Omelie

XXIV Domenica del Tempo Ordinario 17 Settembre 2017


XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO [SCARICA]

 17 Settembre 2017

“Signore, se mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette volte ma fino a settanta volte sette”.

Siamo sempre all’interno del capitolo 18 del Vangelo di Matteo nel quale Gesù affida ai suoi Discepoli il cosiddetto “discorso ecclesiale”. Dopo la precisazione sulla correzione fraterna (cfr. Vangelo di Domenica scorsa), Pietro pone la domanda circa il perdono. Gesù risponde senza titubanza che il perdono verso gli altri deve essere illimitato. L’unica misura del perdono è perdonare senza misura. Si impone, giustamente, la domanda: perché devo perdonare? Perché devo rimettere il debito? Perché cancellare l’offesa di mio fratello? La risposta, nella logica di Gesù, è veramente semplice: perché Dio fa così! Il regno di Dio è per coloro che vivono secondo la logica di Dio a partire dalle relazioni umane.

Gesù spiega la ragione del perdono con la parabola dei due debitori. Il primo aveva un debito enorme con il suo signore, un debito che non poteva mai essere soluto. “Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: «abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa»”. Dinanzi alla richiesta del servo, il padrone ebbe compassione. Gli condonò il debito. Il padrone non è il “campione del diritto”, ma “il modello della compassione”. Il dolore del servo ha più importanza, pesa di più del debito.

Il servo perdonato, “appena uscito trovò uno dei suoi compagni che gli doveva cento denari”. La somma dovuta questa volta è irrisoria. Il servo cui è stato condonato il debito enorme dal suo signore incontra l’indebitato con lui appena uscito, non dopo molto tempo, non il giorno dopo, ma subito dopo. Egli aveva provato gioia nel condono ricevuto: la sua vita si era nuovamente aperta al futuro, eppure non riesce a condonare i “cento denari” al suo compagno. E’ un suo diritto ma lo afferma con spietatezza: condonato non riesce a condonare, perdonato non riesce a perdonare.

Il messaggio della parabola è chiaro: per vivere secondo il Vangelo non basta rivendicare i propri diritti. “Occhio per occhio, dente per dente”, debito per debito è la linea della giustizia. Ma la giustizia da sola non è sufficiente per fare l’uomo nuovo. L’uomo ragiona sempre per “equivalenza”, Dio pensa per asimmetria ed eccedenza. La logica umana trova il suo equilibrio tra il dare e l’avere, la logica di Dio, che trova in Gesù, Suo figlio, l’eccedenza del suo amore, trova la gioia nell’amare con misericordia senza attendersi nulla.

“Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Questa è la ragione per cui siamo chiamati a perdonare: fare ciò che Dio fa. Imparare ad avere il cuore di Dio, per immettere il Suo amore e la Sua misericordia nei “rapporti ordinati del dare e dell’avere”. Perdonare è sbloccare la vita di colui che ha sbagliato, ha peccato. Assolvere, infatti, significa sciogliere, lasciare libero e dare libertà.

“Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello”. Il perdono costituisce il cuore del Vangelo in cui Dio in Cristo si rivela come il totalmente dedito al recupero dell’uomo prigioniero del suo male e del suo senso di colpa. Il mondo ha bisogno del perdono! L’uomo ha bisogno di misericordia per rinascere a vita nuova e aprirsi al futuro.

La nostra logica del dare e dell’avere come equivalenza e corrispondenza, ci imprigiona in un labirinto di legami. Solo un gesto “illogico”, “fino a settanta volte sette”, ci aiuta ad agire come Dio.

Una Domenica bella in cui facciamo esperienza di libertà nel sentirci perdonati.

   Francesco Savino