Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
29 Dicembre 2024
Fratelli e sorelle carissimi,
Dio ha scelto e ora, oggi, a noi la scelta.
Ci ha spalancato le porte. Nella notte di Natale vi dicevo: Dio ha preso posizione. Qual è la nostra posizione? Attraverseremo la porta aperta dell’umanità di Dio? È la porta stretta, ma spalancata, della carne di Gesù. La porta della piccolezza. Papa Benedetto XVI ha usato una definizione radicale: è la rivoluzione di Dio. La mangiatoia invece di una corte: lì comincia un nuovo cammino, un vero e proprio attraversamento. Come quello del Mar Rosso, che si lascia il Faraone alle spalle, per varcare la soglia di una nuova conoscenza di Dio e, in Dio, di ciò che conta quaggiù. «Il potere di Dio è diverso dal potere dei potenti del mondo. Il modo di agire di Dio è diverso da come noi lo immaginiamo e da come vorremmo imporlo anche a Lui. Dio in questo mondo non entra in concorrenza con le forme terrene del potere». Al contrario: ce ne libera. È questa rivoluzione che splende nella famiglia di Nazareth: ogni ruolo tradizionale è ribaltato, ognuno deve scendere e servire il mistero dell’altro, per poterlo onorare e conoscere. A Nazareth l’amore umano è ridisegnato da quello divino. Così in ogni nostra famiglia inizia il cambiamento decisivo del mondo. Non lontano, ma vicino è il Dio che ci chiama al suo Regno. Da che parte stiamo? Questo giorno ci suggerisce: a cominciare da casa nostra!
San Giovanni oggi ci ha detto: «Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato». Ecco la speranza! Il giubilo che ci procura il giubileo è tutto in quel «fin d’ora». «Oggi» dicono gli angeli ai pastori. È il momento! Il corno che in Israele suonava, inaugurando l’anno di grazia del Signore, doveva infondere questa coscienza collettiva: è ora, è adesso. Eppure, «non ancora». Non è mai tutto qui. Quello che siamo è immenso, ma ciò che saremo «non è stato ancora rivelato». Oggi, qui, dove noi siamo, la porta di Dio è aperta. È l’umanità di Gesù. È tutto qui, nella sua carne. Troviamo un inaspettato riconoscimento. Abbiamo un’infinita importanza. Dio è con noi. Mentre ancora siamo peccatori ha scelto di abitare con noi. Anzi lo ha desiderato. Eppure, c’è dell’altro. Non sappiamo fin dove ci porterà la rivoluzione di Dio. E non lo sappiamo perché non dipenderà solo da lui. È un Dio coinvolgente! E ha in serbo di cambiare il mondo con noi: con te, con me! Non ha progettato tutto, non ha definito tutto. Ci salverà, certo. Nulla andrà perduto: nemmeno un capello, neanche una lacrima. Come avverrà tutto questo, però – ricordate? È la domanda di Maria all’annunciazione – ebbene, come avverrà tutto questo è una storia che scriveremo insieme. È in gioco la nostra partecipazione. L’incarnazione del Figlio di Dio chiama la nostra intelligenza, rimbocca le nostre maniche, chiede il nostro cuore, le nostre professionalità, le nostre passioni. Questo è l’anno di grazia del Signore. Questo è il tempo del dilagare di una giustizia senza precedenti, di una pace senza precedenti. Dio con noi.
Nel vangelo di oggi ci colpisce la consapevolezza di Gesù adolescente: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Siamo in genere tentati di soffermarci sullo sconcerto di Maria e Giuseppe. Oppure sulla lucida volontà di Gesù, magari correndo subito alla sua obbedienza fino alla morte di croce. Dimentichiamo, così, che nei dodici anni prima e forse nei vent’anni seguenti fu Nazareth – semplicemente Nazareth – il luogo del suo occuparsi delle cose del Padre. Dovremmo qui intravvedere che le cose del Padre suo e nostro sono davvero quelle di ogni giorno. A Nazareth Gesù non visse “la vita nascosta”, ma semplicemente la vita. Quella che per miliardi di esseri umani è una vita lontano dai riflettori e dalla grande storia. Le cose di Dio sono dove noi siamo. A Nazareth Gesù abitava. La nostra vita cristiana è imparare da lui ad abitare. Essere insieme, invece che contro. Incontrare, invece di evitare. Capire, invece di giudicare. Diventare giusti, invece che criminali. Affrontare il male, invece di negarlo. Lavorare, invece di sfruttare. «E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini».
