Omelie

Venerdì  Santo  2021 “in  Passione  Domini”


Is 52, 13 – 53, 12; Sal 30; Eb 4, 14-16; 5, 7-9; Gv 18, 1 – 19, 42

2  Aprile  2021

Basterebbe solo il silenzio!
Il mistero del Venerdì Santo, il momento in cui Gesù muore, è tale da farmi temere di parlare. Contempliamo il Crocifisso mentre, a voce sommessa, vi invito a ripercorrere le ultime sette parole di Gesù sulla croce.

Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno,

Oggi sarai con me nel paradiso,

Donna, ecco tuo figlio,

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Ho sete,

É compiuto,

Padre, nelle tue mani consegno il tuo Spirito.

 

La prima e l’ultima delle sette parole sono rivolte esplicitamente al Padre. Lo è anche la quarta, la parola centrale, il punto di svolta, ma nell’apparente assenza di Dio. Con le altre quattro, Gesù si rivolge a noi con crescente intimità: da re, da fratello, da mendicante. Infine restituisce tutto al Padre e affida tutti noi nelle mani di Dio. È il suo supremo atto di fiducioso abbandono.

E noi che proviamo insicurezza e sfiducia nel futuro, per i figli, per il lavoro, noi che temiamo di faticare inutilmente, abbiamo paura della malattia e della morte, nelle parole di affidamento di Gesù al Padre, siamo incoraggiati e invitati a non temere.

Questa ansietà dilagante deriva dal fatto che il Covid-19 ha messo in crisi la certezza di poter avere tutto sotto controllo, di poter esercitare l’onnipotenza. È vero, siamo in grado di controllare la fertilità degli uomini e delle donne e la nascita dei figli, di curare tante malattie; perforiamo le montagne ed erigiamo dighe sui fiumi, ma siamo sempre più consapevoli che il pianeta terra corra verso il disastro. Il mondo è fuori controllo e i nostri rudimentali modi di esorcizzare la morte smascherano la mancanza di controllo.

Quando Gesù muore “il sole e la luna sono oscurati, le tombe vengono aperte e i morti camminano”. Questa è la fine di cui parlavano i profeti.

Fermiamoci a riflettere su ciò che temiamo di più: la vergogna di una umiliazione pubblica? la solitudine? una morte dolorosa? la morte improvvisa di una persona amata? Possiamo anche prendere ogni precauzione possibile, sottoscrivere tutte le polizze di assicurazione, condurre una vita sana, non viaggiare mai in aereo, sottoporci a periodici esami medici generali e altro. Ma ciò che più temiamo può accadere ugualmente.

Gesù ci invita a non temere. Tutto ciò di cui abbiamo paura accadde a Lui il Venerdì prima della Domenica di Resurrezione, il giorno in cui il nuovo mondo ebbe inizio.

Gesù pronuncia le sue sette ultime parole, che conducono alla nuova creazione della Domenica di Pasqua e poi riposa. Questo riposo di Gesù non è assenza di attività ma è un “ritorno a casa”. Dio ci ha creati in modo tale che possiamo condividere quel riposo. Siamo stati fatti per riposare in Dio e in modo che Dio possa riposare in noi. Sant’Ambrogio riteneva che il riposo di Gesù sulla croce fosse un completamento del riposo di Dio nel settimo giorno della creazione.

Prima di abbandonarci al silenzio, preghiamo con le parole di Carlo Maria Martini:

O Signore Gesù Crocifisso,

nel momento in cui vivi la desolazione più schiacciante

dell’abbandono del Padre,

nel momento in cui vivi il vuoto del cuore,

in cui tutto sembra ridotto al nulla,

tu persisti nella preghiera,

e questa spaventosa desolazione del cuore

si fa in te invocazione di Dio.

Donaci dunque di comprendere

che non ci può essere nessuna situazione disperata,

nessun abisso

dal quale non sia consentito a noi

di invocare il Padre.

O Maria concedici di stare con te sotto la croce,

affinché “le piaghe del Signore”, come recita l’antico

inno, “siano impresse nel nostro cuore”.

 

 

                                                                                 ✠   Francesco Savino