Omelie

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno C)


Sap 18,3.6-9; Sal 32; Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48

7  Agosto  2022

La Parola di Dio di questa Domenica mette a fuoco un aspetto fondamentale dell’esistenza cristiana: l’attesa della venuta del Signore. Un’attesa che soprattutto nella pagina del Vangelo, prende la forma concreta di una vigilanza perseverante. Il Cardinale C. M. Martini nella sua lettera pastorale “Sto alla porta” annotava: “Vigilare non è un atteggiamento marginale della vita cristiana, ma ne riassume la tensione caratteristica verso il futuro di Dio congiungendola con l’attenzione e la cura per il momento presente”. Se vigilare è azione propria del cristiano “ogni giorno e ogni ora” (San Basilio), il suo esercizio diventa ancora più urgente di notte, quando il sonno e la stanchezza possono prendere il sopravvento e l’oscurità può far smarrire il sentiero che conduce all’incontro con Dio.

Nel brano del Vangelo di questa Domenica ci vengono presentate tre brevi parabole, precedute da un invito a non temere e da una esortazione a disfarsi dei beni di questo mondo per farsi un tesoro nei cieli, che potremmo definire un piccolo “Vangelo dell’attesa”. In queste parabole troviamo rappresentati i diversi aspetti dell’attesa cristiana e le sfumature che può assumere la vigilanza. Infatti in quei servi che aspettano il ritorno del loro padrone pronti ad aprirgli subito la porta, in quel padrone che scruta con attenzione l’ora in cui arriva il ladro per non lasciarsi scassinare la casa, in quell’amministratore che è chiamato a prendersi cura con responsabilità dei servi a lui affidati durante l’assenza prolungata del padrone, ci viene consegnata la ricchezza variegata dei significati della vigilanza evangelica, che comporta prontezza e attenzione, pazienza e perseveranza, fedeltà e responsabilità, disponibilità al servizio, sempre e comunque.

Se tutti i discepoli devono vigilare, c’è qualcuno che di questa attenzione è più responsabile degli altri. È vero che nel piccolo gregge tutti sono fratelli e sorelle, tutti chiamati al compito della vigilanza, ma non tutti hanno la stessa responsabilità. Infatti Gesù, sollecitato da Pietro, dice con chiarezza che nella comunità c’è una distinzione tra i semplici discepoli e i responsabili, che non devono evidentemente separarsi ma anzi realizzare di più la fraternità e l’uguaglianza dei figli di Dio. “C’è qualcuno che nella comunità ha un compito preciso, quello dell’oikonómos, del preposto alla casa, chiamato a svolgere il suo servizio nel dare da mangiare ai suoi fratelli e sorelle, nel dare il cibo della parola e della sapienza di Dio, “ministro” perché dà a ciascuno la minestra: questo è il sostentamento necessario, che fa vivere, di cui l’oikonómos è responsabile. Spetta a lui la cura spirituale e materiale dei fratelli, ed egli deve svolgere il servizio di servo affidabile (pistós) e intelligente, sapiente (phrónimos).
“…Ma se questo servo si pone al centro della vita comunitaria; se afferma solo se stesso e non fa crescere gli altri; se pensa a fare la “sua vita”, senza una condivisione con i fratelli e le sorelle; se organizza il consenso intorno a sé perché ha nel cuore i sentimenti del tiranno, per il quale gli altri sono nient’altro che strumenti del suo potere e successo; se non sa mostrare umanitaria misericordia nei rapporti comunitari; e se, nutrito di narcisismo, pensa di essere “irreprensibile” e fustiga solo i difetti degli altri, allora…” (Enzo Bianchi).

Il Signore che viene, allora, si separerà da quel servo e lo metterà tra le persone non affidabili. Quindi prestiamo attenzione al fatto che il giudizio di Dio, che si manifesterà quando saremo davanti a lui dopo la nostra morte, dipenderà non solo da ciò che abbiamo operato ma anche dal grado di coscienza e di responsabilità avuto e dall’utilizzo dei doni di cui siamo stati dotati. Occorre, pertanto, che tutti i cristiani, comprese soprattutto le loro guide, devono tenere lo sguardo fisso sull’orizzonte del fine della vita stessa: il Signore è il veniente, pertanto è necessario essere vigilanti e capaci di attenderlo.

Buona Domenica.

   Francesco Savino

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