Omelie

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario 15 Ottobre 2017


XXVIII  DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO [SCARICA]

15 Ottobre 2017

 

Il brano del Vangelo di questa XXVIII Domenica del Tempo Ordinario sorprende per la complessità e per il linguaggio che necessitano di un’attenzione particolare. L’evangelista Matteo dice  alla sua comunità che con la venuta di Gesù il Padre dichiara giunto il tempo ultimo delle nozze tra il Figlio e Israele e tutte le genti, a segno e a compimento dell’alleanza di amore già narrata dai profeti.

Nel tempio di Gerusalemme, Gesù si rivolge ancora ai capi dei sacerdoti e ai farisei. Questa è la terza parabola; in essa parla del banchetto del regno (cfr. Is 25, 6-10; Mt 8, 11-12) e del giudizio.

Scrivendo dopo la distruzione di Gerusalemme avvenuta ad opera dei Romani nel ’70 d.C., Matteo interpreta gli eventi storici nell’ottica della storia della salvezza. In questa parabola, infatti, le “nozze dell’agnello” (cfr. Ap 19, 7), il rifiuto dei primi missionari cristiani da parte di Israele, la devastazione di Gerusalemme, la missione alle genti, il giudizio che incombe sulla chiesa e sui nuovi invitati sono letti alla luce dell’evento pasquale. La chiesa ed Israele sono entrambi collocati nell’orizzonte del giudizio.

Gesù paragona il regno alla vicenda di un re che fece una festa di nozze per suo figlio. Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze ma questi non andarono. Mandò ancora altri servi per dire agli invitati che aveva imbandito per loro un banchetto di cibi prelibati e per chiedere loro di accettare il suo dono e condividere la sua gioia, ma ottiene una reazione è negativa, come nella parabola dei vignaioli omicidi (cfr. Mt 21, 33-45): alcuni, con indifferenza e superficialità, non si curano dell’invito, altri insultano e uccidono i servi. La risposta del re è dura e immediata: “manda le sue truppe, fa uccidere quegli assassini e dà alle fiamme la loro città”. Il linguaggio di Gesù è chiaro ed energico per chiarire le condizioni richieste a coloro che scelgono di entrare nel regno. L’esigenza si riduce ad una sola: accettare il dono di Dio.

A questo punto della narrazione c’è un nuovo inizio. Il re disse ai suoi servi: “la festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete chiamateli alle nozze”. La proposta della salvezza viene fatta a tutti gli uomini che riempiono la sala. Gesù è consapevole che tutti gli uomini sono cattivi (cfr. Mt 7, 11) e che solo Dio è buono (cfr. Mt 19, 17) e che, per questo, la salvezza è donata a tutti. Dio vuole salvare tutti gli uomini e la condizione perché gli uomini siano salvati è che si riconoscano peccatori e accettino l’amore di Dio.

Secondo un’antica usanza ebraica, i commensali che partecipavano al banchetto nuziale ricevevano all’ingresso una veste bianca come segno dell’invito del padrone di casa. Quando il re, entra in sala per salutare i presenti, scorge un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli dice: “amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?” Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Di che cosa è simbolo quell’abito nuziale?

Di fronte al dono immeritato e sorprendente dell’invito al banchetto, di fronte al dono dell’abito che rappresenta la volontà di cambiare comportamento, quell’uomo senza abito nuziale ha opposto un rifiuto. L’abito gratuito era un onore per l’ospite, un dono da accogliere con stupore e gratitudine ed invece egli ha accolto l’invito, ma poi ha deciso che tale invito non ha alcun valore per lui e che non è assolutamente capace di accettare il dono. E’ una persona autosufficiente, sta bene nella sua situazione e non ha alcun desiderio di cambiare. Ecco perché il re lo butta fuori: non è la sua indegnità ad escluderlo dal banchetto ma il suo non riconoscere il dono e il non comprendere che l’amore di Dio è gratuito (cfr. Enzo Bianchi).

Gesù conclude: “molti sono chiamati ma pochi eletti”. E’ un monito esigente per ciascuno di noi. Tutti gli esseri umani sono chiamati alla salvezza ma nessuno è garantito, neppure dall’appartenenza alla chiesa. Occorre “arrendersi alla grazia” che sempre ci attira ed accogliere l’offerta di Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo e Padre nostro.

Questa parabola rivela una verità che facciamo fatica a capire: la grazia è il dono tra i doni ma il suo prezzo è accoglierla liberamente per amore. L’abito donato ma rifiutato è il prezzo della grazia. Scriveva in proposito Dietrich Bonhoeffer: “grazia a caro prezzo è il tesoro nascosto nel campo, per amore del quale l’uomo va a vendere con gioia tutto ciò che aveva; la pietra preziosa, per il cui valore il mercante dà tutti i suoi beni; la chiamata di Gesù Cristo, per cui il discepolo abbandona le reti e si pone alla sua sequela. Grazia a caro prezzo è il Vangelo che si deve sempre di nuovo cercare, il dono che si deve sempre di nuovo accogliere… E’ a caro prezzo perché ci chiama alla sequela; è a caro prezzo perché l’uomo l’acquista al prezzo della propria vita; è grazia, perché proprio in questo modo gli dona la vita; è a caro prezzo, perché condanna il peccato, è grazia perché giustifica il peccatore”.

Poniamoci oggi una semplice domanda: di fronte alla chiamata di Dio al regno, chiamata che in Gesù Cristo si rinnova ogni giorno, qual è la mia risposta?

Diamo una risposta che sia definitiva.

Buona domenica a tutti!

   Francesco Savino