Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1 Gv 3,1-3; Mt 5,1-12ª  

Festa di tutti i Santi

01-11-2025

 

Oggi celebriamo la festa di tutti i Santi e facciamo memoria della comunione dei Santi del cielo e della terra. Ormai al cuore dell’autunno, dopo tutte le mietiture e i raccolti nelle nostre campagne, la Chiesa ci invita a contemplare la mietitura di tutti i sacrifici viventi offerti a Dio, la messe di tutte le vite ritornate al Signore, la raccolta presso Dio di tutti i frutti maturi suscitati dall’amore del Signore in mezzo agli uomini: da Abele il giusto fino all’ultimo uomo che è morto nell’amore. La festa di tutti i Santi è davvero un memoriale dell’autunno glorioso della Chiesa ed è soprattutto una festa contro la solitudine, contro ogni isolamento che affligge il cuore dell’uomo. Se noi non credessimo alla comunione dei Santi, se non ci fossero i Santi accanto a noi, saremmo chiusi in una solitudine disperata e disperante, perché a volte anche le nostre comunità non ce la tolgono: solo i Santi provvedono sempre e garantiscono l’amicizia, la fedeltà e la lealtà attorno a noi (cfr. Enzo Bianchi).

Ecco perché siamo responsabilmente interpellati dal testo delle Beatitudini che inaugura l’insegnamento di Gesù nel Vangelo di Matteo, un testo che presenta situazioni paradossali che il discepolo è chiamato a vivere “senza cedere alla dittatura del fenomeno: quello che c’è adesso, quello che si vede, non è l’ultima parola! Paradosso e speranza vanno insieme. I santi sono coloro che sperano in situazioni paradossali, le quali sembrano proprio senza speranza. I santi sono felici perché non si lasciano schiacciare dal peso del presente. Non sono persone ingenue perché si rendono ben conto della pesantezza della realtà. La felicità è allora quella sfida che ci permette di non cedere alla disperazione” (padre Gaetano Piccolo).

Gesù nel suo insegnamento delle Beatitudini non usa la parola dei filosofi per indicare la felicità (eudaimonia). Tale vocabolo indicava una meta, un premio conseguente a uno sforzo individuale. Anche noi spesso crediamo, illudendoci, di costruirci la felicità con le nostre mani o che abbiamo bisogno del favore del destino per raggiungerla.

Gesù usa invece un aggettivo, makarios, che indica un modo di stare nelle situazioni anche più problematiche.  Egli paradossalmente ci dice che si può essere felici anche quando siamo attraversati da situazioni che umanamente ci sembrano sfavorevoli. È proprio, invece, quando si vivono queste situazioni che si crea la possibilità generativa della speranza, è proprio allora che si comprende che la felicità non è il frutto di uno sforzo umano, ma la disponibilità ad accogliere nel vuoto della propria esistenza la presenza di Dio.

Le otto beatitudini osiamo dividerle in due gruppi: “le prime quattro, a ben guardare, indicano situazioni personali di mancanza. Ci sono persone che mancano di qualcosa, mancano della grandezza e del successo umano, mancano della consolazione alla loro tristezza, mancano della forza per reagire, mancano della giustizia per rivendicare i propri diritti. Sono queste le persone che, per Gesù, hanno la possibilità di essere felici, perché possono comprendere di non avere tutto, non sono autosufficienti. Sono le persone che possono rendersi conto che hanno bisogno di Dio. E Dio è pronto a entrare nella loro vita. Dunque la felicità non consiste nella povertà o nella debolezza, quelle però sono condizioni favorevoli per ricevere Dio, per lasciarsi amare da lui ed essere veramente felici. Le altre quattro beatitudini descrivono invece relazioni e azioni, riguardano cioè quella felicità che troviamo quando viviamo atteggiamenti sani nei confronti degli altri: felici sono coloro che hanno misericordia per gli altri e non si lasciano andare a giudizi temerari, felici sono coloro che hanno uno sguardo puro sulle situazioni cercando Dio e non il proprio interesse, sono felici coloro che mettono pace e non mettono zizzania creando conflitti, felici sono coloro che sono perseguitati perché hanno cercato la giustizia e non hanno nascosto la verità scendendo a compromessi con il mondo” (padre Gaetano Piccolo).

Diciamocelo con molta franchezza: noi crediamo di essere felici solo quando siamo vincitori, quando abbiamo tutto, invece Gesù, rivolgendosi alla fine del discorso delle beatitudini ai discepoli, dice: Beati voi, perché anche tu, anche noi, possiamo fare esperienza della felicità, sperando contro ogni speranza, contro l’impossibile, facendo spazio a Dio.

Ecco allora chi sono i santi, coloro che abitando il tempo, il presente, con tutte le sue contraddizioni, vedono e sperimentano la presenza illuminante e incoraggiante di Dio.

“Il santo non è un superuomo, è un uomo vero perché aderisce a Dio… Il mondo ha ancora, soprattutto oggi, bisogno dello spettacolo della santità” (L. Giussani).

Con l’augurio di una serena solennità di tutti i santi, alcune domande per aiutarci a vivere con più responsabilità la festa di oggi: C’è spazio per la speranza nella tua vita? Da chi o da che cosa fai dipendere la tua felicità?

  Francesco Savino

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