Omelia Veglia di Pasqua 2019

Omelia Veglia di Pasqua 2019
20-04-2019

Veglia di Pasqua 2019 [SCARICA]

Gen 1,1 – 2,2; Sal 103; Gen 22, 1-18; Lc 24,1-12

Sabato  20 Aprile  2019

È sempre difficile la notte di Pasqua affidare alle parole umane ciò che sfugge ad ogni schema, ad ogni calcolo, ad ogni previsione: la Resurrezione di Gesù. La morte, che sembrava regnare sulla terra anche a causa delle nostre scelte, in Lui è vinta per sempre! Il Suo amore incondizionato e asimmetrico ha sconfitto la morte rendendola penultima stazione dell’esistenza umana. 

Abbiamo in queste ore camminato con Gesù nella sua passione, nella sua morte e nel seppellimento; ora lo seguiamo nella resurrezione perché Lui, che era realmente morto, è il “Vivente”, è il Signore Dio.

La veglia pasquale ci consente di percorrere tutta la storia della salvezza, dalla creazione dell’umanità fino alla umanizzazione di Dio in Gesù Cristo. Dio ha voluto essere uomo tra noi, ha voluto essere corpo, carne, per poterci dire, nell’unico linguaggio umano che noi comprendiamo, che Egli ci ama, e ci ama nell’amore con il quale possiamo amare gli altri.

“Proprio per questo, Dio ha voluto assumere un corpo da una donna, Maria, ha voluto essere corpo in Gesù: ha voluto essere mani che toccavano, consolavano, curavano e guarivano; ha voluto essere occhi che sapevano discernere e rivolgere lo sguardo; ha voluto essere bocca che parlava la nostra lingua e comunicava con noi… Un corpo che lui ci ha donato totalmente, una vita radicalmente orientata a operare il bene (cf. Mc 7,37; At 10,38), e di questa sua pro-esistenza non a caso ci ha lasciato non solo la sua parola, il suo messaggio, ma il suo corpo e il suo sangue, nell’inesauribile segno eucaristico che ora riviviamo (cf. Lc 22,19-20)” (Enzo Bianchi).

Dal Vangelo di Luca abbiamo letto: “Il primo giorno della settimana, al mattino presto…”: quelle donne che seguivano la comunità itinerante di Gesù, che erano venute a Gerusalemme con Lui dalla Galilea (cfr. Lc 8, 1-3; 23-49), quelle donne che avevano partecipato al seppellimento del corpo di Gesù, “si recarono al sepolcro, portando con sè gli aromi che avevano preparato”. 

Ed ecco: “trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù”. La tomba è vuota! Le donne sono colte da smarrimento, sono sorprese, frustrate: il corpo di colui che hanno seguito e che sono venute ad ungere, a toccare e a baciare per l’ultima volta, non c’è più. Assenza definitiva. “Dove cercare Gesù? Dove trovarlo? 

Soltanto la rivelazione che Dio opera, soltanto una sua parola può dare senso e significato a quella tomba vuota. Noi possiamo solo fare ipotesi umane: l’hanno portato via; non era veramente morto ed è fuggito; c’è un inganno da parte dei discepoli; quelli che l’hanno ucciso non vogliono che ci sia una sua tomba.

In questa situazione di smarrimento totale, ecco “due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante”, come nella trasfigurazione di Gesù. Essi dicono alle donne, impaurite e con il volto chinato a terra: “perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui. È risorto!”. L’indicazione è chiara e stravolge il desiderio delle donne: erano giunte per ungere il corpo di Gesù ma ora Gesù non va cercato tra i morti. Egli è risorto, è presso Dio Padre.  

Lui è il Vivente! Gesù stesso lo aveva detto: “Bisogna che il Figlio dell’Uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”. 

Non appena le donne ricordano le parole di Gesù, tornate dal sepolcro annunciano tutto agli Undici e agli altri. “Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre che erano con loro raccontavano queste cose agli apostoli”.

Questa è la nostra fede, la nostra speranza, la nostra carità: “Gesù, il Crocifisso, è il Vivente”.

“Dov’è il Vivente? In ciascuno di noi, se gli permettiamo di prendere dimora in noi (cf. Gv 14,23), in ciascuno di noi, per ravvivare ciò che è morto, per essere vita nei nostri corpi, nella nostra carne. Perché con la resurrezione Gesù è più che mai colui che prende dimora nella carne e nei corpi di noi umani: noi oggi siamo il suo corpo sulla terra, nella storia; noi siamo la sua carne e incontriamo la sua carne nelle sorelle e nei fratelli […] E così si vive la danza, la festa pasquale!” (Enzo Bianchi).

Dalla Pasqua nasce una nuova consapevolezza: la morte è prevedibile; la vita è eccedenza, smarginatura sempre sorprendente.

A tutti un augurio di Speranza che è l’unica vera rivoluzione.

      Francesco Savino

condividi su