annota che San Paolo usa esplicitamente l’immagine del vestito, per esprimere quanto accade nel battesimo: “Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3, 27).

Noi ci rivestiamo di Cristo, Egli ci dona i suoi vestiti e questi non sono una cosa esterna, anzi entriamo in una comunione esistenziale con Lui: “Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me” (Gal 2, 2).

Cristo ha indossato i nostri vestiti, il dolore e la gioia di essere uomo, la fame, la sete, la stanchezza, le speranze e le delusioni, la paura della morte, tutte le nostre angustie fino alla morte. E ha dato a noi i suoi “vestiti”.

Tutto ciò che si realizza nel battesimo, ritorna in modo nuovo e con una nuova esistenza nella Ordinazione sacerdotale. Accade uno scambio del destino, una nuova comunione esistenziale con Cristo. Anche nel sacerdozio si ha uno scambio, il sacerdote agisce e parla ora “in persona Christi”. Nei sacri misteri, e non solo, il sacerdote non rappresenta se stesso e non parla esprimendo se stesso, ma parla per l’Altro, per Cristo.

La messa crismale è un’occasione propizia per tornare sul senso della nostra vita, per riscoprire con stupore e riconoscenza la nostra identità di presbiteri.

Immaginiamo ora di trovarci a Nazareth ed entriamo con Gesù nella sinagoga e puntiamo su di Lui il nostro sguardo mentre apre il rotolo del profeta Isaia. Immaginiamoci avvolti da quello Spirito che ha concepito Gesù nel grembo di Maria, quello Spirito che adombra e abbraccia tutta l’esistenza di Gesù e sentiamoci anche noi avvolti da quello Spirito mentre riconfermiamo la nostra disponibilità e vivere tutta la nostra vita in Lui, con Lui e per Lui e immaginiamo ancora che la nostra vita si srotoli davanti a Lui e ci lasciamo leggere da Lui, verificando la nostra fedeltà a Lui espressa in quelle tre promesse che sono il codice costitutivo della nostra identità: la povertà, la castità e l’obbedienza.

Vi richiamo particolarmente sulla profezia della fraternità sacerdotale: il prete non è pensabile al di fuori del presbiterio, della fraternità presbiterale, e quindi del rapporto con il Vescovo.

A conclusione della celebrazione vi sarà consegnata una lettera che ho scritto per voi, fratelli presbiteri, sulla fraternità sacerdotale. Vorrei che fosse meditata da ciascuno, condivisa con le vostre comunità perché ne faremo oggetto di riflessione nei prossimi incontri con i Consigli Presbiterali Vicariali.

Vi affido ora alcuni paradigmi essenziali per la nostra fraternità sacerdotale.

Siamo fratelli davanti alla Parola: la Parola esige l’unità dei ministri che l’annunciano. L’unità e l’unicità del Vangelo orientano e valorizzano le particolarità dei ministri come ricchezza feconda.

Siamo fratelli nell’Eucarestia: nel sacramento dell’Eucarestia, che rappresenta e produce l’unità in Cristo di tutta la Chiesa, la comunione fraterna dei presbiteri uniti attorno al Vescovo e fra loro viene attuata e manifestata.

Siamo fratelli nella preghiera: ritrovare con insistenza la bellezza della preghiera comune, preziosa in se stessa, riconoscerla come momento di fraternità e di sostegno reciproco, è quanto mai vitale per la comunione e la missione presbiterale.

Siamo fratelli nella ferialità della vita presbiterale: “non potremo scoprire la chiamata speciale e personale che Dio ha pensato per noi, se restiamo chiusi in noi stessi, nelle nostre abitudini e nell’apatia di chi spreca la propria vita nel cerchio ristretto del proprio “io” perdendo l’opportunità di sognare in grande e di diventare protagonista di quella storia unica ed originale che Dio vuole scrivere con noi” (Papa Francesco, Messaggio per la 55^ Giornata Mondiale di Preghiera per le vocazioni, 3 Dicembre 2017).

Verifichiamo la nostra fraternità sacerdotale. Gesù lava i piedi proprio ai “suoi” discepoli, non ad estranei. Lavarsi i piedi gli uni gli altri non è e non può essere un accessorio per noi presbiteri, è sostanza della nostra identità.

La comunione di amore, nel servizio reciproco, ci rende credibili.

Affido alle parole di un cristiano di altri tempi, Tommaso Moro, che affrontò il martirio pur di non rinnegare la propria coscienza, la preghiera di invocazione per il dono della coerenza:

Dammi la Tua grazia, Signore buono,

per stimare un nulla il mondo.

Per aggrapparmi a Te con la mente

e non dipendere dalla bocca degli uomini…

Per essere contento anche di restare solo.

Per non desiderare il consenso del mondo…

Per pensare volentieri a Te.

Per invocare pietosamente il Tuo aiuto.

Per appoggiarmi al Tuo conforto.

Per sforzarmi continuamente d’amarTi.

Per riconoscere la mia viltà e la mia miseria.

Per umiliarmi e abbassarmi sotto la Tua mano potente.

Per piangere i miei peccati.

Per sopportare pazientemente le avversità…

Per essere lieto delle tribolazioni.

Per camminare nella via stretta che conduce alla vita.

Per portare la croce con Te, Cristo.

Per ricordare le ultime cose…

Per avere continuamente in mente

la passione che Tu soffristi per me…

Per stimare un nulla la perdita della ricchezza del mondo,

quella degli amici, della libertà, della vita,

onde possedere Te… Amen.

   Francesco Savino