Omelie

XXVI Domenica del Tempo Ordinario 25 Settembre 2016


XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO [SCARICA]

25 settembre 2016

Il Vangelo della scorsa Domenica ci proponeva un’affermazione che non ammette neutralità: “non potete servire Dio e la ricchezza”. La Parola di Dio, in questa Domenica XXVI del T.O., esplicita ancora che la ricchezza è incompatibile con la sequela di Gesù. L’evangelista Luca insiste su questo aspetto che costituisce la specificità radicale del III Vangelo.

“C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti”: inizia così la parabola di Gesù. Si parla di un uomo senza identità: non si dice il nome, egli è definito unicamente da ciò che possiede; è un uomo che, accumulando avidamente, si illude di difendersi dalla paura della morte, come se possedere e circondarsi di molte ricchezze possa allontanare da lui la morte che lo attende a conclusione della sua esistenza. Egli è ripiegato su se stesso, malato di egoite, prigioniero dell’idolatria della ricchezza e non si accorge che “stava alla sua porta un povero, di nome Lazzaro, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla sua tavola”.

Come definire il comportamento di quest’uomo ricco?

Due mi sembrano le parole connotative di quest’uomo: indifferenza e ingiustizia. La sua ingiustizia si rivela nell’accumulazione smisurata di ricchezze che giunge a privare gli altri del necessario. Tale ingiustizia è denunciata dai profeti dell’Antico Testamento (cfr. Am 6,1-7; Ger 22,13-19) e dallo stesso Gesù (cfr. Lc 6,21-24: “beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati .… guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione”). L’indifferenza aggiunge un carico notevole all’ingiustizia perché nega l’altro che non vede nemmeno e non riconosce come proprio simile.

Ma un giudizio, alla fine del tempo, ci sarà: Dio “renderà a ciascuno secondo le sue azioni” (cfr. Rm 2,6; Ap 2,23). Dio non è indifferente, apatico. “Dio aiuta” è il significato del nome Lazzaro. Il racconto di Gesù, infatti, continua: “un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto”. Si ribalta completamente la situazione: le condizioni del ricco e di Lazzaro danno luogo ad un dialogo tra il ricco e Abramo: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro ad intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo risponde: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni e Lazzaro i suoi mali”. Stiamo attenti a non fraintendere le affermazioni di Gesù: Egli non vuole assolutamente impaurirci o, come spesso pensiamo, descrivere le “pene dell’inferno”, ma vuole soltanto “aprirci gli occhi” sul tempo  della nostra esistenza. Mentre siamo vivi può esserci un “troppo tardi” e, perciò, siamo chiamati ad essere nel presente con la consapevolezza che ci sarà un giudizio finale nel quale saremo giudicati solo e soltanto sull’amore, cioè sulle opere di misericordia corporali e spirituali. Il giudizio conclusivo sarà il momento rivelativo della “qualità” della nostra esistenza: abbiamo vissuto solo e soltanto in funzione di noi stessi, oppure abbiamo fatto della nostra vita un “essere per gli altri”?

Il ricco, preoccupato dei suoi cinque fratelli, insiste con Abramo perché mandi Lazzaro da suo padre per invitarlo a cambiare stile di vita perché “non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Il ricco è convinto che “se dai morti qualcuno andrà da loro si convertiranno”. Abramo perentoriamente risponde: “hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro …. Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. Il messaggio è chiaro: la fede non si fonda su miracoli o su eventi straordinari, ma sull’ascolto della Parola di Dio.

Siamo invitati anche noi a metterci in ascolto della Parola di Dio contenuta nelle Sacre Scritture e a metterla in pratica, a farla diventare vita, sempre. La nostra  fede nasce dall’ascolto e diventa obbedienza.

E opera della fede è l’agape, la carità-amore. Solo l’amore dà senso alla vita e vince la morte. L’amore è solidarietà e condivisione di ciò che siamo e di ciò che abbiamo. Ignorare il povero, non dimentichiamolo, è disprezzare Dio. Nei poveri come Lazzaro, ci viene incontro Gesù. “Se stai pregando e un povero ha bisogno di te, lascia la preghiera e va da lui. Il Dio che trovi è più sicuro del Dio che lasci” (San Vincenzo de’ Paoli).

Auguro una Domenica bella per tutti, nella quale impariamo a lasciarci evangelizzare dai poveri – “Lazzaro” che incontriamo e che riconosciamo sui nostri sentieri.

✠   Francesco Savino