Ger 33,14-16; Sal 24; 1 Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28,34-36
1 Dicembre 2024
La Prima Domenica di Avvento segna l’inizio di un nuovo Anno Liturgico, durante il quale la Chiesa celebra e fa rivivere il mistero di Cristo, morto e risorto.
Il Vangelo che ci accompagnerà quest’anno è quello secondo Luca che ci presenta Gesù soprattutto come profeta annunciatore della venuta di Dio in mezzo a noi nell’umiltà, nella debolezza e nella misericordia infinita di Dio, Suo Padre.
Puntualizziamo che l’Avvento non è il tempo che ci prepara al Natale, anche se ci consente di fare memoria, ma è il tempo che colloca l’esistenza di noi cristiani, di noi Chiesa, tra il “già”, la prima venuta di Gesù nella debolezza della carne umana, e il “non ancora”, la seconda ed ultima venuta nella gloria di Gesù.
Noi viviamo il “frattempo” tra la prima e l’ultima venuta, durante il quale testimoniamo la bellezza dell’incontro con Gesù, il Messia, il Figlio di Dio, nell’attesa del compimento finale.
La parola, invocazione e supplica, che accompagna il tempo dell’Avvento è: Maranathà. È la preghiera tipica dell’Avvento, ma in verità è tipica della vera identità cristiana, perché si è cristiani se si attende il Signore, se si fa della storia un’attesa impegnata e vigilante di Lui.
Il Vangelo di questa Prima Domenica di Avvento ci parla ancora con un linguaggio apocalittico che abbiamo già trovato nelle ultime domeniche del Vangelo di Marco.
Questo linguaggio apocalittico sembra fare da cassa di risonanza, di amplificazione alle tante paure, insicurezze e incertezze che ci abitano e che notiamo intorno a noi, ma attenzione a non lasciarci ingannare perché al di là del linguaggio, il genere letterario apocalittico ci rivela che non siamo, nel tempo dell’attesa, abbandonati alle forze del male o a destini di morte, ma Dio “rimane”, è presente, non è assente.
Se è vero che con il tempo dell’Avvento entriamo nel tempo liturgico dell’attesa, è anche vero porsi la grande domanda: Che cosa attendiamo? Chi attendiamo? Sembra che viviamo un tempo in cui non speriamo più nulla, non desideriamo niente!
Urge, allora, in questo tempo di Avvento, recuperare l’attesa, il desiderio e la speranza dell’incontro con Colui che è venuto, Gesù, Colui che continuamente viene, sempre Lui, e Colui che ritornerà.
Ecco l’invito veramente significativo del Vangelo di questa Domenica: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
L’Avvento è la “palestra” per allenarci, esercitarci, a vivere la “vigilanza”, il cui contrario è adeguarsi inesorabilmente al tempo che passa cedendo a tutto ciò che il tempo e la vita ci presentano senza un’etica di responsabilità.
Vigilare significa vivere con consapevolezza il tempo che la vita ci concede senza cedere alla banalità, senza sciupare o sprecare la vita.
Opportunamente dichiara don Sandro Ramirez che “due sono le malattie spirituali legate al tempo: la paura del suo scorrere inesorabile, che diventa ansia, preoccupazione e agitazione continua, e lasciare che il tempo ci scorra addosso nella sua ineluttabilità, che diventa pigrizia, lassismo, rilassatezza”.
E come ci ricorderebbe Cesare Pavese “Aspettare è ancora un’occupazione. È non aspettare niente che è terribile”
La vigilanza è l’antidoto a queste “infezioni dello Spirito”! È abitare il tempo come dono e come compito, senza idolatrarlo ma senza sprecarlo.
Il modo migliore per vivere la “spiritualità della vigilanza”, tipica di ogni Avvento, specialmente del Tempo Liturgico dell’Avvento, è saper rispettare e attendere i tempi di Dio, sapendo cogliere i segni della sua presenza nell’“oggi” della storia.
Per vivere con questo stile, il Vangelo ci dice sapientemente: «Vegliate in ogni momento pregando».
Questo è il modo migliore per esercitarci nella vigilanza!
La preghiera è la cura più significativa del nostro cuore, lo libera da ogni pesantezza.
Anche quest’anno, come Vescovo, ho sentito il desiderio interiore di consegnare a tutta la chiesa locale una lettera per l’Avvento-Natale: “Oggi la luce risplende su di noi”. La profezia cristiana per un mondo che ha bisogno di speranza.
Tra l’altro mi è piaciuto puntualizzare l’intreccio tra l’oppressione e la speranza, sottolineando la simmetria della promessa e quella della speranza. La prima simmetria è quella che guarda alle promesse già compiute da Dio nei secoli come fondamento e garanzia della promessa universale da realizzarsi, il ritorno glorioso del Cristo giudice e salvatore. La seconda simmetria è quella della speranza che si sviluppa nel confronto tra i mali che opprimono l’umanità e i cuori che si aprono alla fiducia.
Siamo chiamati ad abitare la storia, il mondo, con tutte le sue problematicità, consapevoli che il fine è l’“armonia assoluta” .
Ci sostenga sempre la certezza che “la speranza in Cristo non delude”.
“Vieni a portare gioia dove regna il dolore,
vieni a consolare i cuori di chi piange nella prova.
Ogni povero ti attende, apre a te le sue mani,
tu ricolmale di grazia e risana i loro cuori.
Vieni, Signore, vieni tra noi!
Vieni, non tardare, salva il mondo…”(Marco Frisina)
Augurando a tutti un buon Anno Liturgico e un tempo di Avvento, un tempo di vigilanza responsabile, preghiamo con le parole del card. Carlo Maria Martini:
“Siamo, Padre, davanti a te all’inizio di questo Avvento. E siamo davanti a te insieme in rappresentanza anche di tutti i nostri fratelli e sorelle di ogni parte del mondo. In particolare delle persone che conosciamo; per loro e con loro, Signore, noi ti preghiamo. Noi sappiamo che ogni anno si ricomincia: e questo ricominciare per alcuni è facile, è bello, è entusiasmante; per altri è difficile, è pieno di paure, di terrore. Pensiamo a come si inizia questo Avvento nei luoghi della grande povertà, della grande miseria (… io aggiungerei delle tante guerre assurde); con quanta paura la gente guarda il tempo che viene.O Signore, noi ci uniamo a tutti loro; ti offriamo la gioia che tu ci dai di incominciarlo, ti offriamo anche la fatica, il peso che possiamo sentire nel cominciarlo”.
✠ Francesco Savino