Omelie

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


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Il Vangelo di questa domenica ci richiama con parole forti su una scelta fondamentale: essere o non essere discepoli di Gesù. Nella libertà del suo Amore che è Misericordia, l’Assoluto si rivela in maniera semplice ed immediata e chiede condizioni assolute di accoglienza.

Siamo ancora nel cammino che Gesù sta facendo verso Gerusalemme, la città nella quale è certo di essere rifiutato, perseguitato dai poteri forti, umiliato e annientato. “Una folla numerosa lo seguiva”: sono davvero tanti coloro che si lasciano entusiasmare dai suoi discorsi, dalla sua vicinanza a tutte le situazioni di debolezza e indigenza; moltissimi vengono guariti da infermità, ricevono cibo, qualcuno è perfino richiamato in vita, tanti sono convinti che in Lui Israele troverà il riscatto e la liberazione promessa, eppure il Maestro si ferma per rivolgere verso le folle una puntualizzazione importante. A tutti voi che mi seguite, che siete incuriositi da me, che partecipate alla Messa domenicale, che siete devoti alla Vergine Santissima, ai vostri Santi protettori, a tutti voi, il Signore dice: se tu non mi ami più di tuo padre, di tua madre, di tua moglie, di tuo fratello, di tuo figlio, e perfino della tua vita, non puoi essere mio discepolo.

Questa Parola ci provoca alla decisione se vogliamo o no essere discepoli alla sequela di Gesù. E se lo vogliamo, liberamente ci affidiamo alle sue indicazioni che sono esigenze radicali e richiedono perseveranza.

Le parole di Gesù “Se uno vene a me e non mi ama più di suo padre, sua madre, la moglie i figli, i fratelli, le sorelle , non può essere mio discepolo” trovano significato in altre parole  rivolte a quanti andarono a riferirGli che i suoi famigliari lo cercavano con insistenza. Egli, che si era allontanato dalla sua casa per annunciare e testimoniare il Regno di Dio, andando di villaggio in villaggio, disse: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica”.  Per noi cristiani, dice E. Bianchi, “il legame d’amore con Gesù, Parola di Dio fatta carne, deve avere l’assoluta precedenza su ogni altro vincolo, anche di sangue”. Dobbiamo amare Cristo con tutto il cuore, la mente e le forze. (cfr. Dt 6, 5). E nell’amare Gesù Cristo in tal modo non escludiamo nessuno, anzi amiamo in  modo totalmente disinteressato, come Lui  ama, senza pretese di corrispondenza, ed amiamo tutti gli altri, senza alcuna distinzione.

Poi, Gesù continua: “Chi non mi ama più della propria vita, non può essere mio discepolo”.  Un cristiano deve comprendere che perfino la propria esistenza, se rimane incentrata nell’autodifesa egoistica che è capace di sopprimere l’altro quando si sente minacciato nella minima necessità, non ha senso, perde il sapore, si autodistrugge. L’esistenza di ciascuno trova invece senso e vale la pena di essere vissuta solo lasciando vivere Cristo in sé. (cfr. Gal 2, 20)

“Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà”( Lc. 9,24) : è un’affermazione di Gesù  con la quale comprendiamo a cosa ci invita quando dice: “Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo”.

La nostra esistenza più o meno costellata di momenti dolorosi, ai quali vorremmo tutti sottrarci, non è inutile: è la nostra personalissima croce con la quale, alla sequela del Maestro che ci parla di Amore dalla cattedra luminosa della Sua Croce, possiamo alimentare ”l’economia sommersa della grazia”(don Tonino Bello).

La terza condizione della sequela dei discepoli di Gesù consiste nel rinunciare ai propri beni. L’invito di Gesù  “Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo” ci permette di saper usare i nostri beni a servizio dei fratelli, di saperli condividere con gioia, senza dipendere da essi come schiavi della malattia del possesso e dell’avarizia.

Il discepolo di Gesù è chiamato a calcolare le sue  forze  prima di iniziare la sequela, come farebbe chi sta per  costruire una torre o  affrontare una battaglia. Con le due brevissime parabole Gesù invita alla perseveranza.

  1. Bianchi scrive: “la vita cristiana non è questione di un momento o di una stagione, ma richiede perseveranza fino alla fine, fino alla morte. E  la perseveranza esige un grande amore per Gesù Cristo, l’amore da cui nasce la disponibilità ad andare anche dove noi non vorremmo; ovvero implica la fede che sarà lui, il Cristo, nel suo amore per noi a portare “a compimento ciò che ha iniziato in noi”( Fil. 1, 6).

Auguro a ciascuno di mettersi come discepolo alla sequela di Gesù e di farlo con perseveranza.

Buona Domenica.

   Francesco Savino