Ez 34, 11-16; Sal 23; Ap 2, 8-11; Gv 10, 11-16

Festa San Biagio patrono della Diocesi

03-02-2025

Quest’anno celebriamo la festa del nostro patrono S. Biagio nel contesto del Giubileo che ci esorta ad “organizzare la speranza”, per vivere responsabilmente la nostra quotidianità chiamata alla santità. Vorrei ricordare a noi tutti ciò che diceva San Francesco di Sales sulla vita dei santi: “Sono un pezzo di spartito evangelico inseguito da un’orchestra capace”. Senza i santi difficilmente avremmo potuto capire il Vangelo. Sarebbe rimasto “libro”, “carta”. I santi non sono soltanto i migliori interpreti della Parola di Dio ma sono soprattutto i migliori esecutori di essa perché con la loro vita ci dimostrano che è possibile vivere la Parola di Dio. Non abbiamo scuse!

Incoraggiati e sostenuti da San Biagio, Vescovo martire, lasciamoci “graffiare” il nostro cuore pensante di credenti dalla Parola proclamata e ascoltata.

Si impone la figura del Pastore! Il profeta Ezechiele, in un tempo di corruzione e di sbandamento, mette in luce qual è il posto che Dio vuole occupare nella vita di Israele. Il linguaggio profetico ci aiuta così a recuperare lo sguardo di Dio sulla storia, su questa storia, senza cedere alle lamentele e alla rassegnazione.

Leggo alcuni passaggi significativi ed evocativi: … Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine … Le ritirerò dai popoli e le radunerò da tutte le regioni … Le condurrò in ottime pasture … Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare … Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella sperduta … Fascerò quella ferita e curerò quella malata … Le pascerò con giustizia …

Non possiamo non leggere questi versetti senza far riferimento al Salmo Responsoriale che abbiamo insieme pregato, il Salmo 23: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla …”.

Sono versetti che ci fanno veramente innamorare di Dio perché ce lo presentano come un Dio accogliente, calmo, appassionato, amorevole. 

Che bello questo Dio!

Mi rendo conto che parlare oggi di pastore e di gregge in una società altamente tecnologica e mediatica può risultare paradossale, fuori luogo. Ma non è così perché dobbiamo imparare a contestualizzare l’immagine del pastore e a ricavarne lo stile, la presenza, il modo di essere. 

Va soprattutto ricordato che il pastore è per eccellenza il simbolo della cura, è l’uomo dedito completamente al suo gregge, che costituisce la sua vita stessa. In Israele vengono chiamati pastori tutti coloro che con amore, tenerezza, disinteresse, si prendono a cuore le sorti del popolo, dei più deboli e indifesi. Il “modello” del pastore buono è Dio stesso che ama il suo popolo di un amore sconfinato e incondizionato.

Il Vangelo di Giovanni ci fa cogliere ancora di più ciò che la sua comunità aveva maturato nel cammino spirituale e di fede presentandoci Gesù come “buon pastore che dà la propria vita per le pecore” al contrario del “mercenario che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde, perché è un mercenario e non gli importa delle pecore”.

La relazione di Gesù pastore con le sue pecore è un rapporto di grande conoscenza basata sull’ascolto e sull’accompagnamento e il desiderio più profondo di Gesù è quello di accogliere e seguire anche le altre pecore che provengono da altri recinti e pascoli. 

Tutti dobbiamo sentirci provocati responsabilmente dall’immagine del pastore, soprattutto io come Vescovo, voi cari confratelli nel presbiterato, soprattutto i parroci, i diaconi, e tutti coloro che hanno un ruolo di educatori, penso ai genitori, agli insegnanti, agli operatori pastorali.

Siamo chiamati ad una verifica: siamo pastori credibili che abbiamo fatto la scelta dell’“I Care” oppure siamo mercenari, menefreghisti?

L’emergenza educativa con l’annessa povertà educativa spesso sono anche riconducibili a certi “stili” educativi che sanno più di atteggiamenti burocratici che non di appassionati e innamorati educatori.

San Biagio fu un pastore dell’“I Care”! 

Capace di dare la vita per il suo popolo, per il Vangelo e per Cristo.

San Biagio affidò la sua vita nelle mani del Signore obbedendo radicalmente alla sua volontà mettendosi alla sequela di Gesù.

Non si conosce tanto di San Biagio ma ciò che conosciamo, ed è sufficiente, è che fu martire per Cristo e per il Vangelo.

In questo tempo così complesso e anche complicato che stiamo vivendo per tante ragioni, penso che due siano le priorità che il patrono della nostra Diocesi San Biagio ci consegna: la trasmissione della fede con la centralità del Vangelo e di Gesù e la credibilità della stessa trasmissione. Senza credibilità del nostro essere chiesa la nostra evangelizzazione rischia di essere sterile perché come diceva San Francesco di Assisi, bisogna annunciare con la vita e, se c’è bisogno anche con le parole.

Questa sera chiediamo soprattutto per la nostra chiesa locale, per intercessione di San Biagio, di essere una chiesa martiriale, capace cioè di testimoniare che la bellezza della nostra vita consiste nel perderla per amore e non nel possederla. Solo questo martirio feriale e gioioso genera speranza credibile per chi – e sono numerosi nelle nostre comunità – è ancora schiacciato dal peso della solitudine, della corruzione, delle varie dipendenze, del gioco d’azzardo e della malavita organizzata.

Ai 22 Comuni che compongono la nostra Diocesi chiediamo di attivare processi di cambiamento, soprattutto culturale, per essere comunità nella convivialità delle differenze, ricercando sempre e comunque i beni comuni che rendono i nostri territori comunità belle e vivibili.

Vorrei concludere con queste profonde parole di papa Benedetto XVI: “Chi viene toccato dall’amore comincia a intuire che cosa propriamente sarebbe «vita». Comincia a intuire che cosa vuole dire la parola di speranza che abbiamo incontrato nel rito del Battesimo: dalla fede aspetto la « vita eterna » – la vita vera che, interamente e senza minacce, in tutta la sua pienezza è semplicemente vita”. (Spe salvi 27)

Buona festa a tutti.

   Francesco Savino

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