Insegnaci, Maria, la rivoluzione di Dio! L’hai osservata e custodita, collegando nel cuore come tessere di un mosaico la meraviglia dell’umiltà, la potenza della mitezza. Ai piedi della croce ormai conoscevi la qualità della sua grandezza, la differenza della sua forza. Hai sofferto, ma sei entrata per prima nella speranza. Sei diventata Madre della Speranza. Ispiraci come seguire oggi tuo Figlio, il nostro Signore Gesù Cristo. Rendici con te pellegrini di speranza. Siamo infatti con te e con Giuseppe la tua famiglia, in cammino verso una nuova Gerusalemme. Nuova deve diventare questa terra, ferita da poteri criminali e dall’indifferenza di troppi distratti nei propri affari, chiusi nel proprio “io”. Ci ha detto il Papa a Natale: «La speranza che nasce in questa notte non tollera l’indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità; la speranza non ammette la falsa prudenza di chi non si sbilancia per paura di compromettersi e il calcolo di chi pensa solo a sé stesso; la speranza è incompatibile col quieto vivere di chi non alza la voce contro il male e contro le ingiustizie consumate sulla pelle dei più poveri».
Cari fratelli sacerdoti: scomodiamoci quest’anno destinando una mensilità del nostro sostentamento, oppure una giornata ogni mese a diretto servizio di immigrati, detenuti, diversamente abili o malati terminali. Tocchiamo il nostro portafoglio, il nostro tempo e la carne sofferente di Cristo. Non solo organizzando la carità, ma facendola, perché coloro che altrimenti evitiamo possano convertirci. Anch’io con voi! Anche a voi mi rivolgo cari fratelli delle comunità religiose. Mi rendo disponibile, come vescovo, ad accompagnarvi nel discernimento e nel partecipare come uno di voi a questa discesa nell’umanità che soffre. Ne saremo evangelizzati.
Il giubileo nasce in Israele come remissione dei debiti e ridistribuzione della terra. Si legge nel libro del Levitico: “proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti”. Si trattava di una liberazione molto concreta, era l’anno di riposo della terra da coltivazione, della restituzione delle terre confiscate e della liberazione degli schiavi. Tre semplici cose che costituiscono il senso di una rivoluzione. Sovrapponiamo al messaggio del Giubileo l’istantanea del nostro mondo. I nazionalismi riaffiorano, il senso sociale pare smarrito, il bene comune sembra essere il meno comune dei beni perfino la globalizzazione e l’apertura al mondo celano interessi economici finanziari non desideri di fratellanza, di fraternità. Comprendiamo, allora, che abbiamo un disperato bisogno di Giubileo ai nostri giorni. In un momento come questo tutti siamo chiamati a contribuire alla costruzione di un mondo migliore. Credenti, non credenti, credenti di varie religioni, cristiani di tante confessioni. Gesù prese sul serio e in modo radicale il compito che pubblicamente si era assunto a Nazareth: un’assunzione di responsabilità nei confronti dei poveri, dei carcerati, dei ciechi, degli storpi e degli oppressi, che lo portò a scardinare nei cuori dei suoi ascoltatori la dottrina economica e sociale allora imperante. Il messaggio del Giubileo cristiano è per tutti, per tutti, dico per tutti. Il punto è che dobbiamo trovare una base comune di collaborazione, un armonia, un amicizia sociale. Cari fedeli, organizziamo la speranza! Vi propongo: chiudiamo cause inutili, ritiriamoci da conflitti familiari che è più importante che finiscano invece che ci imprigionino e avvelenino. Una moratoria degli sfratti come sarebbe auspicabile e bello! Rimettiamo quei debiti da cui non dipende il nostro futuro, ma forse soltanto il nostro orgoglio ferito. C’è un modo di perdere che è vincere. Lasciare andare ciò che non si porta nella tomba. Accumulare invece tesori di riconciliazione e di rinascita, tesori di carità praticata, di libertà esercitata, anche contro la dittatura del risentimento e della vendetta. La giustizia di Dio è più giusta di quella umana perché rimette i debiti, perché va oltre. Andiamo oltre. E a chi ha peccato, a chi ha preso ciò che non è suo, a chi ha accumulato ricchezze maledette, a chi vive armato, a chi ha sino ad oggi preferito fedeltà mondane che si sostengono sulla violenza, la rapina e il sopruso: le porte di Dio sono aperte, attraversatele! Convertitevi! Convertiamoci! È il vero significato delle indulgenze! Come Zaccheo: Gesù oggi viene a cena da te. Hai capito? Sei un peccatore, un arcipeccatore? Viene a cena da te. Accoglilo, riconosci la tua dignità e bellezza infinita. Restituisci, convertiti, spogliati del travestimento maledetto che ti imprigiona e disonora. È il giubileo. È il momento. Viene il giudizio di Dio. La terra che hai devastato può rifiorire. Il giubileo è una sveglia, un sussulto che scuote il sonno, i sogni e pure gli incubi.
Tu puoi. Noi possiamo. Amen!
Buon Giubileo a tutti, che sia di conversione reale.
✠ Francesco Savino